Capitelli, rocchi, cornice e
bassorilievo eracleo tunicato; lapis tiburtinus e marmo, Mensa
Ponderaria, Foro Tiburtino, I secolo antecedente l'era cristiana.
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Clava&Tirso-L'Arcano simbolismo nella Mensa Ponderaria
Nel 1883, nell’area identificata come quella del Foro
Tiburtino, tra la via del Duomo e la via Canonica presso la Cattedrale
di S.Lorenzo, venne scoperta una delle poche Pese Pubbliche attestate,
ovvero la Mensa Ponderaria, databile tra il II e il I sec. a.C.
Tale ambiente si presenta come uno spazio tendente al rettangolare dove
all’interno di due nicchie addossate a una delle pareti si trovano due mense
rettangolari, ovverosia dei tavoli
marmorei con degli incavi entro i cui venivano inseriti i vari modelli
ponderali, generalmente bronzei. La fronte dei trapezofori delle mense è
decorata con semplici modanature e dalla raffigurazione dei simboli di clava
e tirso, attributi rispettivamente degli Dei Ercole
e Dioniso: l'insieme dei simbolismi nelle due mense si presenta, dunque,
come due clave alle estremità che racchiudono i tre tirsi su altrettanti
trapezofori mediani.
Le due mensae ponderarie con incavi, pesi,
dediche epigrafiche e il simbolismo di clave e tirsi-Mensa Ponderaria, Foro
Tiburtino,
I secolo antecedente l'era cristiana.
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All’interno
dell’edificio vennero rinvenuti vari marmi decorati a bassorilievo, con
iscrizioni o semplicemente utilizzati come pavimentazione e rivestimento;
largamente utilizzato fu il marmo giallo antico. Nell'edificio, vista
l'esistenza di basi con epigrafi dedicatorie, erano sicuramente presenti le
statue di Marcus Lartidius e Varena Maior, i patroni del ricchissimo
liberto M.Varenus Diphilus, magister Herculaneus, il quale curò
la realizzazione del complesso ponderario e del limitrofo sacello di Augusto,
l'Augustem: a tal proposito, il Borsari riferisce di un alluce in
bronzo rinvenuto nel terreno di scarico generato dalle operazioni di scavo; le
mense erano ovviamente destinate ad ospitare i modelli delle misure di capacità
ponderale. Degno di nota un rettangolo di pavimentazione, in opus sectile,
a riquadri bianchi e neri, lievemente sopraelevato rispetto all'antistante
piano di calpestio e delimitato da una soglia in travertino scanalata a livello
mediano.
Porzione di pavimentazione in opus sectile con
alternanza di marmo bianco e nero -Mensa Ponderaria, Foro Tiburtino, I secolo
antecedente l'era cristiana.
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A tale riguardo, il Lanciani riferisce di una “vasta area,
lastricata con tavoloni di travertino terminata a ponente da un muraglione di
opera quadrata, e dalla via pubblica, selciata con pentagoni di straordinario
volume”. Al giorno d'oggi nessuno di questi elementi è riscontrabile perciò
è possibile ipotizzare una sostituzione della lastricatura del pavimento,
avvenuta dopo il resoconto del Lanciani: il motivo di tutto ciò resta ignoto,
seppur si possono ipotizzare dei lavori di rifacimento avvenuti successivamente
alla scoperta. Tra le varie decorazioni che sono giunte a noi una è di
particolare interesse, data l’estrema rarità della sua raffigurazione, l’Ercole
Tunicato di cui si attestano rarissimi casi: il Semidio veniva generalmente
rappresentato nudo o seminudo, coperto della sola pelle leonina, mentre in una
parasta d’anta della Mensa è raffigurato vestito di una lunga tunica, fermata
sotto le ascelle da una cintura ornata con dischi o rosette, e con la
clava abbassata stretta nella mano destra.
Tale iconografia affonda le radici in un oscuro mito riguardante il
divino figlio di Alcmena e Zeus: egli venne sedotto e
imprigionato da Onfale, regina di Lidia e figlia del sacro fiume Iardano.
