A cura del Dott. Giovanni Di Braccio e Dott. Stefano Del Priore.
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Vues d'Italie/Vue prise à Tivoli-Charles Philibert du Saillant, Comte de Lasterye-litografia, stampa su carta, Francia 1817-1818-British Museum, Londra, UK. |
Nel corso del IV
secolo dell'era cristiana iniziò una massiccia opera di rifacimento e
irrobustimento delle mura cittadine, con l'innalzamento di torri di guardia la
cui funzione era quella di fungere da strutture di avvistamento e difesa contro
eventuali attacchi esterni. La Torre in oggetto all'articolo è conosciuta come
la Torre di Santa Caterina e, forse già nel medioevo, essa assunse la funzione
di campanile del Monastero omonimo, occupato dall'ordine delle Clarisse;
attorno al secolo XVII si delineò
l'aspetto odierno, con meridiane e colombaie: il complesso si trova nell'area
dell'ex cartiera Parmegiani-Amicucci,
da lungo tempo dismessa e in precarie condizioni di conservazione. L'antichità
della struttura non può esser messo in dubbio, in quanto l'architettura trova
corrispondenze piuttosto precise con i restauri di epoca tarda effettuati sulla
linea delle mure Aureliane e l'opus
latericium mostra un aspetto che ben s'inserisce nel contesto di un periodo
tardo-antico: un paragone piuttosto probante lo si può effettuare osservando i
tratti della cinta difensiva di Aureliano restaurato all'epoca dall'Imperatore Onorio (Costantinopoli, 9 settembre 384-Ravenna, 15 agosto 424 d.C.) prima e dal
Generale Belisario (Germania, 500
d.C.-Costantinopoli, 565) poi. Le
mura svolsero a lungo la loro funzione difensiva e solo in età piuttosto tarda
vennero rafforzate da ulteriori, nuove, strutture: il restauro riguardò il versante
interno della Torre di Santa Caterina e il tratto orientato NO-SE per una lunghezza complessiva,
computando anche lo sviluppo relativo alla torre, di circa 63 metri; il
rifacimento venne eseguito ricoprendo l'antico impianto in opus quadratum, oramai vetusto e fatiscente, con un nuovo muro
spesso circa 1 metro in cortina laterizia elevando al contempo una torre
quadrata nel punto in cui le difese formavano un angolo di quasi 90°.
Essa è costituita da pianta quadrilatera
lievemente trapezoidale e subì molteplici adattamenti e rifacimenti tanto
interni quanto esterni: venne inglobata nel monastero di Santa Caterina,
ricoprendo con elevata probabilità la funzione di cella campanaria; presenta
tra aperture, odiernamente murate, verso i lati al di fuori modellate
specularmente sulla tipologia di quelle presenti nelle capitoline mura
Aureliane, con archetto di poco arretrato rispetto alle spallette. Una quarta
apertura si affacciava verso l'interno della fortificazione ma, allo stato
attuale di conservazione, risulta piuttosto difficile ipotizzare se dovesse
trattarsi di una finestra vera e propria o di una porta, così come appare
odiernamente. Analizzando le pareti poste tra l'attuale pavimento e il piano
antico è possibile supporre un ambiente voltato a botte avente orientamento NO-SE.
La struttura venne posta in loco
seguendo un preciso ed elevato senso strategico, dotata di finestre le quali si
affacciavano e difendevano vari e ampi tratti delle mura, dal corpo chiaramente
di non stampo classico ma non troppo dissimile da esso, si connette piuttosto
agilmente con la notizia fornitaci dal grande storico bizantino Procopio di Cesarea (Προκόπιος ὁ Καισαρεύς-Cesarea Marittima,
490 circa-Costantinopoli 565) circa la massiccia opera di
fortificazione eseguita da Sintue e Magno, nel 537, sotto preciso ordine del già menzionato Belisario: pochi anni dopo, precisamente nel 544, l'Ostrogoto Badùila meglio conosciuto come Totila ("L'Immortale",
Treviso 516-Caprara di Gualdo
Tadino, luglio 552) ne abbatté
larghe porzioni vedendosi però costretto, tra il 547 e il 548, a
ripristinarle per esigenze puramente strategiche essendo in atto la celeberrima
guerra greco-gotica che vide
contrapposti l'Impero Bizantino e i feroci Ostrogoti; è plausibile dunque
presupporre che i tratti di mura in questione siano legati agli eventi di cui sopra.
