Benvenuti nel sito ufficiale dell'A.P.S. ArcheoTibur di Tivoli (RM).NUOVO ANNALES VOL. III ANNO IV DISPONIBILE

Le origini del Natale.

a cura di Dr. Stefano Del Priore.

Il Natale, per come lo conosciamo, altro non è che il frutto del sincretismo operato dai padri della Chiesa sin dal periodo paleocristiano, perpetrato nel medioevo, che ha portato a confluire in questa festività elementi provenienti da religioni tra le più disparate. La Natività, i canti in chiesa, interminabili pranzi e cene in famiglia, partite a carte, decorazioni e albero riccamente agghindato, presepi luminosi e pacchi regalo: oggi al Natale si associano, perlopiù, queste immagini archetipiche e persino la festività per eccellenza ha perso probabilmente i suoi valori autentici, sacrificati sull'altare del consumismo sfrenato. In passato, però, il significato di questo particolare periodo dell'anno è stato ben diverso, egualmente percepito e profondamente celebrato da moltissime civiltà tra le più dissimili fra loro. Quanto sappiamo, dunque, delle origini del Natale e di Babbo Natale, della tradizione dell'albero natalizio e del 25 dicembre?

I culti solari del Mondo Antico


Helios sorgente dal mare-metopa dall'angolo nord-est tempio di Athena a Ilio-Truva, Turchia, 280 - 300 a.C. circa. Scoperta da Heinrich Schliemann.



Tradizionalmente, la nascita del Cristo è fissata al 25 dicembre: perché venne scelto tale giorno? Si trattò di una data fissata casualmente oppure di un ragionamento ben studiato da chi, a seguito del concilio di Nicea nell'anno 325 dell'era cristiana, optò per operare una vera e propria rivoluzione teologica volta a concentrare, nell'emergente culto cristiano, la poliantea di religioni che popolavano a quel tempo il complesso mosaico spirituale del mondo romano? La risposta esatta alla domanda, ovviamente, è la seconda. Gesù nacque molto probabilmente attorno all'anno 6-7, al termine del principato del Re Erode il Grande, sul finire della primavera e l'inizio dell'estate. Quando l'Imperatore Costantino (Naissus, 27 febbraio 274 – Nicomedia, 22 maggio 337 d. C.) decise di stabilire la religione del Cristo quale paritaria con le altre presenti nell'Impero Romano, al fine di tentare una profonda riunificazione di un territorio dilaniato per moltissimi anni da guerre civili, invasioni e aspre lotte per il potere, in essa vennero riuniti i caratteri salienti dei moltissimi culti che, per secoli, avevano composto il mondo della religiosità del più potente impero che il mondo ricordi. La prima celebrazione liturgica documentata del Natale fissato al 25 dicembre risale all'anno 336, riscontrabile nelCronographus, dunque quasi 300 anni a seguito della crocifissione del Messia della chiesa cattolica. Numerose divinità dai caratteri solari, vere e proprie ipostasi dell'astro, erano tradizionalmente onorate nel giorno della loro nascita, stabilita al 25 dicembre: Horus il dio falco egizio, Διόνυσος (Dionysos) nelle sue molteplici sfaccettature, Φοῖβος Ἀπόλλων (Febo Apollo), Ἥλιος (Helios), Attis, Tammuz - Άδωνις (Adone) unico figlio della Dea Ishtar che sorregge il figlio il quale esibisce un capo coronato da un'aureola composta da 12 stelle, Osiris e il dio Mithra.

Torneremo più approfonditamente su quest'ultimo in seguito. Divinità dagli attributi solari, percepite dunque come vere e proprie emanazioni del Sole, legavano la loro nascita a questo particolare periodo dell'anno, in prossimità di una delle grandi feste calendariali che da sempre hanno scandito le religioni di moltissime civiltà: il solstizio d'inverno. In questa frazione di tempo, denominata "Perielio", in greco antico περίήλιον, il nostro pianeta era percepito come massimamente distante dal Sole e conseguenzialmente l'astro veniva immaginato come neonato, debole, al principio del suo percorso evolutivo e il suo potere calorifero, generatore di vita, era al minimo.