Ella lo sedusse, gli sottrasse la Leontè, la pelle del leone nemeo,
indossandola, e lo costrinse a tre anni di prigionia nei quali Ercole si vestì da donna, filò la lana
e le diede numerosi figli: Ati, Illo, Agelao,
Lamo e Tirseno*(1). Un simbolismo riferibile dunque ad uno
scambio di sessualità nella coppia, un eco ancestrale di un'antichissima ιερογαμία-Ierogamia, lo
sposalizio sacro, nel quale Ercole, l'eroe-Dio, si sottometteva alla
maestà della Dea Madre di cui Onfale sarebbe un'ipostasi,
una manifestazione. La presenza del Tirso, come
precedentemente accennato, il sacro bastone di Διόνυσος-Dioniso, Dio della linfa vitale che scorre nelle piante, della vegetazione,
dell'ebrezza, dell'estasi e della frenesia lascia aperte delle questioni
insolute: questo attributo, consistente in un bastone di legno
sormontato da una pigna e decorato da foglie di edera e pàmpini
di vite, era ritualmente esibito durante le processioni sacre e le feste
del Dio dal suo corteo (per un approfondimento sulle festività dedicate a Dioniso,
le Antesterie, consultare l'articolo dell'A.P.S. ArcheoTibur “Le
Origini del Capodanno” al seguente link https://www.archeotibur.org/p/le-origini-del-capodanno.html ), composto da Menadi e Satiri e
conosciuto come Tiaso, ed era chiaramente un simbolo fallico. E'
dunque ipotizzabile che la sua funzione, tipicamente maschile, fosse in
contrapposizione con la “femminilità” della rappresentazione dell'Ercole
tunicato, in una mescolanza sincretica di simbolismi androgini, nei quali
la figurazione dionisiaca ben s'inserirebbe: è importante sottolineare come la
disposizione di clave e tirsi non sia casuale poiché sono in numero,
rispettivamente, di due e tre e le clave puntano verso il
basso, al pari della clava nel rilievo dell' Ercole Tunicato, mentre i
tirsi verso l'alto. Clava e Tirso sono ambedue simboli
fallici ma, in questo caso, l'attributo ercolino “perde” la sua virilità
essendo orientato verso il basso così come il Dio raffigurato in abiti
femminili dove invece il bastone dionisiaco, puntando verso l'alto e
mostrandosi dunque “eretto”, mantiene i suoi attributi mascolini. Dunque
un'importante attestazione tiburtina del culto dionisiaco, sessuale, orgiastico,
frenetico, oracolare e misterico, di probabile origine traco-frigia,
in uno dei cuori pulsanti dell'antica Tibur, il Forum, abbinato
ad una rappresentazione piuttosto rara del nume tutelare cittadino: è
possibile, dunque, perlomeno supporre una presenza antica e ben radicata, di un
certo rilievo, di Dioniso nella nostra città, fiancheggiante Ercole
nella cultualità e nella ritualità? Oppure Dioniso era una divinità
particolarmente cara al finanziatore del complesso monumentale, il magister
Herculaneus Marcus Varenus Diphilus, importante al punto tale da
raffigurarla accanto al nume tutelare di Tibur e di cui Diphilus era
sacerdote?
Durante
i lavori del 1920 resisi necessari al fine d'isolare le mense ponderarie
dall'umidità, scavando sulla destra delle mense stesse, sotto la via del
Duomo, vennero effettuati considerevoli ritrovamenti che condussero alla
scoperta del celeberrimo sacello di Augusto: una piccola stanza
di forma lievemente trapeizoidale, intonacata di color giallo, sul cui
abside risaltano dei sottili festoni color rosso pompeiano, sempre su
fondo giallo. Riferisce il Valle, il quale assistette allo scavo, che il
festone “aveva delle piccole applicazioni in bronzo delle quali restano
ancora tracce sulle pareti”. Sul fondo dell'abside si staglia un basamento,
in muratura rivestito di marmi, la cui funzione fu quella di sorreggere una
statua. Il pavimento, ottimamente conservato quasi nella sua totale integrità,
è formato da una sorta di graticcio rettangolare in marmo bianco intervallato
da minuti listelli in ardesia e piccoli quadrati in marmo grigio. Nell'aula
vennero rinvenuti molteplici frammenti di una statua la quale, una volta
ricomposta, risultò raffigurante un Imperatore sedente. Attualmente ricollocata
sulla base al centro dell'abside ove probabilmente era un tempo, si presenta
come acefala, mancante del braccio, della mano destra e priva dei piedi.
Statua in marmo seduta rappresentante un Imperatore,
probabilmente Augusto--Mensa Ponderaria, Augusteum, Foro Tiburtino,
I secolo
antecedente l'era cristiana.
