Benvenuti nel sito ufficiale dell'A.P.S. ArcheoTibur di Tivoli (RM).NUOVO ANNALES VOL. III ANNO IV DISPONIBILE

Gioielli manieristici nella Villa D’Este

A cura di Francesca Proietti, membro Comitato Tecnico-Scientifico di ArcheoTibur.

Nell’A.D. 1550, il Cardinale Ippolito D’Este fece la sua entrata trionfale nella nostra città, ove ne apprezzò sia l’aria frizzante che tanto gli giovava, sia la grande quantità di rovine antiche che decoravano il nostro territorio. La cosa che però saltò subito all’occhio del coltissimo Cardinale, fu il modesto ed anche piuttosto scomodo convento in cui avrebbe abitato durante i soggiorni Tiburtini. Abituato infatti ai fasti della rigogliosa e ricca Ferrara, e soprattutto allo sperpero di denaro per finanziare feste e divertimenti di cui si rendeva protagonista, il Cardinale, esperto di arte e di archeologia, decise di trasformare il piccolo convento Benedettino, risalente al IX sec. d.C., in una monumentale villa, che nei piani del Cardinale doveva avere la funzione di “rifugio” per incontri più lunghi, tranquilli e per sfuggire al caos dell’Urbe. 

La passione per l’arte, che in quel periodo cominciava ad essere definita “Manieristica” (cioè di maniera), portò il Cardinale ad affidarsi ad alcuni tra i più famosi personaggi dell’epoca: Pirro Ligorio, che si occupò del progetto della nuova villa, Antonio Galvani, anch’esso architetto, che però realizzò in maniera effettiva la costruzione. Livio Agresti, pittore proveniente da Forlì, si occupò di coordinare le varie maestranze composte dai più grandi manieristi romani, tra cui Federico Zuccari, Cesare Nebbia, Girolamo Muziano ed i loro relativi aiuti. 
Le maestranze tardomanieristiche decorarono la villa con affreschi che uniscono la tradizione della fondazione di Tivoli e il culto di Ercole, sia per la sua presenza sul suolo tiburtino, sia perché ricopriva ruolo di eroe prediletto della casata degli Este. 

Prima Stanza Tiburtina, Ercole nell'atto di colpire un soldato, Villa d'Este.

Come possiamo osservare nella Prima Stanza Tiburtina, il Nebbia (circondato ovviamente da una folta schiera di aiuti) decise di raffigurare scene prese dalle cronache della fondazione di Tivoli e dalle narrazioni delle varie battaglie che gli antichi padri fondatori dovettero combattere per la difesa della neonata città e, come detto in precedenza, scene dalla mitologia dell’eroe divino Ercole. 
Lo stile pittorico del Nebbia è il risultato della formazione presso la bottega di Girolamo Muziano; lo stile è veloce, immediato, e nel più raffinato gusto tardo manierista organizza le figure in maniera da dividere la narrazione in diversi momenti. L’Ercole del Nebbia viene rappresentato nell’atto di colpire uno dei soldati, e nell’atto di sacrificare un bue. Entrambe le azioni sono sospese, come cristallizzate per celebrare la vittoria eterna dell’eroe e, probabilmente, rendere eterna la gloria e la forza della casata a cui l’artista era legato in quel momento. 
L’appena citato G. Muziano ricopre nella villa un doppio ruolo: egli infatti si dedicò in primis, fin dal 1565, all’organizzazione del cantiere decorativo, preparando disegni e cartoni che, successivamente, sarebbero stati trasposti in pittura da numerose maestranze di supporto, con una organizzazione che trae la sua origine nel modus operandi raffaellesco; come pittore, si dedicò invece a numerose opere, tra cui quelle contenute nella splendida “Sala di Ercole”, così chiamata per le raffigurazioni, contenute in riquadri ovoidali, delle fatiche dell’eroe. 

 Ercole contro l'Idra di Lerna, Girolamo Munziano, Sala di Ercole, Villa d'Este.

Come si evince dall’immagine, possiamo vedere la cura e la maestria del Muziano nel ritrarre anch’esso il divino eroe protettore degli Este. 
La meraviglia pittorica del Muziano sta proprio nel rendere “quasi vivo” l’affresco; l’Ercole sembra quasi possa iniziare a muoversi da un momento all’altro, sembra quasi di sentire il terrificante verso dell’idra, probabilmente un sinistro sibilo che usciva da ogni testa. Per rendere possibile tutto questo, il pittore si concentra sull’evidenziare la muscolatura, sia dell’eroe che del terrificante mostro, e soprattutto gioca con i movimenti del tessuto (che vediamo in grigio alla destra dell’Eracle) e con il movimento della pelle del Leone Nemeo, antagonista della prima tra le dodici fatiche. 
Il terzo pittore che andremo ad affrontare sarà Federico Zuccari, pittore nato presso il ducato di Urbino ma attivo in tutta Italia e Inghilterra. Si riconosce la mano del pittore in molte delle stanze che compongono la Villa ma, per esigenze di sintesi, ci concentreremo su alcuni particolari della stanza detta “della gloria”. 

