A cura di Christian Doddi.
Prima
di parlare di questi grandi complessi architettonici è opportuno distinguere
alcuni termini, utilizzati in modo non appropriato riguardo il significato
esatto della parola “Santuario”. Spesso si sente parlare del “Tempio
di Ercole a Tivoli”, del “Tempio di Giove Anxur a Terracina”, del “Tempio
della Fortuna Primigenia a Palestrina” e di altri “Templi” ancora, in
riferimento ai complessi monumentali omonimi: in realtà la terminologia di
“Tempio” può essere riferita solo ad una parte del Santuario. Per rendersi
conto, per esempio, non si può chiamare un dito col nome di “falangetta” o
automobile col nome di “motore”, questo perché la falangetta e il motore sono
componenti singolari di un insieme più grande di altre parti che poi
formeranno, appunto, il dito e l’automobile. Sul Dizionario di Architettura di
Pevsner, Fleming e Honour, i termini Tempio e Santuario
sono descritti nei seguenti modi:
-
Il termine tempio si riferisce di solito,
in generale, agli edifici sacri non cristiani. All’opposto delle chiese
cristiane, l’interno del tempio (Naos) era adibito alla conservazione
dell’immagine del culto. […] Le diverse denominazioni del tempio derivano dalla
diversità della parte costruita intorno al naos […]
-
Santuario luogo
sacro dove generalmente sorge un tempio o una chiesa cristiana. Complesso
costituito da edifici sacri e luoghi di culto.
Nello
specifico dei grandi santuari repubblicani, il santuario poteva esser visto
come un insieme di edifici di culto ed edifici civili, come tabernae, teatri,
ninfei ed altro. Ovviamente il monumento principale di questi grandi complessi
era il Tempio, luogo di culto di grande rilevanza e quindi attrattiva per i
pellegrini che viaggiavano per venerare il Dio a cui era dedicato l’edificio
sacro. Il flusso continuo di devoti, ovviamente, era fonte di guadagno
permanente; il pellegrino giunto al tempio aveva dei bisogni e per soddisfarli,
quindi, fu opportuno costruire intorno al luogo devozionale degli esercizi
commerciali che disponevano delle materie necessarie per accontentare quelle
necessità. Per questo all’interno di un santuario troviamo taberne, teatri,
ninfei, lupanari e luoghi di svago vari. Inoltre, essendo il complesso gestito
dai sacerdoti, si può riscontrare nella maggior parte dei casi costruzioni come
stalle o case, indispensabili per poter portare avanti il proprio
sostentamento, allevando bestie, coltivando frutta e verdura e pernottando
nell'interno dell’area sacra. Quindi, per chiudere l’introduzione alla
specifica dei monumenti presi in considerazione, il tempio non era nient’altro
che il punto focale del santuario, che però inglobava in sé anche altri edifici
di diverse funzioni.
I Santuari, dalla Grecia a Roma
Come
capita per la quasi totalità dell’architettura antica nel mondo greco-romano,
un primo passo verso un canone compositivo per la realizzazione di grandi aree
dedicate ai culti delle divinità, fu compiuto proprio dagli Elleni. Si
può disquisire sull’invenzione di Santuari già nelle civiltà mesopotamiche,
puniche o italiche, ma la regolamentazione di un modello architettonico, con
elementi validi nella maggior parte dei casi, va attribuita al popolo
dell’Ellade. Come nasce un Santuario, però? Si potrebbero scrivere pagine su
pagine circa le fasi evolutive della monumentalizzazione di un culto, ma qui ci
limiteremo a dare un breve accenno su come venne idealizzato l’archetipo del
Santuario. Per comprendere ciò bisognerebbe studiare la nascita
dell’architettura greca partendo dalla grande civiltà minoica, ma basterà
affidarsi a Vitruvio che fornisce indicazioni abbastanza precise su come
si è giunti fino a quello che i nostri occhi possono ammirare stupefatti
tutt’oggi. Il trattatista del “De Architectura” dice che i primi templi
nacquero in argilla e legno, dal modello degli Heròon (luoghi di
