A cura di Christian Doddi e del dott. Giovanni Di Braccio.
I 5 Baiocchi tiburtini. |
La disciplina scientifica che studia le monete è nota come Numismatica: questo termine affonda le sue radici nella parola greca νόμισμα da cui deriva a sua volta la parola latina numisma. A tutt'oggi lo studio della numismatica tiburtina ha portato a interrogarci sul conio esclusivo dei baiocchi pontifici e sull'eventuale stampa di altri tipi di tagli monetari. La zecca di Tivoli fu autorizzata alla coniazione delle sole monete in rame, con chirografo (documento di attestazione) del 20 giugno 1795: l’appalto papale per la realizzazione dei coni fu affidato a Luigi Severi e Carlo Sartori. I 5 Baiocchi, detti Madonnina per l’immagine della stessa riprodotta con la scritta Sancta Dei Genitrix al dritto, sono l’unica moneta giunta sino a noi coniata dalla zecca di Tivoli: fu emessa per un totale di 28.700 scudi, pari a circa 574 mila pezzi coniati. A seguito dell’ordine generale di chiusura delle zecche, nel novembre 1797, stando ai documenti di restituzione, vennero consegnati “18 conii per Madonne, 2 cilindri con 6 incisioni per Madonne inservibili, 2 per mezzi bajocchi con 9 incisioni logori, nonché cilindri per S. Pietrini e conii del mezzo bajocco e del quattrino nuovi” a testimonianza della monetazione varia che, pur non essendo giunta fino a noi, veniva battuta nella Zecca tiburtina. A seguito dell’avvento della Repubblica Romana, il 23 giugno 1798, venne stipulato un nuovo contratto con Luigi Severi e la zecca riprese le coniazioni; tuttavia a causa della gestione poco corretta dello stesso Severi che produsse monete in proprio e utilizzò anche coni di altre zecche, ad esempio i coni della zecca di Macerata, il giorno 1 agosto 1798 il ministro delle Finanze dispose la definitiva chiusura dell’officina tiburtina. L’operatività della zecca di Tivoli durò dal 1775 al 1799 sotto lo Stato Pontificio del Papa Pio VI, al secolo Giovannangelo Braschi, zio del Duca Luigi Onesti Braschi proprietario dell’omonima Villa Braschi in Tivoli. L’incisore della moneta, firmato TM, pare essere il famoso Tommaso Mercandetti (1758-1821) che iniziò la sua carriera da medagliere a Cremona con il celebre ritratto di Alfeno Varo. Documenti custoditi nell’archivio di Stato a Roma, hanno dimostrato che nel breve periodo della Repubblica Romana, la città tiburtina coniò anche i cosiddetti “alberelli” da 2 baiocchi, però battuti solo come pezzi pontifici e quindi privi della scritta “Tivoli”.
Risalendo a tempi più antichi, si
deve ricordare che Tibur era una delle comunità più influenti della Lega
Latina e aveva una sua monetazione. Inizialmente, per scambi commerciali, i
popoli del Lazio Antico utilizzavano blocchi di varie dimensioni e forme
in bronzo. I sopracitati, ovvero gli Aes Rude (Bronzo Irregolare),
vengono considerati come una proto-monetazione, sebbene non abbiano né la forma
né i caratteri tipici delle monete convenzionali. Successivamente, per ridurre
le operazioni di pesatura, s'iniziarono ad usare pezzi di forma più regolare,
aggiungendo dei "caratteri" o "segni" che potessero
indicarne il valore: fu introdotto così, nell'uso comune, il cosiddetto Aes
Signatum (Bronzo Segnato). In genere si tratta di oggetti in bronzo
o piombo, dalla forma parallelepipeda od ovoidale, con varie "impronte"
su uno o entrambi i lati; si ritiene
ipoteticamente che l'Aes Signatum fosse "coniato" da privati e
non dallo Stato. Solo intorno al V-IV secolo a.C. si iniziò a emettere
l’Aes Grave (Bronzo Pesante), monetazione vera e propria
suddivisa in Asse, Semisse (1/2 asse), Triente (1/3 asse),
Quadrante (1/4 asse), Sestante (1/6 asse) e Oncia (1/12 di asse).
Attualmente a Tibur viene attribuita la sola serie di monetazione onciale dell’Ercole: le ragioni dell'assegnazione di questa serie monetale sono il preponderante culto eracleo e il sistema onciale; non venivano coniati però Assi, Semissi e Trienti. L’ipotesi della coniazione non può esser però supportata dai soli ritrovamenti delle monete, che seppur molteplici, non dimostrano la produzione locale. Durante la tarda Repubblica, Tibur non stampò monete ma alcuni dei suoi cittadini prestigiosi ebbero l’onore di avere coni dedicati a loro: Lucio Munazio Planco, suo fratello Plautio Planco, adottato dalla gens Plautia, e Caio Coponio (Per ulteriori approfondimenti su Munazio Planco,è possibile consultare articoli a cura del Dott. Giovanni di Braccio sul sito www.archeotibur.org.). Al Generale Tiburtino, veterano di Cesare, vennero dedicate una serie di monete, in particolare l’aureo di Cesare del 45/46 a.C. riportante il busto della Vittoria Alata, il praefericulum (anfora usata durante le libagioni sacrificali) e le scritte G CAES DIC TER–L PLANC PR URB. ovverosia “Giulio Cesare Dictator–Lucio Planco Praefectus Urbi”; inoltre, per Planco, venne coniata moneta d’argento, un denario, su zecca itinerante nel 30 a.C. per Marco Antonio: la moneta porta il lituo e praefericulum su fronte, caduceo, folgore e praefericulum sul retro.
