Benvenuti nel sito ufficiale dell'A.P.S. ArcheoTibur di Tivoli (RM).NUOVO ANNALES VOL. III ANNO IV DISPONIBILE

La Chiesa di S. Stefano ai Ferri

A cura dell'arch. Francesco Pecchi.

Facciata della Chiesa di S. Stefano ai Ferri, ph. G. Cordella, 2019.


Fra le più note chiese dell'antica Tibur, celebre tra i cultori dell'archeologia locale, dell'architettura e della storia medievale tiburtina, è la Chiesa di S. Stefano ai Ferri


Ubicata nel vicolo dei Ferri nel Rione S. Paolo, incastrata fra altri edifici che nel tempo le si sono affiancati (come ad esempio le tipiche case torri) la Chiesa trae probabilmente la sua origine costruttiva dalle preesistenze romane dell'antica città. Il ben noto pontefice Simplicio, tiburtino di nascita (per un approfondimento circa la figura di questo Papa, è possibile consultare l'articolo del dott. Di Braccio al seguente link), operò nel V secolo all'interno della diocesi una cospicua fondazione di edifici di culto, a servizio della crescente comunità di fedeli.  La Chiesa potrebbe far parte del novero di questi edifici sacri come lo sono certamente quelle di S. Michele o S. Silvestro. S. Stefano sorge quindi all'interno della cinta muraria dell'antica città, forse impiantata sulla base di un'aula romana muovendosi lungo un percorso seguito al tempo da una serie notevole di luoghi privati o civili dell'amministrazione capitolina. Inoltre strutturalmente pare assodato che l'edificio poggi sui resti delle antiche mura ciclopiche, in saldi blocchi di tufo preromani, che organizzavano in possenti sostruzioni il clivio tiburtino e di cui notevoli testimonianze possono ancora essere osservate nei seminterrati di alcuni edifici privati posti poco sotto, lungo l'asse che corre sulla via di Posterula un tempo sede di un porta urbica prima e della chiesa di San Pantaleone poi.


Ipotesi ricostruttiva dell'aspetto originario della Chiesa di Santo Stefano ai Ferri
(V. Pacifici e A. Morelli)

La prima menzione della Chiesa risale al 1400, e in questo periodo viene ricordata la presenza all'interno delle cappelle dedicate a S. Giovanni, S. Nicola e all'Annunciazione. Una grande navata centrale doveva essere preceduta dal portico, sicuramente l'elemento più iconico e caratterizzante della Chiesa e oggi murato, e la facciata era ben distinguibile da una finestra trifora centrale e da due laterali di tipo biforo. Nella visita pastorale del 1581 del Vescovo Croce viene ricordata la bella fattura delle colonne (romane) del portico con pitture, la presenza di un ciborio con colonne sopra l'altare il quale doveva essere sormontato in abside da una gloriosa pittura del crocefisso. A metà della navata principale una porta con portichetto, forse un protiro, immetteva nell'orto e nel cimitero, mentre la torre campanaria si innestava a destra del portico. E' accertata la presenza, oltre che della sagrestia, inoltre di una mensa lapidea dove la Curia amministrava la giustizia: a cagion di ciò e dalla vicinanza con l'antico Foro cittadino, si vorrebbe identificare il preesistente edificio romano quale una Curia e il toponimo “ai Ferri”, inoltre, rimanderebbe proprio ai ceppi con i quali si usava serrare i piedi dei prigionieri;  viene altresì menzionata, nella stessa relazione, la Cappella di S. Stefano collegata alla navata, voltata con buona fattura e pittura gotica e adornata di bellissimi affreschi. Importante è la presenza di un grande arco detto dell'Annunziata, alla sinistra del presbiterio, che si offre come elemento fondamentale per comprendere la funzione della Chiesa anche in relazione alle ben note pitture dei crociati, e che deve essere contestualizzato ad una situazione urbanistica chiaramente diversa dall'attuale. Molti furono i materiali di recupero tratti da fabbriche romane che concorsero alla realizzazione della Chiesa. L'architrave del portico, con cornice finemente decorata, è alleggerito nel peso da archi di scarico in prossimità degli intercolumni


Aspetto della facciata della Chiesa di Santo Stefano, nel 1824, in 
"Memorie romane d'antichità e belle arti", L. Cardinali.

Il campanile aveva primo livello di apertura a bifora, e successivi a trifore con colonnine a stampella, realizzato in solida muratura di laterizio. Può dirsi che la  Chiesa conservò quindi, in grandi linee, impianto e caratteri architettonici coevi con le chiese del XII secolo in area romana e, per alcuni specifici caratteri, tiburtini. E' plausibile che la Cappella di S. Stefano fosse utilizzata come sagrestia già verso il 1595, in una nuova visita pastorale del Vescovo Croce, il quale fu attivo visitatore e osservatore dei luoghi sacri della sua diocesi, a Tivoli e non solo. La facciata nel suo impianto medievale non aveva l'altezza corrispondente a quella che si rileva attualmente, ma terminava in corrispondenza della visibile e tipica cornice a dentelli o sega, che caratterizzando gli edifici di culto definibili dallo scrivente come simpliciani, ne aiuta la datazione e l'iscrizione alla grande stagione fondativa del pontefice nel territorio tiburtino. Le finestre della facciata furono modificate forse già nel Quattrocento e ridotte a singole aperture, con la trifora principale che subirà una tamponatura totale in epoca successiva. Controverse furono poi le vicende che portarono l'edificio alla funzione laica che conserva tutt'oggi, e sulla strada di un progressivo declino. Il passaggio alla funzione abitativa ne comportò l'innalzamento, per un terzo livello, al di sopra del limite originario impostato in facciata sulla cornice medievale. La cappella di S. Stefano perse la connessione con la navata, mentre il portico venne murato ricavando uno spazio atriale precedente l'ingresso alla navata, ma che non ha cancellato fortunatamente del tutto i caratteri originari. Successivamente l'edificio fu utilizzato anche come deposito, stalla e locale artigianale. Oggi trova pacifica e pressocchè stabile funzione in luogo privato per la celebrazione di eventi culturali, restaurato e reso funzionale allo scopo all'interno della sua navata principale.