La cosiddetta “Stanza della Gloria”, Federico Zuccari, Villa d'Este.

La stanza, oltre a contenere le decorazioni scenografiche già viste, tra cui finti tendaggi, finte aperture verso altre stanze o verso piccoli ripostigli, festoni con elementi naturali, tra cui frutti di vario genere, sarebbe interessante soffermarsi su quanto contenuto nei suddetti ripostigli. Al suo interno possiamo vedere libri, candelabri, oggetti di uso comune che forniscono una dimensione più quotidiana all’ambiente sfarzoso della villa. Questo tipo di espediente pittorico evidenzia un collegamento molto forte con la tradizione di fine Quattrocento (che prevedeva però la tecnica dell’intarsio), sicuramente molto cara ai pittori del tempo. 
Ci spostiamo ora sulla descrizione delle figure ritratte da Zuccari e dai suoi aiuti; infatti, come possiamo leggere nelle cronache dell’epoca, egli "si servì di molti lavoranti, come occorre in simili lavori, per darli presto fine”, assecondando le importanti richieste del Cardinale. Le figure ritratte sono varie personificazioni tra cui quella della Gloria (andata perduta durante il secolo scorso), quella del Tempo, della Magnanimità ed altre. 
La sua tecnica pittorica era sicuramente molto famosa ed apprezzata nell’ambiente artistico tanto da trovare menzione, in una lettera scritta da Antonio Doni (che pubblicò un libro sulle iconografie e sulla pittura nel 1564), del nome di Federico Zuccari, facendo riferimento alla sua maestria nel disegno. È quindi altresì probabile che il pittore venne chiamato a corte proprio in virtù della sua abilità nella rappresentazione di personificazioni et simili. 
Un altro importantissimo lavoro della bottega del Zuccari fu la volta della sala centrale con la rappresentazione del “Convito degli Dei”. 

Il Convito degli Dei, Federico Zuccari, Villa d'Este.


L’importanza dell’opera risiede, oltre che nell’ammirevole e pregevole esecuzione, soprattutto nella sua collocazione. Trovandosi in una sala di rappresentanza è come se volesse elevare l’importanza degli ospiti del Cardinale a quella degli Dei ritratti. 
Queste divinità infatti sono “colte” nell’attimo del banchetto, della festa e nella celebrazione dei fasti e della gioia dello stare assieme per godere dei piaceri che la loro essenza ultraterrena gli offriva. Simbolo della gioia e dell’abbondanza sono le anfore piene di Vino che, riempite dal dio Bacco, viene offerto a tutti i partecipanti al banchetto insieme ai vassoi pieni di dolcissima frutta. Sulla destra possiamo trovare una folta schiera di festosi musici che, armati di cetra, flauti e trombe, accompagnano la sfrenata danza di bellissime menadi. 
Al centro del dipinto, circondato dagli dei colti in atteggiamenti amorosi e rilassati, possiamo vedere il possente Ercole, la cui posizione non è sicuramente casuale; chi se non lui poteva essere posto al centro con lo sguardo rivolto verso lo spettatore? Attorno al “Convito” possiamo trovare, per formare una finta prospettiva, un monumentale colonnato dipinto che ricopre la funzione di “innalzare” ancora di più la sala, quasi per farne un diretto collegamento con l’Olimpo. 
Dopo questa brevissima analisi, l’unica cosa che rimane da consigliare è quella di visitare la Villa e godere di persona delle bellezze contenute in essa in quanto nessuno scritto potrebbe renderle giustizia. 

Fonti Bibliografiche:

-M. Margozzi, M.Buttafoco, Patrimonio artistico e monumentale dei Monti Sabini, Tiburtini, Cornicolani e Prenestini, IX Comunità montana del Lazio Tivoli 1995  Pp 771-796 

- Villa d'Este, Villa Adriana a Tivoli, Lozzi Editore, Roma 1998 pp 9-15

Sitografia 

- www.villadestetivoli.info 
- www.treccani.it 
- http://www.cristinavazio.it 
- https://tivolincode.wordpress.com/ 

Questo articolo è protetto dalla Legge sul diritto d’autore.
Proprietari del Copyright sono l’A.P.S. ArcheoTibur e l’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.