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Lucio Munazio Planco, il Generale Leggendario - I° parte

A cura del dott. Giovanni Di Braccio.

Statua attribuita a Munazio Planco, il cosiddetto “Generale Tiburtino”, Palazzo Massimo, Roma.

Questa è la narrazione di un uomo valorosissimo ed eccezionale che, grazie alla sua sagacia, competenza, abilità politica e militare, si distinse quale attore protagonista nel grande palcoscenico della Storia, quella la “S” maiuscola, che tanto incise e meravigliò, continuando tuttora a influenzare il pensiero e le opere dell'uomo contemporaneo.


L'illustrissimo personaggio in questione è Lucio Munazio Planco, figlio di Lucio, nipote di Lucio e pronipote di Lucio, cosi viene menzionato in un'epigrafe che campeggia in bella mostra nel suo poderoso Mausoleo circolare di Capo Orlando, in prossimità della città di Gaeta.
Il periodo in cui visse fu quello, molto convulso, caotico e sanguinario, compreso tra le celebri guerre condotte da Giulio Cesare nelle Gallie e gli inizi dell'Impero Augusteo.
Ma dove nacque Planco, e in che anno?
Sulla paternità la questione è dibattuta da moltissimo tempo poiché non ci sono tracce tangibili, riconducibili alla certezza della nascita in una o in altra città antica.
Tuttavia si sono sviluppate, nel corso del tempo, due correnti di pensiero, fra gli storici, dove una porta alla natività in Atina e l'altra a Tibur.
A favore della Saturnica Atina ci sono la non grande distanza con il Mausoleo appena enunciato, la familiarità paterna con Cicerone, per l'appunto nativo di Arpinum distante solo 32 km, e un'iscrizione dove si menziona il  “Generale”, rinvenuta in loco.
Su Tivoli le testimonianze sono più cospicue e tangibili,quali il rinvenimento della celebre statua a lui universalmente attribuita(1) e la sua Villa d'Otium, che la tradizione colloca nella contrada delle Piagge, sui declivi tiburtini.
Tuttavia a marcare ancor di più l'ipotesi della paternità tiburtina si attestano anche citazioni di illustri romani come Quinto Orazio Flacco, nella celebre Ode Septima.
Anche a riguardo dell'anno di nascita sussistono molte perplessità e incongruenze con uno sbalzo temporale che va dai tre ai cinque anni di differenza, poiché alcuni collocano la nascita nell'anno 90 a.C. sotto i Consoli Lucio Giulio Cesare, parente del Trionfatore delle Gallie, e Publio Rutilio Lupo,  mentre altri lo fanno nascere nel 668 Ab Urbe Condita, equivalente all'anno 85 a.C., nel terzo anno consolare di Lucio Cornelio Cinna e primo di Gneo Papirio Carbone.
Quel che sappiamo è che Planco apparteneva ad una Gens Patrizia, e lo si deduce dal  Tria Nomina composto da  Nomen, Cognomen e Prenomen, facente capo a un ceto centro-italico molto elevato: ne sono prova le alte cariche pubbliche, ricoperte sia da lui che dal figlio, che pur tuttavia non trovano molti riscontri, attualmente attestati, nell'epigrafia sia a Tivoli che nell'Urbe.
Con ogni probabilità Planco iniziò la sua carriera militare nel 59 a.C. come Principales o Equites  presso il glorioso contingente romano capeggiato dal Triumviro Gaio Giulio Cesare, all'epoca proconsole della Gallia Cisalpina e dell'Illirico grazie alla Lex Vatinia *(2): in un arco molto breve di tempo si distinse tra molti militari raggiungendo la prestigiosa carica di Legatus Pro Praetore*(3).
Con il suddetto grado militare lo troviamo nell'inverno del 54 a.C. sotto il comando del questore Marco Cassio Longino*(4), affiancato al collega pretore Gaio Trebonio, con tre Legioni di stanza presso il popolo turbolento e bellicoso dei Galli Belgi.
Cesare mandò molti altri generali nelle Gallie, come Caio Fabio presso i Morini, Quinto Cicerone  dai Nervi, Lucio Roscio dai Esuvi e il suo braccio destro Tito Labieno nella terra dei Remi.
Questo attegiamento strategico-militare serviva per poter controllare e saggiare capillarmente le mosse delle innumerevoli tribù galliche sparse in un territorio sconfinato, appena conquistato con la forza e la caparbietà delle Legioni.
In quello stesso anno Planco si vide coinvolto nell'intricata questione del Rix gallico Targezio del popolo dei Carnuti.


Illustrazione ricostruttiva di un Capo Gallico con, alle spalle, un Dùn  protetto da una selva di palizzate.