Attualmente a Tibur viene attribuita la sola serie di monetazione onciale dell’Ercole: le ragioni dell'assegnazione di questa serie monetale sono il preponderante culto eracleo e il sistema onciale; non venivano coniati però Assi, Semissi e Trienti. L’ipotesi della coniazione non può esser però supportata dai soli ritrovamenti delle monete, che seppur molteplici, non dimostrano la produzione locale. Durante la tarda Repubblica, Tibur non stampò monete ma alcuni dei suoi cittadini prestigiosi ebbero l’onore di avere coni dedicati a loro: Lucio Munazio Planco, suo fratello Plautio Planco, adottato dalla gens Plautia, e Caio Coponio (Per ulteriori approfondimenti su Munazio Planco,è possibile consultare articoli a cura del Dott. Giovanni di Braccio sul sito www.archeotibur.org.). Al Generale Tiburtino, veterano di Cesare, vennero dedicate una serie di monete, in particolare l’aureo di Cesare del 45/46 a.C. riportante il busto della Vittoria Alata, il praefericulum (anfora usata durante le libagioni sacrificali) e le scritte G CAES DIC TER–L PLANC PR URB. ovverosia “Giulio Cesare Dictator–Lucio Planco Praefectus Urbi”; inoltre, per Planco, venne coniata moneta d’argento, un denario, su zecca itinerante nel 30 a.C. per Marco Antonio: la moneta porta il lituo e praefericulum su fronte, caduceo, folgore e praefericulum sul retro.
Aureo di Giulio Cesare, Lucio Munazio Planco, 46/45 a.C. |
Denario di Marco Antonio, con Lucio Munazio Planco, 30 a.C. |
Al fratello Plautio Planco
venne dedicata una moneta di fattura straordinaria, un denario
rappresentante la Gorgone e la Nike: venne coniata dalla zecca al
seguito di Giulio Cesare tra il 48 e il 47 a.C. a circa
quattro anni dalla presa di Alesia e la conquista delle Gallie. A Caio
Coponio, illustre cittadino tiburtino, prefetto sotto Pompeo Magno,
comandante della flotta della Caria e di Rodi, le cui radici
familiari si fondano fino al principe argivo Capaneo, venne dedicata
moneta insieme a Sicinio. Il conio d’argento rappresenta, dal lato di Coponio,
la clava di Ercole e la Leontè (non c’è da stupirsi se si pensa
al forte culto d’Ercole presso Tibur) e la testa di Apollo nel
verso di Sicinio; la moneta fu coniata tra il 50 e il 49 a.C.
2013, 5 Euro d'argento. |
Cinque euro argento retro. |
Dopo una carrellata di siffatte emissioni monetarie
antiche ci soffermiamo sulla coniazione di Euro- Monete di scarsissima
circolazione, utilizzate per lo più tra collezionisti e come doni tra i vari
Capi di Stato: analizziamo, in questo caso, le 5 Euro d’argento del 2013.
Esse riproducono al diritto la celeberrima scena del “Mosaico delle Colombe”
rinvenuto nel 1737 all’interno della Villa di Publio Elio Adriano
Augusto, nel complesso architettonico detto “dell'Accademia”, e
collocato attualmente ai Musei Capitolini nella cosiddetta Sala delle
Colombe. Al dritto, incorniciato per metà dalla scritta REPUBBLICA
ITALIANA e al di sotto dell'immagine delle colombe, vi è la
rappresentazione di un capitello ionico anch'esso rinvenuto nella residenza
adrianea, fiancheggiato dei mosaici stilizzati romboidali probabilmente
ispirati alle variopinte pavimentazioni in marmo policromo della Villa. Al
rovescio compare in alto la scritta VILLA ADRIANA, con la data di
coniazione del 2013, il valore monetale di 5 EURO, nel basso la
scritta TIVOLI mentre tra di loro spicca la rappresentazione stilizzata del
cosiddetto Teatro Marittimo, straordinaria struttura architettonica
anch'essa facente parte della Villa di Adriano a Tivoli. L’ultima moneta che rappresenta il nostro
territorio è quella afferente ai 10 € in oro 900, il cui peso è
di 3 grammi con diametro di 13,58 mm, coniata nel mese di marzo
2017. La suddetta commemora i 1900 anni dalla proclamazione dell’Imperatore
Publio Elio Adriano, avvenuta l'11 agosto del 117 d.C., quando
quest'ultimo si trovava in Oriente impegnato in aazioni militari. Al dritto
presenta l’immagine dell’Imperatore ripresa dal busto marmoreo, attualmente
custodito agli Uffizi di Firenze, con corazza imperiale appena accennata
e toga, recante la scritta “Repubblica Italiana”.
Per il rovescio, come nei 5€ d’argento, è
stato scelto come scenario una struttura della sua famosa villa tiburtina
ovvero il cosiddetto tempio di Aphrodite Cnidia, Tholos dorica in
marmo bianco.
Presenta la scritta in latino Hadrianus Augustus, l’anno di conio 2017 al centro della moneta e il valore nominale di 10 Euro.
Presenta la scritta in latino Hadrianus Augustus, l’anno di conio 2017 al centro della moneta e il valore nominale di 10 Euro.
Fonti Bibliografiche:
-Fatti e misfatti nella zecca di Tivoli alla fine del 1700, Scerni Neri, Brossura ed. Mantova 1969;
-Storia di Tivoli, Franco Sciarretta, Tiburis Artistica 2003;
-Lucio Munazio Planco Storia e Monete, Antonio Morello, Edizioni Eva 1997;
-Monete Romane, Adriano Savio, Jouvence 2002;