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Torre di Santa Caterina, dettaglio della
parte terminale della struttura con meridiane e colombaie,
aspetto assunto nel
XVII secolo-Foto Fabrizio Accadia, CTS di ArcheoTibur.
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Per quanto concerne il Monastero le prime
frammentarie notizie risalgono al 22
novembre del 1477, data in cui il Pontefice
Sisto IV (al secolo Francesco della
Rovere; Pecorile, 21 luglio 1414-Roma,
12 agosto 1484) trasferì le
francescane Monache Clarisse, l'Ordo Sanctae Clarae, dalla Chiesa di San Giovanni in Votano(*1),
della quale abbiamo notizie sin dal XIII
secolo e che sorgette assieme alla Chiesa
di Santa Maria del Passo(*2) sulle rovine del grandioso Santuario di Ercole Vincitore (ambedue
con annessi monasteri e di proprietà dell'Ordo
Franciscanus, l'Ordine di San
Francesco d'Assisi), al vicino Convento
di Santa Caterina. Tale evento accadde su diretta richiesta delle stesse
Clarisse, con decreto papale attraverso il quale si disponeva che il Monasterium Sancti Iohannis In Votano Extra
Muros Tiburtinus venisse privato del nomen,
del titulum monasterii e della
dignità abbaziale. Il 3 ottobre 1571 il
Cardinale Ippolito II d'Este,
assieme al Vescovo della città Marcantonio Croce, donò un quadro, attribuito a Giulio
Romano o al suo grande maestro Raffaello
Sanzio e rappresentante "San Michele Arcangelo che vince il Diavolo",
alle devote di Santa Chiara le quali presero possesso del nuovo Monastero di
San Michele Arcangelo (attuale San Giorgio alla Cittadella); il
quadro, scrisse il Crocchiante, fu posto nell'altare maggiore e divenne
oggetto di venerazione: seguito del nuovo spostamento il Monastero di Santa
Caterina venne abbandonato, forse anche a causa della sua posizione poco felice,
e cadde lentamente in rovina. Nel XVIII
secolo il sig. Pietro Paolo De
Santis acquistò la colombaia,
tale era all'epoca la funzione della Torre, e il Monastero di Santa di
Caterina, in precedenza di proprietà di Marcantonio
Riva il quale a sua volta era entrato in possesso del complesso religioso
acquistandolo dalla congregazione del Santissimo
Salvatore di Tivoli, il Sacro Cuore
del Gesù. Ancora oggi, in fondo alla via del Riserraglio e vicino
alla Torre, è possibile osservare imponenti strutture di stile gotico
appartenenti, con elevata probabilità, a una chiesa a un'unica navata coperta
da tetto a capriate e illuminata da finestre monofore archiacute: tale schema
architettonico è riscontrabile in altri edifici sacri del XIV secolo
quali S. Nicola a Capo di Bove sull'Appia Antica, oramai diruta, e la
tiburtina Chiesa di San Biagio prima del suo rifacimento tardo
ottocentesco: logico dunque ipotizzare che queste strutture gotiche
appartenessero alla Chiesa del Convento di Santa Caterina.
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Resti del Monastero di Santa Caterina, interno-Ex Cartiera Parmegiani
Amicucci- Foto tratta dal web |
Approfondimenti
(*1) La
Chiesa e il Monastero di San Giovanni in Votano, già verso la fine del 1500, erano completamente in rovina; da
qui, probabilmente, la decisione delle Monache Clarisse di richiedere
l'intervento papale per esser spostate altrove. Nel 1355 venne
menzionato in un testamento, secondo il Crocchiante, rogato da Giovanni
Brigante Colonna il quale lasciava in eredità a Suor Porzia, sua
figlia monaca, la proprietà di tale Monastero. Il documento recitava:
"Itequim
reliquit Sorori Portiae ipsius testatoris filiae moniali in Monasterio S.
Joannis Tiburis ducatus triginta".
