Elmo
gladiatorio da parata in bronzo, tipologia Thraex, Ludus
Gladiatorius di Pompei,
I secolo dell'era cristiana.
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Dies Ludi
L'annunciazione
dell'indizione dei giochi gladiatori da parte dell'Editor
(nel periodo imperiale, in Roma, era l'Imperatore stesso, con i
combattenti alle dipendenze della scuderia imperiale chiamati
Imperiales
o
Fiscales
inizialmente noti come Iuliani
poiché
appartenenti alla Familia
fondata
a Capua
da
Giulio
Cesare
nell'anno 49
e
in seguito conosciuti anche come Neroniani;
nelle Province i ludi
erano
solitamente indetti da magistrati di elevato rango) iniziava con
un'intensa attività di pubblicizzazione attraverso l'uso dei Libella
Munerarii,
antesignani dei nostri volantini; seguiva la Pompa,
una sfarzosa parata preannunciante i ludi
nella
quale sfilavano i combattenti e si faceva largo uso della musica
(aspetto sul quale torneremo a breve). Una classica giornata dedicata
ai
munera
gladiatorii iniziava
la mattina, con i Ludi
Matutini dedicati
alle Venationes
tra uomini e bestie, giochi circensi con animali ammaestrati o belve
esotiche aizzate in combattimento le une contro le altre. Altra forma
d'intrattenimento era le lusiones,
spettacoli di lotta simulati e utilizzanti le lusoria,
armi da allenamento del tutto inoffensive. Le ore prandiali erano
dedicate alle esecuzioni capitali e ai supplizi di coloro i quali si
erano macchiati di reati particolarmente gravi, osceni e infanganti
la propria condizione morale oltre che giuridica, gli humiliores;
le metodologie più in voga comprendevano la già poc'anzi discussa
Damnatio
ad Bestias, varie
tipologie di torture (crocifissione, rogo) oppure i criminali
venivano scelti come Naumachiarii
e destinati a combattere delle Naumachie
(*5).
Erano queste solitamente organizzate in laghi artificiali
appositamente preposti, come in occasione dell'inaugurazione del
tempio di Mars
Ultor nell'anno
2
a.C. quando l'Imperatore Augusto
fece scavare un bacino artificiale collocato sulla riva destra del
fiume Tevere, lungo 536
metri e largo
358,
alimentato dall'Aqua
Alsietina
e avente al centro un'isoletta; sembra però che tali manifestazioni
si svolsero anche all'interno dell'Anfiteatro
Flavio
soprattutto in occasione dei 100
giorni celebranti l'inaugurazione della struttura, con esibizioni di
nuoto sincronizzato e coreografie in costume. Il pomeriggio, la parte
della giornata prediletta dai romani, i ludi
raggiungevano il loro climax
poichè
iniziavano gli scontri tra gladiatori, i beniamini del pubblico: un
munus
così
strutturato, con triplice intrattenimento comprendente venationes,
supplizi e combattimenti era denominato munus
iustum atque legitimum.
Prima delle battaglie tra le varie classi di combattenti entravano in
scena i paegnarii,
equiparabili a buffoni e giocolieri; veniva dunque il turno del
Praeco,
l'araldo, il cui compito era annunciare con grande enfasi i
gladiatori sulla scena e di decantarne le gesta compiute sul sacro
suolo dell'arena: al Signum
Pugnae pronunciato
dall'Editor,
si dava inizio alle lotte. Contestualmente, per riparare gli
spettatori da pioggia o sole troppo intenso veniva azionato il
Velarium,
il tendone di copertura nelle arene, e si realizzavano le sparsiones,
la vaporizzazione di essenze profumate quali lo zafferano; note anche
le missilia,
ovverosia lanci di cibo o piccoli doni verso gli spettatori.
Gli
arbitri preposti al controllo della regolarità degli scontri erano
la Summa
e Secunda
Rudis,
dal nome della bacchetta lignea che impugnavano, e vestivano tuniche
bianche dalle maniche corte e ornate con bande rosse verticali; ad
essi si aggiungevano gli Incitatores,
inservienti che spronavano i guerrieri alla lotta. I momenti salienti
della battaglia erano accompagnati dalla musica prodotta da strumenti
quali la tuba,
lunga e dritta tromba, il lituus,
la tromba ricurva, la tibia,
il flauto, il cornus,
il corno con impugnatura ricurva e l'hydraulis,
l'organo ad acqua: dal I
secolo dell'era cristiana, l'utilizzo di tale strumento fu segno
palese della "desacralizzazione” dei ludi, essendo
quest'ultimo estraneo agli strumenti musicali militari. Il pubblico
partecipava con profonda animosità e passione alle lotte urlando il
proprio giubilo, sventolando fazzoletti chiamati Oraria,
o con esclamazioni quali “Verbera!”
