A cura del dott. Giovanni Di Braccio
San
Lorenzo e i simboli della passione, olio su tela, XVII secolo.
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“La mia notte non conosce tenebre, tutto risplende di luce”
Laurentius,
italianizzato Lorenzo, nacque a Hesca
o
Osca,
nella provincia romana della Tarragonense, attuale regione aragonese
della Spagna, tra il 210
e il 225
d.C. In età giovanile completò gli studi umanistici, teologici e
dottrinali, nella città di Cesareaugusta,
attuale Saragozza,
nell'Hispania
Tarraconense. Fu
fervente allievo cattolico del futuro ventiquattresimo discendente di
Pietro,
al secolo Sisto II
originario della Grecia: eletto pontefice nel 257
d.C. e martirizzato poi a Roma nel 258
a causa dell'editto persecutorio promulgato dall'Imperatore
Valeriano.
Il ragazzo ispanico segui il maestro greco a Roma,
città che iniziò ad essere vista dai cristiani dell'Occidente come
la città Santa,
sia per la venerazione delle ossa dei Padri della Chiesa, Pietro
e Paolo martirizzati
anch'essi nell'Urbe, che per gli innumerevoli predicatori che
peroravano il messaggio evangelico del Cristo
Redentore,
riscuotendo moltissimi proseliti tra i nuovi e i vecchi credenti
dell'Impero Romano. Con l'elezione in clandestinità, del Pontefice
Sisto II,
a Lorenzo
fu affidato il compito dell'arcidiaconia e la responsabilità delle
attività caritatevoli nella perseguitata diocesi romana.
La svolta
si ebbe con
il sopramenzionato editto del 258
d.C. emanato dall'Imperatore
Publio Licinio Valeriano, Augusto
dal 253
al 260,
che impose la messa a morte tutti i membri del sacerdozio cristiano a
Roma e nelle Provincie. L'editto ebbe un'immediata attuazione
persecutoria, portando al patibolo centinaia e centinaia persone in
tutto l'Impero e iniziando proprio dalla stessa Capitale con
l'arresto e condanna a morte di Sisto II il
6 agosto,
avvenuta durante una celebrazione eucaristica nella catacomba romane
di Pretestato
lungo la via Appia
e,
solo quattro giorni dopo, fu la volta del trentatreenne Lorenzo,
il 10 di agosto.
La sua venerazione si sviluppò massicciamente a partire dal IV
secolo grazie
anche ai testi quali la Passio
Polychromi, con
elementi bibliografici leggendari, e il De
Officiis Ministorum di
Sant'Ambrogio
da Milano,
illustre Vescovo dell'omonima diocesi dal 339 al 397. Il Vescovo
Ambrogio
racconta che il prefetto urbano di Roma, Publio
Cornelio Secolare,
convinto di chi sa quale tesori avevano accumulato questa setta
d'origine ebraica credente nel Cristo,
promise a Lorenzo
di
fargli salva la vita, in cambio della consegna dei tesori
ecclesiastici entro tre giorni. Il 10
agosto
“il martirizzato”
si recò davanti al praefectus mostrandogli numerosi malati, storpi
ed emarginati dicendo: “Ecco,
questi sono i nostri tesori; sono tesori eterni, non verranno mai
meno, anzi cresceranno”.
San
Lorenzo e i simboli della passione, olio su tela, XVII secolo.
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Sant'Ambrogio specificò che Lorenzo fu
letteralmente “arso vivo” e la graticola di ferro fosse lo
strumento del supplizio martoriale. Egli rimarcò e pose l'accento
sulla frase che il martire pronunciò al momento fatale: “sono
cotto da questa parte, girami dall'altra parte per poi mangiarmi”
e, poco prima di spirare, disse: “sono cotto a puntino ora”.
Tuttavia il racconto ambrogiano non è compatibile con le
informazioni reali che si hanno sulle persecuzioni valeriane,
sopratutto il sopracitato particolare della graticola: ciò viene
avvalorato dal divieto imperiale di procedere a torture presso i
cristiani. Si ritiene maggiormente plausibile affermare che il
martire Lorenzo, così come Papa Sisto II, fu
decapitato e deposto in tomba, lungo la Via Tiburtina.
