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La Villa di Quintilio Varo

A cura di Christian Doddi, 

Poco fuori la città di Tivoli, presso il Santuario della Madonna di Quintiliolo, sorge la più grande villa, dopo quella dell’Imperatore Adriano, dell’antica Tibur. La straordinaria costruzione copre una superficie di circa 6 ettari e si articola su più livelli dalle poderose sostruzioni. Le indagini di Giovanni Maria Zappi, Fausto del Re e Athanasius Kircher portarono alla luce “pavimenti di pietre piccole di diversi colori, segate, e connesse insieme a guisa di musaico, di lavoro così eccellente, che Guido Ascanio Sforza Cardinale di Santa Fiora (1518-1564), ne fece trasportare gran quantità a Roma”, statue, fontane, colonne pregiate e alcune antiche monete, credute all’epoca medaglie, di argento appartenute alle famiglie consolari, cioè, di Cassio, di Crasso, di Fausto Latino, Pansa e di Censorino. Il Cardinal Montino, invece, commissionò scavi per quella magnifica e rara pietra, di cui tutt’ora si ignora l’antica cava, chiamata Breccia di Tivoli o Breccia Quintilina, estratta dal sito già dal Rinascimento per il suo pregio e la sua rarità. Viene descritta dal Corsi sul “Delle pietre antiche” del 1845, come la più bella breccia che si conosca tra quelle antiche, cromaticamente varia, con sfumature marroni, gialle, rosse, verdi, bianche e nere. Altre scoperte si fecero nel 1820 e furono riportate alla luce nuove statue, tra cui quelle meravigliose di Fauni, oggi custoditi ai Musei Vaticani. L’ubicazione della Villa può essere considerato il sito più bello in senso panoramico: vista su Roma, sulla campagna romana, sull’antica Tibur e sul Santuario di Ercole Vincitore.

Criptoportici della Villa di Quintilio Varo, Tivoli.


La dimora ha varie fasi costruttive, il segno più antico risale alla fine della Repubblica e il più recente circa al II sec. d.C. Nella prima fase costruttiva, caratterizzata da opus incertum, vennero innalzate le due platee rettangolari; nella seconda fase, in età imperiale, la villa viene ampliata con una tecnica costruttiva in opus mixtum. Si crede che la Villa fosse di proprietà di Quintilio Varo, detto Cremonese, poeta latino morto nel 24 a.C., per poi passare per eredità a Publio Quintilio Varo (47 a.C.–9 d.C.). Orazio scrive “Nullam, Vare, sacra vite prius severis arborem circa mite solum Tiburis et moenia Catili. siccis omnia nam dura deus proposuit neque mordaces aliter diffugiunt sollicitudine quis post vina gravem militiam aut pauperiem crepat?” che tradotto “Prima della vite sacra non piantare, Varo, alcun albero alle dolci pendici di Tivoli o intorno alle mura di Càtilo: agli astemi Bacco rende ogni cosa penosa e gli affanni che ti rodono non si dissolvono altrimenti. Chi dopo aver bevuto ha sulle labbra ancora i disagi della milizia o della povertà?”, quindi possiamo dedurre che il Poeta era in possesso di un terreno nei pressi di Tivoli. Essendo la zona alle pendici del monte Peschiavatore, al di fuori delle mura tiburtine e in un’area che già nel medioevo prendeva il nome di “Quintiliolo”, si può attribuire quasi certamente la Villa a Quintilio Varo.

Chi erano Quintilio Cremonese e Publio Quintilio Varo?

Su Quintilio Varo non abbiamo tantissime notizie. Sappiamo che Orazio scrive di lui nell’Epistola ai Pisoni (Le Opere, versi 438 e segg.) e che era proprietario di un terreno a Tivoli, probabilmente la Villa di Quintiliolo. A lui si attribuisce anche la città di Varia, oggi Vicovaro, anche se già esisteva un villaggio chiamato Vicus, che letteralmente significa “insediamento”. Il Poeta faceva parte del Circolo di Mecenate come i più conosciuti Virgilio, Orazio, Tito Livio e altri intellettuali dell’epoca.
Publio Quintilio Varo, invece, è uno dei personaggi più famosi del primo Impero per la disastrosa sconfitta nella foresta di Teutoburgo. Nato a Cremona tra il 46 e il 47 a.C., era figlio del Senatore Sesto Quintilio Varo, alleato di Pompeo Magno nella guerra civile contro Cesare. Dopo la sconfitta di Pompeo, Sesto Quintilio si allontanò da Roma e partecipò Battaglia di Filippi alleato con i Cesaricidi. Dopo la morte del padre, Publio Quintilio Varo nonostante le difficoltà dovute alla decadenza del prestigio della famiglia, a causa delle alleanze sbagliate di Sesto Quintilio, riuscì ad intraprendere una splendida carriera grazie all’amicizia con Augusto. Nel 14 a.C. prese in moglie la figlia di Marco Vipsanio Agrippa, spalla destra dell’Imperatore, Vipsania Marcella. Nel 13 a.C. raggiunse l’apice della carriera diventando Console insieme a Tiberio Claudio Nerone (secondo Imperatore). Ma come già detto, Varo fu ricordato per la grande disfatta di Teutoburgo dove le truppe delle coalizioni germaniche guidate da Arminio dei Cherusci che tradì Roma, sterminarono le tre Legioni (XVII, XVIII, XIX) nel 9 d.C. Varo morì nell’imboscata insieme a 20.000 legionari e il disastro fu talmente grave che tutt’oggi è famosa la frase dell’Imperatore Augusto "Quintili Vare, redde mihi legiones!" (Quintilio Varo, rendimi le mie legioni!).


Opere murarie di varia tipologia, Villa di Quintilio Varo, Tivoli.


Fonti Bibliografiche:

-”Delle Ville e de’ più notabli monumenti antichi della città e del territorio di Tivoli- Nuove ricerche di Stefano Cabral e Fausto Del Re- Dedicate all’Emo, e Rmo Principe il Signor Cardinale Gio: Battista Rezzonico” -Roma 1779;

-Cairoli Fulvio Giuliani, Forma Italiae, Regio I, Volumen VII, Tibur Pars Prima, Roma 1970;

-Publio Cornelio Tacito, Annales;

-Cassio Dione Cocceiano, Romaikà;




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