(Picchia!),
“Iugula!”
(Sgozza!)
e “Ure!”
(“Brucia!”),
mentre la frase con la quale si sottolineava la conclusione di uno
scontro era “Habet,
Hoc
Habet!”
(E'
giù, ce l'ha in pugno!”):
i ludi
gladiatorii
tra la tarda repubblica e il primo impero furono meno sanguinosi ma
divennero via via più cruenti nella tarda antichità.
Lo spirito con
il quale si partecipava e sosteneva i propri idoli non era dissimile
da ciò che possiamo osservare al giorno d'oggi tra i tifosi delle
squadre di calcio, con la medesima animosità e medesimi epiloghi:
nell'anno 59
dell'era
cristiana a Pompei
si scatenò una rissa terrificante tra pompeiani e nocerini tale da
esser ricordata nelle fonti e da necessitare provvedimenti punitivi
ad
hoc (*6).
I risultati delle mischie erano comunicati su tabelloni riportanti le
diciture P
=
Periit
"Morì"/ Θ,
Theta
Nigrum
--> Thanón
"Morto" / M,
Missus
"graziato"/ V,
Vicit
"vinse";
le varie porte dell'arena possedevano altresì una funzione specifica
e ben delineata. La Sanavivaria
era
destinata a coloro i quali avevano ottenuto la missio
al
termine della pugna, la Triumphalis
era
la porta d'uscita per i vincitori mentre la Libitinensis
era la porta dalla quale uscivano i gladiatori morti trascinati via
da inservienti mascherati da
Caronte
o Mercurio
e
così chiamata in onore di Libitina,
divinità della morte e dei funerali. Il termine “arena”,
utilizzato per identificare le strutture riconducibili alla tipologia
di “anfiteatro”,
derivò dal tipo di materiale in uso per coprire la porzione
centrale dell'edificio ove avvenivano i combattimenti: l'harena
era
una sabbia a grana fine, di colore bianco/avorio e proveniente per lo
più dal deserto sahariano, la cui funzione principale era assorbire
e drenare il sangue di uomini e bestie uccisi durante le
manifestazioni ludiche. Tale sabbia era rinnovata durante tutto il
tempo entro il quale si svolgevano i combattimenti, un'intera
giornata, da una squadra di addetti preposti a tale compito,
denominati harenarii.
I gladiatori più titolati erano i Primi
Pali,
assimilabili alle odierne teste di serie e su di loro si
concentravano maggiormente le sponsiones,
le scommesse, con meccanismi in tutto e per tutto simili a quelli
moderni; a fianco dell'elitè gladiatoria vi erano parimenti i
Suppositicii,
le riserve, pronte a subentrare in caso di necessità o emergenze.
Contrariamente a quanto si vede in rappresentazioni più di fantasia
che reali, i gladiatori combattevano solitamente a piedi scalzi per
avere una miglior presa sulla sabbia dell'arena. In ultima analisi,
sfatiamo il mito del pollice verso utilizzato per condannare un
gladiatore sconfitto: tale gesto, e la sua interpretazione, deriva
prevalentemente dal dipinto "Pollice
verso"
di Jean-Leon
Gerome del
1782
e da interpretazioni piuttosto difficoltose di alcuni passi di
Marziale
e Prudenzio.
E' verosimile affermare che tale gestualità non esistette ma, al
contrario, dovesse essere il pollice puntante verso l'alto o disposto
orizzontalmente, il pollex
versus,
a decretare la morte per un gladiatore sconfitto, rappresentando la
lama sguainata; il gesto con il quale gli veniva risparmiata la vita
era il pollice stretto nel pugno chiuso, a simboleggiare la spada nel
fodero. Ricordiamo inoltre che le mattanze di gladiatori su richiesta
del pubblico o dell'Imperatore sono invenzioni tarde di matrice
cattolica, volte a dipingere con tratti crudeli e disumani il pagano
popolo romano e i loro giochi sanguinari.
Le varie tipologie di Gladiatori
Provocator: pungolava e provocava l'avversario alla lotta, esattamente come i soldati regolari che aizzavano il nemico a rompere le righe prima di una battaglia. Era armato di gladius, elmo da legionario rinforzato da protezioni per il viso, un grande scudo trapezoidale curvo, rinforzi sul braccio armato e l'ocrea sulla gamba sinistra.