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Furono scoperti inoltre una testa colossale di Nerva, non
pertinente con la sopradescritta statua e una lunga iscrizione (m 2,52 x
0,22 x 0,04) su lastra di marmo bianco, ridotta in nove
frammenti, la quale recita:
PRO SALVTE ET REDITV CAESARIS A[VGVSTI] MARCVS VARENVS (foeminae) ET MARCI LARTIDI
L[IBERTVS] DIPHILVS MAG[ISTER] HER[CVLANEVS] D[E] S[VA] P[ECVNIA] F[ACIVNDVM]
C[VRAVIT]
la cui traduzione risulta essere
“Per un sicuro ritorno di Cesare Augusto, Marco Vareno Difilo, liberto di Marco Lartidio e Varena Maggiore, Magister della corporazione degli Erculanei, ne curò a proprie spese la realizzazione [del complesso]”.
La
lunga iscrizione, in marmo bianco, ricomposta e affissa su di uno dei muri
componenti l'ambiente dell'Augusteum-Mensa Ponderaria, Foro Tiburtino, I secolo antecedente l'era cristiana. |
L'iscrizione ricorda dunque il liberto M.Varenus Diphilus, magister
Herculaneus, il quale fu l'autore di questi lavori, tanto nella Mensa
Ponderaria quanto nell'Augusteum: si ritiene quasi certo che M.Varenus
Diphilus sia vissuto nei primi anni dell'età imperiale poichè il suo colliberto
M.Varenus Clorus morì a Nola nel 21 d.C. Se
così fosse, il Princeps onorato sarebbe Ottaviano Augusto e la
dedica avrebbe avuto la funzione di auspicarne il felice e sicuro ritorno da
uno dei lunghi viaggi che Augusto intraprese, quello del 19 a.C
in Siria o l'altro terminato il 4 luglio del 13 a.C., durante il
quale vennero visitate le province occidentali. La costruzione del
complesso andrebbe quindi datata anteriormente all'anno 13 antecedente l'era
cristiana, prestando fede anche alle strutture presenti: il sacello
dunque sarebbe da intendersi come un mero monumento onorario privo di
qualsivoglia funzione cultuale, essendo stato eretto quando l'Imperatore
era ancora in vita. Lo scopo di ciò riteniamo sia facilmente deducibile in
quanto M.Varenus Diphilus, il ricchissimo liberto, ricopriva il ruolo di Magister Herculaneus nella struttura del limitrofo santuario di Hercvles
Victor: era consuetudine dell'Imperatore Ottaviano Augusto
amministrare la giustizia, durante i suoi soggiorni tiburtini, presso i portici
o la Basilica Liapta presente nel possente santuario eracleo. Ciò,
probabilmente, portò i due a conoscersi di persona, con tutto ciò che ne
possiamo dedurre: M.Varenus Diphilus onorando il Dio Ercole
(del quale era Magister) e l'Imperatore onorava e magnificava
contestualmente se stesso, sottolineando l'importanza sociale e religiosa della
carica alla quale era assurto, da semplice schiavo affrancato qual'era stato in
passato.
Approfondimenti
*(1) Tirseno, figlio di Eracle/Ercole e Onfale
Regina di Lidia, è considerato il capostipite mitico del popolo dei Τυρσηνοί-Tyrsenoì,
i Ràsna, ovverosia gli Etruschi: secondo molte e probanti ipotesi di
eminenti studiosi questo misterioso popolo, sulle cui origini vige ancora un
profonda incertezza, emigrò in tempi molto remoti (probabilmente sul finire del
XII secolo antecedente l'era cristiana, durante il collasso delle
civiltà dell'Età del Bronzo) dalle coste della Lidia fino alle sponde italiche.
Fonti Bibliografiche
-Giuliani, C.F. 1966-1970, in Forma Italiae, Regio I, Volumen VII, Tibur,
Pars I&Altera, Roma, p. 64, fig. 21.
-Trevisan, S. 1995, I
pavimenti in opus sectile del complesso della Mensa Ponderaria di Tivoli., in Atti del II Colloquio dell’ Associazione Italiana per lo Studio
e la Conservazione del mosaico (Roma, 5-7 dicembre 1994), Bordighera, pp. 469-470, figg. 1-2.
-Franco
Sciarretta, Tiburis Artistica Edizioni;
"Tivoli
in età classica”
"Viaggio a Tivoli”;
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