Ebbene, tale è la ragione per la quale la nascita di Gesù venne concordata il 25 dicembre, essendo stato identificato egli stesso come una delle innumerevoli epifanie che il Dio Sole produsse nel corso del millenario rapporto con la teologia del mondo umano: nascendo in pieno inverno, morendo e risorgendo in primavera, tra marzo e aprile, ovverosia il periodo originario del "capodanno", il principio dell'anno agricolo che scandiva la ripartizione del tempo vitale, egli si fece carico dell'immemorabile tradizione di figure sia umane che divine, mesocosmiche, che rappresentarono il punto apicale di connessione tra il divino macrocosmo e il terreno microcosmo, dunque l'umanità nella sua interezza.

I Saturnalia


Il Deus Rex Sacrorum Saturno, con capo velato, stringe la sua Falce, la Divina Mègas Drèpanon. Affresco dal Museo Archeologico di Napoli, I secolo d.C.


Nel periodo compreso tra il 17 e il 23 dicembre i nostri progenitori romani festeggiavano i Saturnalia, periodo goliardico della durata di una settimana durante il quale l'ordine sociale era abolito. Arcaicamente duravano un solo giorno; Giulio Cesare li portò a 3 e, in epoca imperiale, la durata venne estesa a 7. La festività traeva origine da rituali perpetrati da tempo immemore e nella mitologia ci viene trasmesso come l'origine fu la detronizzazione di Saturno da parte di suo figlio Giove: il precedente Re del Cielo trovò ospitalità presso le agresti genti del Lazio Antico, instaurando la favolosa "età dell'oro" insegnando al genere umano l'agricoltura e l'arte della vita civilizzata. Festività di collocazione mutevole, durante il periodo di Domiziano (51-96 dell'era cristiana) cadeva tra il 17 e il 23 dicembre, mentre nel IV secolo dall'avvento del Cristo venne spostata al 1° di gennaio, tale da non farla pericolosamente coincidere con le nuove date stabilite, durante il concilio di Nicea, per la nascita del Cristo.


Come anticipato in precedenza, durante i Saturnalia le differenze sociali venivano meno, qualunque attività pubblica cessava e veniva concessa una libertà quasi priva di confini, come si è avuto modo di apprendere dall'opera "Saturnalia" di Ambrosius Theodosius Macrobius (390-430 circa dell'era cristiana). S'iniziava con una processione fino al tempio di Saturno posto nel Foro e sull'altare erano immolati degli animali sacrificali, probabilmente tori, per poi "liberare" i piedi della statua del Dio: infatti, se non in questo particolare periodo, la divinità era imprigionata per tutto l'anno dai compendes, legamenti di tipo magico-spirituale. Terminato ciò, si procedeva con il Lectisternium, il banchetto sacro, in cui attorno ad una tavola riccamente imbandita erano posizionate le statue degli Dei. Il periodo dei Saturnalia era altresì distinto dal cessamento di ogni attività: il Foro e le scuole erano chiusi, era severamente proibito iniziare o partecipare a guerre, stabilire o eseguire pene capitali e, in linea generale, compiere qualsivoglia attività che non fosse un festeggiamento. L'abbigliamento seguiva di pari passo il carattere delle celebrazione: si utilizzavano solo vestiti formali e s'indossava il pileo, un copricapo tipico dei ceti meno abbienti: così come Saturno subentrava a Giove suo figlio, parimenti l'ordine sociale era rovesciato, permettendo persino agli schiavi di partecipare ai banchetti pubblici organizzati nel Campidoglio. Per le strade, nelle taverne, ovunque vi fossero persone risuonava alto l'augurio "Io Saturnalia". 