Mirmillo, il Mirmillone: così chiamati per l'elmo ittiomorfo avente il lophos sormontato dalla Myrma, sono la naturale evoluzione dei galli. Si proteggeva dietro il grande scudo rettangolare con spina centrale, ocrea alla gamba sinistra e manica al braccio destro, dando l'impressione di una vera e propria fortezza. La galea (l'elmo) era a larga tesa copriva capo e volto; brandiva come arma il gladius. Il Mirmillo era solito combattere contro il Thraex, l'Oplomachus, altri Mirmillones e contro il Retiarius formando la coppia "pescatore-pesce" molto gradita al pubblico: fino alla comparsa del Secutor era infatti l'avversario designato del "pescatore dell'arena".
Equites, i cavalieri. Furono raramente rappresentati e dunque soffrono di labile identificazione. Si ritiene che combattessero prima a cavallo e poi appiedati contro altri cavalieri, protetti da elmo emisferico a visiera, di metallo o cuoio, piccolo scudo tondo e fasce per le gambe. Loro armi di offesa la dory e la spatha, la lunga spada di taglio tipica della cavalleria. Dopo che aver assistito alla sfilata delle insegne militari gli Equites erano primi a combattere, provenienti uno da oriente e l'altro da occidente.
Velites: ancor più rari, armati di giavellotto. Come gli equites, erano mutuati dal mondo militare
Sagittarii: arcieri, armati di arco, frecce e manica, combatterono con altri arcieri in arene allestite come boschi o selve, riprendendo un tema caro alle venationes.
Laqueator: armato alla leggera, dallo stile furbo più che possente, perciò simile al reziario; era munito di Laqueus, un lungo laccio utilizzato per atterrare l'avversario. Indossava solo il Galerus sulla spalla sinistra.
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In
ultima analisi, tratteremo delle varie tipologie di gladiatori, le
loro classi e le evoluzioni che subirono nel corso del tempo,
riportando le categorie più conosciute.
Samnes,
il Sannita: erano armati pesantemente, scudo allungato con spina
centrale , elmo con visiera e gladius. Indossavano
subligaculum e balteus e manica al braccio
destro. Scomparvero in età augustea.
Gallus:
scomparve in età tardo repubblicana, sostituito dal Mirmillo dal
grande scutum rettangolare. Armato pesantemente con elmo,
scudo in legno allungato e una grande spada in ferro a doppio taglio.
Thraex,
il Trace: comparve in età sillana quando ai tempi di Mitridate,
Re del Ponto, i romani furono attaccati da mercenari traci. Questo
gladiatore indossava il subligaculum, alti cnemides
metallici sopra il ginocchio, elmo con larga tesa sormontato da
lophos sagomato in forma di grifone, braccio destro protetto
dalla manica e la Parma ( piccolo scudo rotondo o
rettangolare) al sinistro; come arma era solito usare la Sica,
una sorta di corta lama ricurva (da cui derivò poi il termine
"sicario", sinonimo di assassino). I suoi avversari
prediletti erano l'Oplomachus e il Mirmillo. Si affermò
come buona classe gladiatoria e restò in auge per tutta l'età
imperiale.
Retiarius,
il "portatore di rete": indossava il perizoma con balteus
ed era senza elmo, casco o armatura, unico gladiatore pervenutoci a
capo scoperto. Il suo strumento di difesa era il Galerus,
piastra o spallaccio metallico che copriva il collo e la spalla
sinistra, per parare i colpi dal lato scoperto ossia dove manovrava
la rete. Spesso indossavano la manica. Le armi che li
contraddistinguevano erano la Fuscina, il tridente, lo
Iaculum, la grande rete dotata di pesi e dal diametro di circa
tre metri, e un corto pugnale, il Pugio; la rete era legata
con una cordicella per facilitarne il recupero e veniva scagliata in
senso antiorario rispetto alla mano portante, onde evitare
d'inciampare nel proprio strumento. Suoi avversari designati furono
il Secutor e
il Mirmillo
che porta recava sull'elmo un lophos metallico
modellato in forma di pesce .
Secutor:
inseguitore, solitamente a corpo nudo. Armato pesantemente, indossava
sul capo un grande elmo con calotta liscia e senza cimiero onde
evitare di fornire appigli, con tesa prolungata fino a proteggere
collo e spalle. Rientrava nella categoria dei gladiatori scudati e
probabilmente derivò dal Mirmillo, divenendo una sua
evoluzione specializzata solo nella lotta contro il Retiarius.