Chiesa di Santo Stefano ai Ferri, dettaglio dell'affresco
 della Cappella dell'Annunziata

Gli affreschi fra Scuola Romana e Ordine Templare


Dettagli degli affreschi nella Cappella di S. Stefano, area absidale. Fonte tivolincode.com.

Di notevole valenza e fattura sono gli i cicli di affreschi custoditi nella Chiesa. La Cappella di S. Stefano custodisce un importante ciclo di affreschi scoperto solo nel 1910 da Vincenzo Pacifici, con  scene del nuovo testamento e della vita di S. Stefano. Gli affreschi assumono particolare importanza anche perchè attribuibili a quella famosa Scuola Romana che vide in Pietro Cavallini massimo esponente, e che magistralmente operò quella scissione e progressiva evoluzione dalla pittura “ieratica” bizantina influenzando (è questo il pensiero di una corrente minoritaria dello studio della storia dell'arte ma prestigiosissima, con esponenti di assoluto rilievo quali Federico Zeri) la successiva evoluzione umbra cristallizzata nel ciclo assisiate di Giotto, all'interno della Basilica di S. Francesco.


Il celebre affresco dei cavalieri nella navata di S. Stefano: dettaglio del primo e 
del secondo cavaliere. Fonte tivolincode.com

Sono molto noti gli affreschi della navate principale, in particolare nel brano raffigurante alcuni cavalieri a cavallo nel verso di uscita dalla Chiesa verso il portico di ingresso. Un ipotesi avanzata da Giuseppe Petrocchi nel 1993 vorrebbe la Chiesa come luogo di benedizione dei cavalieri crociati, i quali sarebbero potuti accedere a cavallo dall'arco dell'Annunziata (il quale risulterebbe anomalo come funzione e posizione se non si trattasse invece di una apertura secondaria, funzionale ad uno scopo diverso da quello di far accedere i semplici fedeli). A suffragare tale ipotesi sarebbe vi sarebbe anche il dettaglio dei cavalieri raffigurati proprio in uscita dal verso che dall'arco suddetto procede verso il portico. Tuttavia sono molte le simbologie che vogliono questi affreschi collegati all'Ordine dei Cavalieri Templari e perciò raffiguranti proprio questi monaci - guerrieri, secondo una serie di raffinate simbologie pienamente riscontrate in moltissimi altri esempi artistici notoriamente collegati con l'attività della celebre confraternita: alcune tradizioni locali, ancora in fase di studio, vorrebbero una presenza ben radicata dell'Ordo Templaris sul suolo tiburtino, in particolar modo legata ad alcuni edifici di culto quali la Chiesa di Sant'Andrea e l'oramai scomparsa Chiesa della Santa Croce, un tempo ubicata presso l'omonima piazza. Come accennato in precedenza l'arte figurativa templare, codificata secondo rigorosi e criptici canoni espressivi, deputava grande importanza ai fiori essendo quest'ultimi latori di messaggi iniziatici e dunque pienamente comprensibili e riconoscibili solo dai confratelli iniziati ai Segreti dell'Ordine, come è possibile riscontrare nei significati misterici deputati ad alcuni tra essi quali la Rosa e le Fleur de Lys, ovverosia il Giglio.


Il celebre affresco dei cavalieri nella navata di S. Stefano: al passaggio
dei cavalieri dei fiori sbocciano dal suolo, plausibile riferimento allegorico collegato alla santità
della missione dei cavalieri, probabilmente dei Crociati in viaggio verso la Terra Santa.
Fonte tivolincode.com

Non solo "Ai Ferri". Il Culto di S. Stefano nell'area tiburtina.

La devozione a S. Stefano e le prime intitolazioni di chiese in suo onere iniziarono a partire dalla scoperta in Gerusalemme delle reliquie del santo definito protomartire, ovvero colui che per primo subì il martirio nel nome del Cristo, nel 415. Tale scoperta fu giudicata miracolosa e narrata dalla leggenda dell'apparizione del dotto Gamaliele (maestro di Saulo, o meglio del futuro S. Paolo) il quale avrebbe indicato il luogo di sepoltura delle reliquie di alcuni martiri e dello stesso Stefano ad un sacerdote di nome Luciano. Un'altra chiesa probabilmente attribuita a S. Stefano doveva sorgere sui colli tiburtini detti ancora oggi di S. Stefano, vicino a Villa Adriana, riscontrabile nei ruderi visibili e accertati di un edificio sacro e di un battistero esagonale. Sulla reale intitolazione della Chiesa e sulla sua possibile identificazione con la celebre S. Maria in Cornuta fondata da Valila “il Goto” si rimanda ad una prossima pubblicazione dell'A.P.S. ArcheoTibur, a cura dello stesso autore.

Fonti Bibliografiche

-V. Pacifici, La Chiesa di S. Stefano - Vicende storiche, all'interno di AMST, XVI, fascicoli 59 – 62, 1936, pgg. 51 – 89;