Questo sovrano in precedenza aiutò Cesare e il suo contingente nel 57 a.C., e il suo valore e benevolenza sempre mostrata presso i romani gli valsero premi e onori.
A ciò la Progenie di Venere*(5), come segno di clemenza ed amicizia, gli restituì l'autorità reale tramandata sin dai suoi avi; ma, mentre era già al terzo anno di regno con il beneplacito cesariano, dei nemici per palese istigazione di gente interessata all'arricchimento della vita politica e al rovesciamento dello Stato Sociale, aizzati forse  da tribù ribelli confinanti, lo uccisero barbaramente senza processo.
Il fatto venne riferito a Cesare: questi, temendo che quella popolazione in cui molti erano implicati nel regicidio si votasse alla ribellione totale ed incontrollata, decise di trasferire immediatamente Lucio Munazio con le sue legioni  staziate nel Belgio, come sopra enunciato, nella terra dei Carnuti  per passarvi l'inverno, incaricandolo di catturare e mandare a morte coloro che avevano tramato l'uccisione del fido regnante; tuttavia, dalle fonti, non si è tramandato cosa realmente fece Planco quale giudice di questo popolo.
Ciò che avvenne subito dopo la sua partenza per un altro fronte di guerra è un episodio tristemente noto: la situazione peggiorò drasticamente, provocando la cosiddetta “Ribellione dei Carnuti di Cenabum” nell'anno 700 dalla fondazione di Roma*(6), dove persero la vita tutti i mercanti e soldati romani presenti in città, per ritorsione gallica, generando la sollevazione di molte tribù che si raggrupparono intorno a Vercingetorix principe degli Arverni.
Con lo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo Magno, Planco si schierò a dalla parte del Dictator conscio sia del valore dei veterani che del grandioso genio militare del Divo Giulio.
Non sappiamo se attraversò il Rubicone o se, come si potrebbe ipotizzare, rimase a difesa della neonata provincia della Gallia Comata, incarico che gli fu affidato ufficialmente dal Senato nel 45 a.C. e riconfermato nell'anno successivo.
Planco fu coinvolto con l'esercito nell'anno 49 a.C. nei pressi del fiume Segre*(7), negli attuali Pirenei Orientali, in uno scrontro contro i pompeiani capeggiati da Marco Petreio e Lucio Afranio.
Al comando di quattro Legioni di cesariani via era Caio Fabio che aveva fatto costruire due ponti distanti 4000 passi, equivalenti a circa 3km, lungo il fiume Segre: ultimati i lavori di messa in opera dei ponti, Fabio fece madare avanti in perlustrazione due legioni capeggiate da Planco. Ad un tratto il secondo ponte fu improvvisamenente interrotto dalla violenza del vento e delle acque ingrossate del fiume, cosi una parte della cavalleria rimase tagliata fuori: la fanteria dell'avanguardia legionaria, trovatasi in difficoltà, venne immediatamente attaccata dai generali pompeiani.
Planco, costretto dalla situazione, occupò un altura e dispose le proprie truppe su 2 fronti opposti per evitare di essere circondato dalla cavalleria riuscendo, pur scontrandosi con forze numericamente superiori, a sostenere gli impetuosi assalti dei nemici: dopo il primo assalto, si  scorsero da lontano le due insegne delle legioni di Fabio.
All'arrivo dell'esercito soccoritore i pompeiani si ritirarono nel proprio accampamento, in preda al panico e alla paura che stesse arrivando Cesare in persona con tutti i suoi soldati.
Queste schermaglie furono soltanto l'inizio della poco onorevole disfatta di Lerida, che fece capitolare brevemente e con disonore le truppe pompeiane distaccate in Hispania, un tempo imprendibile roccaforte del Magno Pompeo.


Illustrazione della battaglia di Lerida.

Dopo la morte di Pompeo in Egitto, assassinato a tradimento da Tolomeo, nel 46 Planco seguì Cesare nell'Africa Romana per debellare la resistenza del nutrito esercito dei pompeiani, capeggiati dall'indomito Sesto Pompeo, figlio di Gneo.


Le cronache ci narrano dell'opera pacificatrice di Planco per cercare di indurre alla defezione, tramite una lettera che non andò a buon fine, il pompeiano Considio, il quale occupava Hadrumentum nell'attuale Tunisia. A Roma, nello stesso anno tra novembre e ottobre, venne designato, su pressione del Dictator anche se in sua assenza, Praefectus Urbis cittadino con ruolo predominate su Caio Clovio, suo collega nella prefettura.
A riprova di ciò nell'Urbe si coniò una moneta aurea dove al dritto compare il mezzo busto della Dea Vittoria*(8) con la scritta C CAES DIC TER, mentre al rovescio vi è un'anfora al centro con ai due lati il nome L. PLANC PRAEF. VRB.

Aureo di Lucio Munanzio Planco, circa 46 a.C.



Pianta della Provincia Romana della Gallia Comata.

Decaduta la carica prefettizia, di durata annuale*(9), nel 45 fu nominato pretore e, nell'ottobre dello stesso anno fu nominato governatore della Gallia Chiomata, o Comata, per la prima volta. Fu tuttavia alle Idi di marzo del 44 che gli scenari politici cambiarono drasticamente e gli effetti si ripercossero anche nella vita di Planco.

Approfondimenti

*(1) Il cosiddetto Generale Tiburtino, sito nel Museo di Palazzo Massimo alle Terme di Diocleziano in Roma.
*(2) Provvedimento del tribuno della plebe Publio Vatinio, che concedeva a Cesare il comando di tre Legioni e delle suddette province dal 59 al 54 a.C.
*(3) Appannaggio esclusivo della classe senatoria, in carica un anno; grazie a Giulio Cesare i Legati erano posti a comando di una o più Legione a sostituzione dei Consoli.
*(4) Tristemente noto nella storia come uno dei Cesaricidi, ma all'epoca fedele e devoto comandante agli ordini di Cesare.
*(5) Giulio Cesare, che si vantava di discendere attraverso la sua Gens da Jolo o Ascanio, primo Re di Alba e figlio del mitico Enea, progenie di Venere e di Anchise.
*(6) 53 a.C.
*(7) Dipartimento dei Pyrénées-Orientales, tra il sud della Francia e il nord della Spagna.
*(8) Di molto rassomigliante alla moglie di Cesare, Calpurnia.
*(9) Voluta dalla riforma cesariana.


Fonti bibliografiche:

-G.G.Cesare: De Bello Gallico, libro V, 24.
-G.G.Cesare :De Bello Civilii, libro I, 40.
-V.Petercolo : Storia Romana, libro II, 63.
-Appiano di Alessandria : Storia Romana, libro III, 46, 74, 81, 97.