Brandiva il gladius, il grande scudo allungato stondato
nella sua estremità superiore e un gambale sull'arto sinistro,
l'ocrea. Denominato Secutor dall'età di Caligola,
detto anche Contraretiarius per la sua tattica d'incalzare il
Retiarius. Il suo nome significa "Colui che insegue"
e tale dettaglio di chiarisce su quale dovesse essere il suo modus
pugnandi.
Provocator: pungolava e provocava l'avversario alla lotta, esattamente come i soldati regolari che aizzavano il nemico a rompere le righe prima di una battaglia. Era armato di gladius, elmo da legionario rinforzato da protezioni per il viso, un grande scudo trapezoidale curvo, rinforzi sul braccio armato e l'ocrea sulla gamba sinistra.
Mirmillo, il Mirmillone: così chiamati per l'elmo ittiomorfo avente il lophos sormontato dalla Myrma, sono la naturale evoluzione dei galli. Si proteggeva dietro il grande scudo rettangolare con spina centrale, ocrea alla gamba sinistra e manica al braccio destro, dando l'impressione di una vera e propria fortezza. La galea (l'elmo) era a larga tesa copriva capo e volto; brandiva come arma il gladius. Il Mirmillo era solito combattere contro il Thraex, l'Oplomachus, altri Mirmillones e contro il Retiarius formando la coppia "pescatore-pesce" molto gradita al pubblico: fino alla comparsa del Secutor era infatti l'avversario designato del "pescatore dell'arena".
Oplomachus:
era colui che combatteva imbracciando il grande scudo cavo,
l'ellenico ὅπλον-òplon.
Pesantemente armato, con elmo imponente a larga tesa, alto cimiero e
vistosa celata che nascondeva il viso. Imbracciava il grande scudo
rotondo (1 m di diametro) e brandiva il gladius
oppure la dory,
la lunga lancia.
A protezione del corpo indossava cnemides,
cosciali costituiti da strisce di cuoio e manica
di
cuoio rinforzata per proteggersi dai colpi avversari.
Questo tipo di gladiatore esisteva già in età repubblicana e i suoi
avversari designati erano solitamente il Mirmillo
e
il Thraex.
Essedarii:
erano gladiatori che pugnavano sui carri di origine celtica, le
essedæ-essedum, alla maniera dei Celtobritanni.
Erano tendenzialmente contrapposti a loro simili per ovvie ragioni di
equilibrio nella battaglia. Comparve durante principato di Claudio,
vittorioso conquistatore della Britannia.
Crupellarius:
una vera e proprio fortezza su due gambe, corazzato in modo superbo e
dunque più adatto alla difesa che all'attacco. Tacito ne dette una
precisa descrizione specificandone le origini(*7), annotando
come i legionari romani dovettero abbatterli a colpi di scure e
piccone.
Equites, i cavalieri. Furono raramente rappresentati e dunque soffrono di labile identificazione. Si ritiene che combattessero prima a cavallo e poi appiedati contro altri cavalieri, protetti da elmo emisferico a visiera, di metallo o cuoio, piccolo scudo tondo e fasce per le gambe. Loro armi di offesa la dory e la spatha, la lunga spada di taglio tipica della cavalleria. Dopo che aver assistito alla sfilata delle insegne militari gli Equites erano primi a combattere, provenienti uno da oriente e l'altro da occidente.
Velites: ancor più rari, armati di giavellotto. Come gli equites, erano mutuati dal mondo militare
Sagittarii: arcieri, armati di arco, frecce e manica, combatterono con altri arcieri in arene allestite come boschi o selve, riprendendo un tema caro alle venationes.
Dimacherus:
gladiatore specializzato nel combattimento con due spade corte, i
macharai.
La scarsità delle fonti disponibili ha causato aspre discordanze sul
tipo di equipaggiamento indossato: lorica
hamata o
manicae di
cuoio o maglia, elmo avvolgente e arti inferiori protetti da gambali.
Laqueator: armato alla leggera, dallo stile furbo più che possente, perciò simile al reziario; era munito di Laqueus, un lungo laccio utilizzato per atterrare l'avversario. Indossava solo il Galerus sulla spalla sinistra.
Scaevae:
erano i gladiatori mancini, amati dal pubblico per il loro stile
imprevedibile e la loro scherma particolare; rivestivano
un'importanza tale che, nell'arena, venivano menzionati a parte
(l'Imperatore Commodo soleva combattere come Secutor Scaeva).
