a cura del dott. Giovanni Di Braccio.
Assedio di una città,
miniatura del XV secolo d.C.; copia di originale apparso nell'Incunabolo “Ogier le Danois”, di Antoine Vèrard, 1496 – 1499; biblioteca nazionale di Torino. |
La
grande e potente Roma dei Cesari, che piantò le sue aquile dal Tamigi al Reno,
dal Nilo all'Eufrate, nei primi due secoli di autonomia repubblicana fu
enormemente minacciata sia da consistenti contingenti di popoli stranieri, come
Galli, ma anche Etruschi, Equi, Sabini e Volsci e città confinanti come la
trimillenaria Tibur, che seppur dichiarava un origine di sangue
comune (*1) si trovava in costante rivalità armata con l'Eterna Urbe.
La cronaca che stiamo enunciando è riferita all'anno 359 a.C. con i
Consoli in carica Marco Popilio Lenate (*2) e Gneo Manlio
Capitolino Imperioso (*3).
Dopo
il pericolo gallico, che pur tuttavia continuava a minacciare costantemente
Roma seppur non più all'interno delle sue mura (*4) ,durante una notte
buia con il favore delle tenebre, appena il silenzio fu calato, una schiera di
intrepidi e quanto mai ardimentosi tiburtini si avvicinò fulminea nei
sobborghi della città dai Sett econ intenzioni bellicose ed ostili.
Quell'evento inatteso ed imprevisto, e la minaccia notturna, suscitarono una
grandissima paura e spavento nei romani svegliati all'improvviso dal sonno;
oltre tutto, inizialmente, non seppero neanche comprendere da quali nemici
dovessero difendersi. Si gridò con prontezza alle armi e subito le Porte (*5)
furono presidiate da stazioni di guardia e le mura, nei loro parapetti, furono
colmate di sentinelle. Tuttavia, alle prime luci dell'alba, fu notato che si
trattava di pochi e sporadici guerrieri tiburtini. Prontamente i
Consoli, in carica, uscirono dalle due porte, la Collina (*6) e
l'Esquilina (*7), prendendo nel mezzo i figli di Tiburno
che si stavano affaccendando alla scalata delle mura Serviane. Saltò subito
agli occhi di tutti che i tiburtini si erano mossi confidando più
sull'occassione che sulla loro effettiva potenza militare: immediatamente si
arrivò allo scontro armato ma sia causa della esiguità dei fanti che della
scarsa protezione offerta dal poco abbigliamento militare indossato per essere più leggeri e veloci nella scalata
alle Mura, i soldati tiburtini avevano optato per una panoplia leggera e poco
ingombrante) i Latini di Tibur non riuscirono a reggere al primo grande
attacco dell'esercito romano, il quale strinse i nemici in una morsa a tenaglia
tra le due suddette Porte Urbiche. Fu cosi
che la loro venuta si rivelò vantaggiosa per Roma perchè la paura di una
guerra nelle immediate vicinanze alle porte aveva sedato un contrasto che stava
nascendo e germogliando, come l'erba infestante, tra patrizi e plebei.
Note:
1)
Riferimento sul origine comune del popolo dei
Latini, divisi in tribù cittadine che si riunivano, in determinati giorni
dell'anno, presso il monte Soratte dove risiedeva il Santuario Federale
di Iuppiter Latiaris.
2)
Quattro volte Console dal 359 al 348
a.C.
3)
Due volte Console nel 359 e 357 fu
scelto dal Dittatore Lucio Furio Camillo, Magister Equitum nella
campagna contro gli Aurunci.
4)
Mura Severiane che furono costruite dopo
l'occupazione Gallica di una parta della città e il relativo allonatanamento
della minaccia barbara. Molti dei Galli reduci continuarono a insidiare i
possedimenti romani in Campania e nel Lazio, stringendo anche
rapporti di alleanza ed amicizia con Tibur, in funzione anti-romana.
5)
In questo periodo a Roma le Porte Urbiche erano:
la porta Flumentana, Triumphalis, Carmentalis,
Fontinalis, Ratumena, Sanqualis, Salutaris, Quirinalis,
Collina, Viminalis, Esquilina, Caelimontana, Quaerquetulana
o Quaerquetularia, Capena, Naevia, Raudusculana, Lavernalis,
Navalis, Trigemina e Minutia.
6)
Era una porta delle Mura Serviane, da cui
uscivano le vie Nomentana e Salaria.
7)
Detta anche dell'arco di Galerio, nel Rione Esquilino; era una Porta
delle Mura Serviane.
Bibliografia:
-Tito Livio, “Ad Urbe Condita” libro VII,
capitolo 12.
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