sepoltura degli eroi) greci. Famosa è la capanna di Lefkandi, datata
all’inizio del X sec. a.C., che può essere presa come modello base degli
Heròon della Grecia eroica, dalla cui evoluzione nacque pian piano il
tempio greco per come siamo abituati a vederlo. Dalla realizzazione di un
modello di “casa per gli Dei”, si passò alla recinzione (Tèmenos) di
un’area sacra più vasta intorno all’edificio templare per isolarsi
dall’urbanizzazione intensiva nell’area ed evitare, quindi, di commettere
sacrilegio verso le divinità. Proprio da questa idea di rispetto si è trovata
l’esigenza di dare al Dio, ma anche ai fedeli, dei servizi di svago come
spettacoli teatrali, processioni sacre, luoghi di ristoro e di dono ed altro
ancora; questo tipo di urbanizzazione, volta al compiacimento della divinità,
ha portato all’idea di Santuario. Ovviamente, come anticipato, l’evoluzione di
questo tipo di complesso architettonico è ben più ampia e complessa, ma ai fini
dell’articolo non è necessario approfondire oltre. Un esempio di questo genere
è rappresentato dal Santuario di Apollo a Thermos (Corinto)
dove, al di sotto del Tempio, sono state rinvenute tracce e fondazioni di
edifici precedenti, edifici cultuali quali un Heròon e un tempio ligneo,
a dimostrazione che la sacralità del luogo, nonostante la disfatta degli
edifici più antichi, portò ad avere il bisogno di erigere una casa per la
divinità, anche al di sopra dei resti precedenti. Parlando di Santuari
dell’antica Grecia non si possono non citare il Santuario di Apollo a Delfi,
sede del più famoso oracolo del mondo antico, il Santuario di Olimpia
dove sorgeva all’interno il meraviglioso Tempio di Zeus, casa di una
delle sette meraviglie del mondo antico, la statua crisoelefantina di Zeus
scolpita da Fidia, e il Santuario di Asclepio a Epidauro.
Descritta in breve l’evoluzione architettonica e urbanistica, ora si può
parlare della composizione formale e stilistica dei Santuari greci: ovviamente
l’elemento fondamentale del Santuario greco era il Tempio, la casa del Dio e il
luogo più sacro all’interno del Tèmenos. Oltre all’aedes vi erano
le stoà, i bouletérion, gli ekklesiastérion e, a volte, i
teatri; non mancavano di certo edifici civili di proprietà dei sacerdoti e,
soprattutto, luoghi di ristoro a servizio dei fedeli e per il sostentamento
economico dell’area sacra. In maniera analoga nacquero i grandi Santuari
italici: in uno specifico luogo di culto molto antico si cercò di restituire
monumenti per poter professare la propria fede in maniera più concreta. Si
partì sempre dall’area considerata sacra, come per esempio un luogo ove si era
manifestato un fenomeno naturale (ai tempi inspiegabile e percepito come
sovrannaturale), per poi passare alla realizzazione di dolmen, menhir,
altari et similia; si procedeva costruendo intorno una “casa” per il Dio, prima
in legno poi in elemento lapideo. Infine, al calare della Repubblica, quei
luoghi sacri vennero riurbanizzati e di nuovo monumentalizzati in scala più
vasta e con sensibilità architettoniche ben più profonde e avanzate: il Santuario
romano, difatti, non differisce di molto rispetto a quello greco, anche se
l’architettura romana (seppur derivante in gran parte da quella greca) possiede
i suoi canoni e le sue regole compositive. Quali sono gli aspetti basilari di
un Santuario romano tardo-repubblicano? Nel tema che verrà approfondito gli
aspetti fondamentali sono di certo il Tempio, i grandi porticati colonnati, il
teatro e tutta quell’architettura civile come tabernae e case private
dei sacerdoti. Come si può notare gli elementi fondanti sono del tutto simili a
quelli greci anche se, come verrà esposto in seguito, le regole urbanistiche e
compositive dei Santuari romani sono più avanzate e regolari poiché, derivando
da impianti etruschi e greci, vi fu un’evoluzione sopraffina della maturità
architettonica e di sviluppo di questi giganteschi monumenti sacri.