(*2) Santa Maria del Passo, nel XVI secolo e
precisamente l'8 settembre del 1549,
fu assegnata ai Gesuiti che aprirono a Tivoli,
dove l'ordine era stato approvato all'interno delle solide mura della Rocca Pia il 3 settembre 1539 per volontà del Pontefice Paolo III, la prima scuola sul continente: la prima in
assoluto era stata inaugurata poco tempo prima a Messina. La chiesa e il Monastero delle zoccolanti suore di Santa
Chiara sorsero di fianco la Via Tecta,
sul versante esterno affacciantesi verso le poderose sostruzioni innalzate
sopra la gola del fiume Aniene: Santa Maria del Passo fu edificata nel
quarto livello, la cosiddetta area sacra del
Santuario di Ercole Vincitore, e ancora nel 1794, su disegno di Felice Giani (1758-1823), era ben visibile l'abside della Chiesa
e ancora al giorno d'oggi sono chiaramente distinguibili tre vani con volta a
botte, riutilizzati e modificati successivamente per l'edificazione del luogo
di culto cristiano.
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Tivoli, 1858-Torre di Santa Caterina-Foto di Robert Turnbull MacPherson. |
Fonti Bibliografiche
-Franco Sciarretta, Viaggio a Tivoli, Tiburis
Artistica edizioni, 2001;
-Fulvio Cairoli Giuliani, Forma Italiae-Tibur
Pars Prima, De Luca Edizioni, Roma 1966;
-Fulvio Cairoli Giuliani, Tivoli, il Santuario di
Ercole Vincitore, Tiburis Artistica Edizioni, 2002;
-Giovan Carlo Crocchiante, L'Istoria delle Chiese
della Città di Tivoli, stamperia di Girolamo Mainardi, 1726;
-F. A. Sebastiani, Viaggio a Tivoli antichissima
città sabino-latina fatto nel 1825, Foligno 1828;
-Francesco Ferruti, Note su alcune Chiese di Tivoli nel Medioevo-Atti e Memorie
della Società Tiburtina di Storia e d'Arte, Vol. XC, pagg 158-160, Tivoli
2017
Il Culto di Santa Caterina
Sanctae Catharinae
Di Sante martiri, religiose e spesso vergini che
portano il nome di Caterina la Chatopedia Sancti Ecclesia*(1) è
ricolma. Dalla Canonizzate Europee vanno summenzionate la trecentesca Katarina*(2)
Ulfsdotter, detta di Svezia dell'ordine del Santissimo Salvatore,
l'ispanica cinquecentesca Caterina Tomàs, canonichessa Lateranense di
Palma di Maiorca, la nipponica seicentesca Caterina Tanaka, per arrivare
alla contemporanea statunitense Katharine Mery Drexl. Anche la terra
italica ha procreato Sante Caterine quali Caterina De Virgi o da
Bologna, Caterina Fieschi Adorno o da Genova, la fiorentina Alessandra
Lucrezia Romola detta Caterina De Ricci, fino all'ottocentesca Caterina
Volpicelli fondatrice della congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di
Santa Caterina. La più antica rispetto alla nostra epoca, che ci viene
tramandata, è per l'appunto Caterina d'Alessandria d'Egitto, nata
probabilmente nel 286 e morta all'incirca nel 305 d.C. La giovane
romano-egiziana era figlia del Re Costa*(3) che la lasciò orfana
giovanissima, ma con un ingente dote.
La Santissima tuttavia ebbe precocemente delle Visioni
Celesti, in un sogno vide la Vergine con il Bambino Divino*(4)
che si prodigava a mettere nel suo dito di adolescente un anello, simbolo di
legame indissolubile, una sorta di matrimonio mistico simile alle antiche ierogamie,
che ella interpretò come un abbandono alla vita del peccato terreno, per
entrare nell'ambito vocativo monacale di tipo femminile. Tuttavia la causa del
suo martirio, come quella di molti sui coetanei e non, fu essenzialmente il non
voler far atto di sacrificio, tramite libagioni e varie altre forme di offerte,
alla figura dell'Imperatore*(5) cosa che andava contro al Mos Maiorum
regolante l'equilibrio civile e
religioso dell'Impero Romano.
L'Imperatore la fece condannare a morte con il
supplizio della ruota dentata, anche se durante il suo giro mortifero si ruppe
improvvisamente: questo episodio della ruota fu spesso ritratto da pittori e
scultori, fiancheggiato dalla fanciullesca figura della Santa. Tale contrattempo
non portò alla salvezza della Santa poiché si passò dalla ruota alla
decapitazione pubblica e sempre secondo le tradizioni del latte sgorgò, invece
che sangue, dalla ferita mortale.