Nelle Domus ci si scambiava piccoli doni, acquistati in speciali mercatini chiamati Sigillaria e istituiti solo per tale occasione: era possibile comperare statuine dei Lari domestici, bamboline di cera, gesso o argilla e altri beni. Lo scambio dei regali avveniva il 20 dicembre, assieme alle Strenae, rami di alloro e sempreverdi simboleggianti buoni auspici in onore della dea boschiva Strenia, mentre il mattino successivo i bambini avrebbero trovato al posto delle ciotole, in tavola, dolci e giocattoli. ISaturnalia erano celebrati a Roma sin dall'età repubblicana, acquistando poi notevole importanza durante l'epoca imperiale e diffondendosi in tutta la penisola italica: stranamente, invece, il culto di Saturno non andò incontro al medesimo fato, restando perlopiù limitato alla sola area dell'Urbe, non essendoci riscontri certi di strutture templari a lui dedicate al di fuori di Roma. Durante le festività a lui dedicate, reminiscenza dell'età dell'oro caratterizzante il suo regno, si viveva in opulenza e ricchezza, la pace era garantita e si rimembrava l'origine di tali celebrazioni ovverosia un rito propiziatorio per la prosperità e l'abbondanza delle messi, organizzando al contempo banchetti pubblici e privati: una chiara testimonianza di come fosse, alle sue origini, una ritualità legata strettamente al mondo agricolo e naturale, volta a godere e celebrare il periodo durante il quale i lavori agricoli erano completati. Durante i banchetti le distanze sociali si riducevano sensibilmente, de facto fino ad abolirsi, e per tutta la durata dei festeggiamenti persino gli schiavi potevano agire ed esprimersi liberamente, venendo serviti alla tavola dai loro stessi padroni. Con il tempo, i Saturnalia perdettero molto del loro significato primevo, divenendo via via sempre più strettamente legati a connotazioni licenziose e orgiastiche, all'insegna della crapuloneria e delle gozzoviglie.

Felix Dies Natalis Solis Invicti


Mithra Tauroctono che uccide il Toro Sacro in una caverna; alle sue spalle, un cane e un serpente leccano il sangue sgorgato dalla ferita mortale. Al Sol Invictus in alto a sinistra, avente il capo cinta dalla sua corona raggiata, osserva il sacrificio rituale; in alto a destra, si staglia la Luna. - Musei Vaticani (*1 - CIL VI 721= VI, 30820 cf. p. 3757 (ILS 1615)


Accanto ai μυστήριον di origine ellenica, trasposti poi nel mondo romano con il termine Mysterium, e culti di origine agricola influenzati dall'ideologia astrale i cui fedeli crescevano di giorno in giorno, apparvero i culti di Mithra e del Sole, i quali diffusero nel mondo romano visioni escatologiche di matrice ben diversa, di stampo siriano e persiano. Oramai da tempo le filosofie ellenistiche avevano reso familiare la concezione di un Dio Cosmico, signore degli Astri, e il culto dell'Imperatore aveva concretizzato la forma mentis di una possibile immortalità cosmica. Gli imperatori di origine siriana, a partire dal III secolo dell'era cristiana, iniziarono a imporre la supremazia di un Dio Sole, sovrano indiscusso del mondo. Nel 274 d. C. L'Imperatore Aureliano, indossando una corona raggiata, fece innalzare sul Campo Marzio un ampio e maestoso santuario dedicato al Deus Sol Invictus, appellativo sotto la cui egida rientravano molteplici divinità quali Helios, El-Gabal e Mithra, la cui celebrazione avveniva il 25 dicembre, il giorno in cui il Sole rinasceva a nuova vita, finendo per mutarsi in un monoteismo solare strettamente legato alla carica imperiale. Probabilmente Aureliano, istituendo un culto ufficiale del Deus Sol Invictus, credette di poter unificare sotto un solo vessillo eliaco cristiani e mithrici, siriani e isiaci: un'anticipazione di ciò che compirà l'Imperatore Costantino, decisamente con più fortuna, circa mezzo secolo dopo. Parallelamente Mithra, divinità indo-iranica della luce che giunse ai romani attraverso i contatti con i Frigi dell'Asia minore, si andava affermando straordinariamente e conobbe una popolarità sempre più crescente, grazie soprattutto alle imprese delle legione romani che lo adottarono quali Dio guida in virtù delle sue caratteristiche di guerriero e fiero protettore.