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Ipotesi ricostruttiva del Tempio di Zeus nel grandioso Santuario di Olimpia, Grecia, V secolo antecedente l'era cristiana. |
La
completa descrizione in maniera dettagliata del Santuario di Ercole
Vincitore è stata redatta in diverse pubblicazioni dal professor F.C.
Giuliani e quindi se ne consiglia una lettura per un approfondimento
adeguato dell’argomento. Nell’articolo seguente ci si limiterà ad indicare in
generale alcuni aspetti basilari del complesso archeologico da un punto di
vista architettonico, socio-culturale e religioso.
Il sito
sorge in un punto strategico, al di fuori delle mura urbane, su delle imponenti
sostruzioni erette per portare a livello la ripida costa scoscesa della collina
su cui nasce la città di Tibur. Questo immenso complesso architettonico
modificò sensibilmente l’andamento orografico naturale del luogo di ubicazione
del Santuario e ciò risulta chiaramente visibile in una simulazione
informatizzata nel libro “Tivoli, il Santuario di Ercole Vincitore” del
professor Giuliani alle pagine 28–29; inoltre fu edificato al di
sopra di un tratto della via Tiburtina, antistante l’ingresso
all’interno delle mura della città. Prima di parlare della costruzione in sé, è
d’uopo descrivere l’attività culturale precedente alla monumentalizzazione
della zona: nell’area subito al di sotto dell’attuale sito archeologico, nei
pressi del ponte detto dell’Acquoria, da diversi secoli il semidio
figlio di Giove era oggetto della venerazione da parte dei pastori locali e da
quelli di transito. Probabilmente, come si può approfondire nell’articolo del
dott. Stefano del Priore negli “Annales volume 0” (pagine 13-16),
doveva ivi sorgere un Tèmenos ove si effettuavano rituali propiziatori e
attività pastorali sacralizzate. Ovviamente la zona era un punto di incontro
non indifferente poiché a valle, nei pressi del fiume Aniene, passava la
via Tiburtina che risaliva il pendio della collina fino ad entrare nella
città di Tibur; antecedentemente alla costruzione della via consolare vi era
comunque un percorso secolare di collegamento tra la parte alta e la parte
bassa della zona: non è affatto inverosimile l’idea che la via Tiburtina fosse
soltanto l’evoluzione ingegneristica di quel percorso. Il segno della sacralità dell’area, quindi, era già impresso
da diversi secoli (come già spiegato precedentemente) e perciò negli anni della
Repubblica ci si limitò a monumentalizzare il luogo di culto per dare ai fedeli
degli edifici, ove condividere la loro fede, più rigorosi di un semplice Tèmenos.
La realizzazione del complesso del Santuario di Ercole Vincitore si data nel II
sec. Antecedente l'era cristiana: la pianta generale è a P con un
tempio e un teatro posti nell’asse di simmetria centrale (anche se in realtà il
Tempio non è perfettamente centrato per via della leggera differenza di
dimensioni delle arcate dei portici, che essendo dello stesso numero sia
nell’ala destra che nell’ala di sinistra, comportano un leggero spostamento
dall’asse di simmetria). Tale soluzione può dirsi quasi canonica e difatti la
ritroviamo nel Santuario di Giunone a Gabii, in quello Sannitico
di Pietrabbondante, nel meraviglioso Santuario della Fortuna
Primigenia a Praeneste (l’attuale Palestrina) anche se con
degli accorgimenti orografici particolari, quello di Esculapio a Fregellae
e quello di Munigua in Spagna (che prese come modelli proprio
quelli di Tibur e Praeneste). L’Aedes Herculis poggiava su
un doppio podio imponente: il primo probabilmente serviva per portare a livello
dei portici superiori la base del secondo podio, mentre quest'ultimo serviva ad
innalzare il tempio su un piano più alto rispetto a quello “mortale”. La
maestosa struttura si presenta come un tempio ottastilo periptero sine postico
e dall’inusuale composizione della pianta della cella derivante dai templi di
stampo etrusco-italico. Tale soluzione è riscontrabile negli edifici
sacri di Juno Regina e Iupiter Stator, presso il grande Porticus
Metelli, fatto erigere da Quinto Macedonio Metello tra il 146
e il 143 a.C. Varie interpretazioni stilistiche sono state
attribuite al Tempio di Ercole, c’è chi lo immagina come del tipo Dorico
e chi lo raffigura del tipo Corinzio, ma personalemente ritengo che tale
struttura con proporzioni così snelle apparisse a caratteri Ionici. Il
rapporto tra diametro di base e altezza della colonna nel tempio tiburtino è
circa di 8,5, ovverosia troppo snello per l’ordine Dorico di quel
periodo, considerando che tale proporzione si raggiunge in età sillana
nel tempio di Ercole a Cori (rapporto di 8,75). Operando
un’attenta analisi dei rapporti altezza/diametro di base (ci vengono d’aiuto la
Tavola XIV pag. 63 “guida agli ordini architettonici – il dorico” e la Tavola X
pag. 49 “guida agli ordini architettonici – lo ionico” di Giorgio Rocco)
si riscontra che in media tale rapporto di circa 8,5 può ricadere nel
periodo tra il II e il I sec. a.C. in ordini come lo Ionico
e il Corinzio.