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Caravaggio, Santa Caterina D'Alessandria, 1598 Madrid. |
Tuttavia la Santa più celebrata e importante della Chiesa*(6)
fu Caterina figlia del tintore Jacopo Benincasa al secolo Caterina da Siena,
patrona d'Italia assieme al poverello d'Assisi*(7) e compatrona d'Europa
con San Benedetto da Norcia, Santa Brigida di Svezia, San
Cirillo, Metodio e Santa Teresa Benedetta della Croce. La
toscana Caterina nacque a Siena nell'Anno Domini 1347. Sin da
giovanissima fu votata al Signore
Eterno tanto che nel 1363, all'età di 16 anni dopo varie insistenze e
una malattia causante invecchiamento precoce della quale si narra che
miracolosamente sparì subito dopo l'ingresso in convento, entrò nell'ordine
delle Terziarie Domenicane di Siena, celebri con l'appellativo di Mantellate*(8).
Caterina affermava che assistere gli ammalati e i poveri fosse il modo per
trovare e arrivare al Cristo e infatti fu molto attiva con opere di carità e
cura presso l'Ospedale di Santa Maria della Scala. Tramite le sue
innumerevoli corrispondenze letterarie la Santa fu da subito apprezzata e
lodata da gran parte del Clero e del popolo, compiendo anche dei viaggi
d'oltralpe*(9) e facendo nascere, inconsapevolmente, un vero e proprio
stuolo di persone che la seguivano fisicamente o avevano sue notizie tramite
epistole. Si narra che essa rassicurò Papa
Gregorio XI (al secolo Pierre Rogers de Beaufort, nato a Rosiers-d'Egletons
il 9 maggio 1330, estintosi il 27 marzo 1378 a
Roma) affermando che la volontà Divina lo chiamava a Roma*(10) e che il
Salvatore lo avrebbe protetto, facendogli riprendere il viaggio verso la città
Eterna. Morì molto prematuramente il 29 aprile nell'Anno Domini
MCCCLXXX*(11) a Roma; a luglio del 1461 Papa Pio II, al
secolo Enea Silvio Piccolomini (nato a Corsignano il 18 ottobre del 1505,
deceduto il 14 agosto del 1464 ad Ancona) canonizzò la grande
religiosa senese, 80 anni dopo la dipartita terrena, sviluppando un vero e proprio
impulso nell'edificazione, in gran parte d'Italia, di moltissimi monasteri e
conventi di proprietà delle monache clarisse fedeli e conformi alla
nuova regola della Santa toscana. Questo fervore edilizio è attestato anche a Tivoli
con il Monastero e la Chiesa,
parzialmente demoliti e in costante rovina, con annessa torre campanaria
rettangolare della suddetta Santa e collocati nel Rione San Paolo
nell'attuale via del Riserraglio.
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B.Pinturicchio, esposizione del corpo di S.Caterina al Papa Pio II, 1494, Palazzo Apostolico, Vaticano. |
Approfondimenti:
*(1) Calendario dei Santi Ecclesiastici Cristiani.
*(2) Forma Slava del nome Caterina.
*(3) Secondo la Leggenda Aurea scritta da J. Da
Varazze nel 1298.
*(4) Gesù Cristo suo figlio.
*(5) Massimino Daia Cesare, proprio nel 305.
*(6) Sia essa Romana che Greco-Ortodossa.
*(7) San Francesco D'Assisi.
*(8) Poiché portavano il mantello nero che copriva la
loro veste bianca e candida.
*(9) Ad Avignone in modo particolare.
*(10) Poiché la sede Papale si era trasferita ad
Avignone, dal 1309 al 1377.
*(11) 1380.
Fonti bibliografiche
-Innocenzo Taurisano, Caterina da Siena, Santa, in
Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1931.
-Franco Cardini,
I santi nella storia, 2006.
-Eugenio Dupré
Theseider, Caterina da Siena Santa, in Dizionario biografico
degli italiani, vol.22, Roma, Istituto Enciclopedia Italia, 1979.
-Jacques Le Goff, A la recherche du temps sacré, Perrin, 2011. Traduzione italiana, Il tempo sacro dell'uomo. Bari, Laterza,
2012 .
-Simona Negruzzo, Il culto di Santa Caterina d’Alessandria
nelle università d’Occidente, in Santi patroni e
Università in Europa, Bologna, Clueb edizioni, 2013, pp. 33-54.
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