Nelle cripte mithriache che si moltiplicavano nelle province più disparate, nei settori militari e nelle zone di confine dell'Impero si venerava Mithra ταυροκτόνος, l'uccisore del Toro, rappresentazione del rituale cardine della religione mithriaca, ovverosia l'immolazione del Toro Sacro della Fecondità dal cui ciclico sacrificio ogni forma di vita sorse al principio dei tempi. Il luogo di culto del Dio, il mithreo, era per lo più ipogeo, una grotta o una caverna, il cui schema dispositivo raramente mutava: un lungo corridoio centrale che conduceva alla statua di Mithra Tauroctono e due file di banchi paralleli, con una vasca lustrale al lato dell'ingresso (i luoghi di culto di Mithra sorgevano sempre in prossimità di fonti d'acqua) e iGeni Solari Kates e Kautopates ad accogliere i fedeli sulle panche. La volta, rappresentazione del Cielo, era sempre decorata con stelle e rappresentazioni sideree. I seguaci del Dio santificavano la domenica, il giorno dedicato al sole e ogni anno, il 25 di dicembre, si celebrava il Felix Dies Natalis Solis Invicti, l'anniversario del Dio, nato completamente nudo da una roccia (Saxigenus), così come l'aurora spuntava dalle montagne e il fuoco sprizzava dalla selce. La più alta carica sacerdotale del culto era denominata Pater Patrum, il "Padre dei Padri", avente funzioni di Pontifex dalla cui abbreviazione derivò poi il termine "Papa" connotante il vescovo di Roma, il Sommo Pontefice della religione cattolica.

Il Dio Mithra era inserito in un ampio scenario cosmico ed era adorato contestualmente al Sole: in virtù di quest'intima connessione si comprende piuttosto semplicemente come mai anche il Dio indo-iranico fosse nato il 25 dicembre. Egli era una divinità creatrice e benefattrice, acerrimo avversario del Dio del Male, il quale recava con sé morte e miserie. La figura di Mithra contribuì notevolmente alla diffusione dell'ideologia persiana dell'eterna lotta cosmica tra Bene e Male, il Dualismo Cosmico, antica concezione che, grazie al manicheismo, sopravvisse e confluì nella neonata religione cristiana anche dopo la scomparsa della religione mithraica e del paganesimo romano in generale a seguito dell'editto di Tessalonica, il Cunctos Populos emesso il 27 febbraio del 380 d. C., con il quale si dichiarava il cristianesimo, secondo i canoni del credo niceo, l'unica religione ufficiale dello stato, proibendo l'arianesimo e tutti i culti pagani.


Il dio Mithra con la corona raggiata, Castello Orsini, Castel Madama (Rm)


Il Natale del Nord Europa, lo Jòl


La ruota cosmica della processione stagionale secondo la tradizione celtogermanica.


Nell'Europa del nord, di cultura germanica e celtica pre-cristiana, il termine "Jòl" indicava la celebrazione del solstizio d'inverno il 21 dicembre. Tale festività presso i Celti era preceduta da Samhain, tra il 31 ottobre e il 1 novembre, ed era seguita da Imbolc, il 2 febbraio. L'etimologia di riferimento "Hjòl", significante "ruota", è probabilmente norrena e simboleggiava il "ruotare" dell'anno giunto al suo estremo inferiore, pronto per risalire gradatamente verso la luce e il calore dell'estate. La citazione più antica del termine appare su di un frammento di un calendario gotico, il "Codex Ambrosianus" datato al VI-VII secolo dell'era cristiana, dove il mese di novembre viene definito il mese di precedente a Jùl. Non si conosce granché sui dettagli di Jòl, se non ciò che ci è pervenuto tramite frammentari testi delle saghe islandesi: dovette trattarsi di un periodo di riposo, celebrazioni, banchetti e danze assieme a dei sacrifici rituali, probabilmente di maiali, in onore del Dio Freyr (tale usanza è tutt'ora in voga nei Paesi scandinavi).