L'Imperatore Flavio Valerio Aurelio Costantino, detto Magno,
Augusto dal 306 al 337, nel luogo del suo
martirio fece edificare un primo oratorio, poi ampliato e ricostruito
nei periodi successivi, confluente oggi nella straordinaria Basilica
Minore di San Lorenzo martire.
Basilica
di San Lorenzo Martire, in Verano, Roma.
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Il Santo e Tivoli
La
città di Tibur fu molto ricettiva nell'accettazione della nuova
dottrina “messianica”
cristiana, seppur ciò avvenne tardivamente rispetto ad altri centri
di grande importanza: di ciò vi sono testimonianze, seppur vaghe,
sporadiche e di carattere prevalentemente leggendario, dei primi
contatti tra i tiburtini, gli Apostoli e i martiri; caso
emblematico fu quello che riguarda San Pietro, ospitato durante le
persecuzioni neroniane, in una domus,
nel luogo dell'attuale Chiesa della Carità.
Tuttavia nella “trimillenaria”
città
il culto predominante era quello del Semi-Dio Ercole, tanto che
Tivoli era soprannominata sin dal suo passato più remoto “città
Erculea” o “(Città degli) Erculei Colli”. Questa
venerazione veniva maggiormente sviluppata ed amministrata dai
potenti sacerdoti “herculei”,
che risiedevano nell'illustre e Sacro
Santuario di Ercole Vincitore,
a ridosso dell'attuale Porta
Gotica.
A ciò, anche se in molti a Tivoli accettarono ed abbracciarono la
nuova fede, convertendosi con entusiasmo al cristianesimo, non fu per
nulla facile obliterare il culto del “figlio
di Alcmena” sia
per un mero aspetto economico-finanziario, poiché il Santuario fu
luogo famoso di pellegrinaggio e i suoi introiti favorivano anche la
ricchezza cittadina, che per un senso di orgoglio e appartenenza che
gli antichi tiburtini avevano a riguardo di colui il cui nome
significava “Gloria
di Hera”.
L'istituzione
ecclesiastica cercò di sostituire il forzuto Ercole
con il mite Santo ispanico, tentando di scovare anche forzosamente
delle similitudini tra le due figure, sperando che la cittadinanza si
abituasse, in maniera lenta ma graduale, al nuovo cambiamento
religioso.
Stante al Mito “l'uomo
vestito di pelle leonina”
transitò a Tivoli passando dall'Hispania,
in riferimento della decima fatica concernente i favolosi buoi di
Gerione,
così come San
Lorenzo
che dalla Spagna arrivò a Roma facendo visita, secondo tradizioni
leggendarie, anche alla comunità cristiana tiburtina: questo
parallelismo può aver facilitato l'osmosi religiosa, con un fenomeno
tipicamente sincretico. Nella Cattedrale dedicata al Santo, edificata
secondo cronache più o meno leggendarie per volontà
dell'illustrissimo tiburtino Papa
Simplicio
alla fine del V
secolo
(468-483),
è conservato un reliquiario aureo di notevole pregio artistico risalente al XVII secolo. Nella notte tra il 14 e il 15 di agosto, nella celeberrima festa dell' “Inchinata”*1, l'Icona del Santissimo Salvatore*2 viene recata in processione nella città, attraverso dei pesanti e barocchi
baldacchini lignei mobili sorrettti da uomini robusti facenti parte di alcune confraternite ecclesiastiche, partendo proprio dalla Basilica Cattedrale di San Lorenzo; il corteo sacro giunge infine nell'attuale piazza
Trento, un tempo denominata Piazza di Santa Maria Maggiore, dove si assiste al “saluto”
ideale
con la Madonna delle Grazie, nella notte in cui avvenne l'Assunzione della Beata Vergine o Dormitio Virginis, esplicato con un triplice inchino, rievocante il momento del commiato di Maria dal mondo mortale,in una cornice di fiori e fuochi
d'artificio, con una scenografia composta da due archi di mortella posti l'uno di fronte all'altro. Successivamente le ue figure vengono recate all'interno della Chiesa dove vengono depositate nella navata centrale, per tutta la notte, affinchè possano parlarsi: un racconto popolare narra di come un'anzian donna si nascose in un confessionale, tale da poter origliare cosa avessero da dirsi Madre e Figlio: la mattina seguente la sventurata divenne sorda e muta, così che fu punita per il suo sacrilegio. Nei libri liturgici la figura di Lorenzo è
così descritta:
Reliquario
in legno e foglia d'oro, Basilica
Cattedrale, Tivoli.