Una battaglia tra due gladiatori mancini era chiamata pugna
scaevata.
Tunicati:
effeminati e sleali, disprezzati dal pubblico, indossanti una lunga
tunica fino al ginocchio.
Approfondimenti
(*5)
Sembra
che la prima Naumachia
della
storia romana fu organizzata da Giulio
Cesare
in occasione del suo quadruplice trionfo nell'anno 46,
realizzando uno spazio artificiale colmato con 100 imbarcazioni nei
pressi del Campo
Marzio
nei territori oltre il Tevere denominati codete,
così chiamati per i virgulti in forma di coda equina che vi
crescevano.
(*6)
Come
testimoniato superbamente dall'affresco attualmente custodito al
museo
Archeologico Nazionale di Napoli,
nell'anno 59
dell'era cristiana deflagrò una rissa terribile tra pompeiani e
nocerini. Tacito, nei suoi Annales
(XIV,
17),
racconta come in occasione dei ludi
tenutisi
presso l'anfiteatro di Pompei
ci furono inizialmente screzi tra gli abitanti di Pompei
e
quelli di Nucera
Alfaterna a
causa della deduzione a colonia di quest'ultima ai danni della prima,
avvenuta due anni prima, la quale aveva così perduto parte del suo
vasto terreno agricolo. Durante lo svolgimento dei munera
si
passò dalle ingiurie alla sassaiola, per finire con con le armi:
“...sulle
gradinate sono passati dagli insulti alle vie di fatto. Prima c'è
stata una sassaiola e poi si sono accoltellati. I pompeiani hanno
avuto la meglio. Molti nocerini sono tornati a casa mutilati di
ferite in più parti del corpo. Ci sono stati anche dei morti...”
La
vicenda, ovviamente, ebbe ampia cassa di risonanza e giunse sino
all'Imperatore Nerone
il quale, assieme al Senato, legislò la chiusura dell'anfiteatro di
Pompei per 10
anni
(poi ridotti a 2 forse per l'intercessione di Poppea),
lo scioglimento dei collegia
e
l'esilio per l'Editor
dei giochi, il senatore Livineius
Regolus,
e i sobillatori della rissa.
Affresco
proveniente dalla cosiddetta Casa della Rissa
nell'Anfiteatro rappresentante la zuffa tra Pompeiani e
Nocerini,
I secolo dell'era cristiana, Museo Archeologico Nazionale
di Napoli.
|
(*7)
Nell'anno
21
dell'era cristiana vi fu in Gallia
una rivolta capeggiata dai galloromani Iulius
Florus
principe della tribù dei Treveri
e Iulius
Sacrovir,
quest'ultimo principe della tribù degli Edui.
In aggiunta alla canonica milizia gallica contro le legioni romane di
Iulius
Indus
vennero utilizzati dei guerrieri gladiatori bardati da corazze
complete così resistenti da opporre solida difesa contro i colpi di
spada e lancia. I soldati romani, dunque, quasi dovessero demolire un
muro, li annientarono ricorrendo a picconi e asce. I Crupellarii,
una volta a terra, furono impossibilitati a muoversi dato l'eccessivo
peso delle armature che li proteggeva.
Fonti bibliografiche:
-“Atti&Memorie
della Società Tiburtina”, M.
C. Leotta, 1993-1997-1998-1999;
-”Atti&Memorie
della Società Tiburtina”,
Riccardo Frontoni, 1997, pp.121-135 e tavv. XXV e XXXIX
-”Satyricon”,
Petronius, 117;
-Epistulae
morales ad Lucilium”, Lucio
Anneo Seneca
-Corpus
Inscriptionum Latinarum I, 590
82593
45, 46, 81 594 80
-"Morte
nell'Arena. Storia e leggenda dei gladiatori",
Federica Guidi, Mondadori editore, 2009
-"Naturalis
Historia",
Plinio il Vecchio
-"La
Vita Quotidiana a Roma",
Jerome Carcopino, Universale Laterza, 1971
-"V.
Maximi Factorum et Dictorum Memorabilium",
Valerio
Massimo,
II, 3, 2
-"Historiae",
Publio Cornelio Tacito, II,
88, 2-3
-"Saturae",
Decimo Giunio Giovenale, III 35.37, XI, 20
-”Romaikà”,
Cassio Dione
-”De
Vita caesarum”,
Gaio Svetonio Tranquillo
-Epigrammaton
Libri XII”,
Marco Valerio Marziale
-”Silvae”,
Publio Papinio Stazio