La sua popolarità non accennò a diminuire per tutto il Medioevo sino al periodo della Riforma, creando non pochi problemi e imbarazzi alle autorità cristiane dell'epoca. Molte simbologie proprie dello Jòl confluirono nel Natale cristiano come l'addobbare alberi sempreverdi, rituale di magia simpatica volto ad augurare un celere ritorno dell'estate con alberi carichi di frutta, e lo scambio beneaugurante di vischio e agrifoglio, piante dalle qualità apotropaiche utili all'esorcizzare gli spiriti infausti e negativi dell'inverno e auspicanti, assieme ad altri doni, un nuovo anno ricco e prospero. Gli alberi sempreverdi, con le loro chiome perennemente folte e le foglie che mai mutano di colore, rappresentavano un'ipostasi dell'energia vitale che, seppur nel culmine del periodo legato alla morte e alla decadenza, mai perdeva di persistenza, divenendo il simbolo della futura fertilità che sarebbe tornata, assieme alla luce solare, a benedire le gelide lande del Nord Europa.
Originariamente, prima della contaminazione dovuta all'influenza cristiana, la festività di Jòl o Yule sembra essersi celebrata durante il solstizio invernale (21 dicembre) o verso la metà di gennaio (secondo Beda il Venerabile, dotto monaco inglese vissuto nel VI secolo dell'era cristiana): in seguito venne traslata al 25 dicembre, facendola coincidere con la nascita del Cristo, perdendo così il ricco corpus di miti e leggende pagane che la originarono, sostituiti dal Natale cristiano e dai racconti della natività del bimbo di Betlemme.


Petroglifi risalenti all'età del bronzo scandinava (XVIII-VI secolo a.C.): la "Roccia Piatta"di  Vitlyckehäll, presso Tanumshede. Västra Götaland, Contea di Västra Götaland, Svezia




Santa Claus, San Nicola o Babbo Natale?


San Nicola vescovo di Myra.


Concludiamo questa nostra disamina sulle origini del Natale con la figura che, più di ogni altra, incarna per eccellenza lo spirito della festività, il simbolo del periodo natalizio: Babbo Natale o Santa Claus. Tale figura sembra esser stato cucita, e alcune recenti scoperte avvalorerebbero tale ipotesi, sulla figura di San Nicola vescovo di Myra, nella regione della Licia, vissuto tra il 261 e il 343 d. C., uno dei 318 partecipanti al Concilio di Nicea (325 dell'era cristiana) e fiero oppositore dell'eresia ariana. Molteplici leggende contribuirono ad ampliare la sua fama: una di esse vuole che il vescovo riportò in vita dei fanciulli, 3 o 5, uccisi da un empio macellaio, o locandiere, che ne aveva lavorato e messo sotto sale le carni al fine di venderle. Grazie a tale episodio, San Nicola viene riconosciuto come protettore e benefattore dei bambini. Una seconda, forse all'origine della sua peculiarità di elargitore di doni, narra che aiutò un uomo in gravi difficoltà economiche, così disperato che per pagare i debiti era pronto a spingere le sue tre figlie verso la prostituzione. Il santo, per 3 notti consecutive, lanciò nell'abitazione del pover'uomo del denaro avvolto in dei panni, salvando le giovani ragazze da un orribile futuro. Successivamente in San Nicola confluirono molte delle tradizioni analizzate in precedenza, contribuendo alla creazione della figura oggi mondialmente nota. L'appellativo "Santa Claus", invece, con il quale è conosciuto nei Paesi anglofoni deriva da Sinterklaas, nome olandese del santo. La morte lo colse, sembra, il 6 gennaio presso il monastero di Sion e forse non è una mera casualità che tale data segni, al giorno d'oggi, il termine delle festività natalizie.



Approfondimenti:

*1) Il testo dell'epigrafe recita: 


"Soli Invicto Deo


Atimetus Augg. NN. Ser. Act.

Praediorum Romanianorum", da leggersi come "Soli Invicto Deo, / Atimetus, Aug(ustorum) n(ostrorum) servus, act(or) / praediorum romanianorum"



traducibile con:



"Al Dio Sol Invictus. Atimeteus, servo / schiavo del nostro Imperatore, cassiere presso il grande podere dei Romanianii (dedicò)."







Fonti bibliografiche:

-Henri-Charles Puech “Storia delle Religioni”, Universale Laterza, 1978:
Slavi, balti, germani e celti”,
Il cristianesimo delle origini”,
Il mondo classico”,
"L'Impero romano e l'Oriente”;

-Sir George James Frazer, “Il Ramo d'Oro”, "Studio sulla magia e sulla religione", Newton Compton 2006;

-P.Tacchi Venturi, “Storia delle Religioni”, UTET 1954;

-Mircea Eliade, “Trattato di Storia delle Religioni”, Universale Scientifica Boringhieri, 1976;

-Gerardus van der Leeuw, “Fenomenologia della Religione”, Universale Scientifica Boringhieri, 1975;

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