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Lorenzo, famoso diacono della chiesa di Roma, confermò col martirio sotto Valeriano il suo servizio di carità, quattro giorni dopo la decapitazione di papa Sisto II, sostenne intrepido un atroce martirio sulla graticola, dopo aver distribuito i beni della comunità ai poveri da lui qualificati come veri tesori della Chiesa”.
Approfondimenti
(
(*1) Secondo il Giureconsulto Ignazio Salvati, l'istituzione della Festa dell'Inchinata risalirebbe all'Anno Domini 550, sostenendo che il tiburtino Papa Simplicio donò alla propria città un'immagine del Salvatore, dipinta da San Luca, nel 471, definita immagine Acheropita poichè realizzata per intercessione di mani non umane (termine originario del Greco Bizantino: ἀχειροποίητα, "ἀ-" privativo + "χείρo-", mano, + un der. di "ποιείν", fare, produrre, e significante "non creato da mano umana). Padre Stanislao Melchiorri, nel suo "Memorie Storiche del Culto e venerazione delle Immagini di Maria Santissima venerata in Tivoli ella Chiesa di Santa Maria Maggiore dei Francescani Osservanti", annota come i Francescani solessero sin dall'anno 1256, anno in cui s'insediarono presso il convento di Santa Maria Maggiore dopo aver fondato quello di San Giovanni in Votano, (ubicato tra le rovine dell'Area Sacra del Santuario di Ercole Vincitore e per la cui etimologia s'invita alla consultazione dell'articolo "Sinforosa. Santa, moglie e martire" a cura del dott. Stefano Del Priore e Francesca Proietti del CTS di ArcheoTibur: https://www.archeotibur.org/p/a-cura-di-francescaproietti-del-cts-di.html ) rendere omaggio all'immagine della Beata Vergine, durante la notte intercorrente tra il 14 e il 15 di agosto. La documentazione più antica attinente a questa Teoforia, tra l'altro celebrazione liturgica caratterizzante i primi secoli dell'Alto Medioevo, a ogni modo risale "solamente" al 1524, dunque coeva con il grande storico tiburtino Giovanni Maria Zappi, seppur nello Statuto Cittadino del 1305 troviamo menzione del fatto che la sera del 14 agosto la campana comunale dovesse tacere e non suonare, come di consueto, il coprifuoco notturno, lasciando dunque intuire una libera circolazione dei cittadini, probabilmente intenti a partecipare alla festività con profondo sentimento di devozione.
(*2) Trittico risalente al XII-XII secolo, nella foggia attuale, composto di gemme, lamine d'argento, oro e legno dipinto riproducendo l'immagine del Cristo assiso in trono in atteggiamento benedicente con la mano destra, mentre la sinistra regge e mostra un libro aperto. Un futuro saggio sarà dedicato all'analisi storico-artistica ed archeologica di questo prezioso tesoro della città.
Fonti Bibliografiche:
- Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova Editrice, 1538-1539.
- Bibl.: Acta Sanctorum, agosto, II, pp. 485-532; Ch. Cahier, Caractéristiques des Saints, Parigi 1867 .
- P.Franchi de' Cavalieri, San Lorenzo e il supplizio della graticola, in Römische Quartalschrift, 1900, p. 159 .
- K. Künstle, Ikonographie der Heiligen, I, Friburgo 1926, pp. 396-398.
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