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Tavola estratta da "il Dorico" Giorgio Rocco, esplicante le proporzioni della colonna Dorica dall'età arcaica al tardo Ellenismo. |
Utilizzare,
però, quest’ultimo ordine significherebbe realizzare dei capitelli
sensibilmente più alti rispetto a quelli ionici e ciò ingannerebbe l’occhio umano
riguardo la snellezza complessiva della colonna: per questi motivi, dunque,
reputo plausibile ipotizzare che l’aspetto stilistico fosse d’ordine Ionico;
purtroppo, però, senza riscontri archeologici non si può essere certi
dell’appartenenza a tale maniera e di conseguenza senza tali prove non è
sbagliato immaginare il tempio nei tre ordini. Inoltre nel complesso vi erano
altri importanti strutture come il teatro, utilizzato per le rappresentazioni delle Δωδέκαϑλος-Dodekathlos,
le 12 Fatiche che l'Eroe sopportò per volere dell'ostile matrigna Giunone,
inscenate durante i giorni sacri al Dio ovverosia durante le Idi di agosto, il 12 e il 13,
la biblioteca definita Bibliotheca
Tiburtis e gestita dai Sacerdoti Salii così come testimoniato da Aulio
Gellio nelle sue Noctes Atticae, il quale visitò Tibur nel 160
d.C. circa, il thesaurus ove erano custodite le ricchezze del tempio
e di una basilica denominata "Liapta", nelle cui aule
l'Imperatore Ottaviano Augusto amava amministrare la giustizia (Svetonio,
vite dei dodici Cesari), quando si trovava nella città Superba. Il possente
Santuario dell'Ercole Tiburtino, fonte di ricchezza e potere per la
città, rimase in funzione perlomeno fino al
IV secolo dell'era cristiana, nonostante fossero già ravvisabili
elementi di decadenza; la sua definitiva defunzionalizzazione, e caduta,
avvenne probabilmente durante la guerra greco-gotica tra Totila e il
generale bizantino Narsete: i Goti, dopo aver conquistato la città nel 544-545,
nell'anno 547 utilizzarono la struttura come base di acquartieramento e
sede del tesoro imperiale, dopo averne fortificato le difese.
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Tavola estratta da "il Dorico" Giorgio Rocco, esplicante le proporzioni della colonna Ionica dall'età arcaica al tardo Ellenismo. |
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Ricostruzione 3D, Gabii, Santuario di Giunone. |
Il Santuario di Giunone - Gabii
Seppur
di notevole importanza nella storia più antica di Roma, Gabii in piena
età repubblicana venne man mano lasciata all’abbandono per motivi a noi
sconosciuti. Il sito si trova sulla via Gabina nell’importante percorso
che collegava l’Urbe a Praeneste.
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Ricostruzione 3D, Gabii, Santuario
di Giunone.
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Nel
sito millenario dove il mito vuole che Romolo e Remo vennero
educati e dove Tarquinio il Superbo si rifugiò quando venne cacciato da Roma,
sorgeva un primo santuario situato più ad est di quello di Giunone,
lasciato poi al degrado con la costruzione di quest’ultimo. Le ragioni per cui
il console Cornelius Cethegus scelse un sito in una fase di abbandono
per la costruzione del grande complesso religioso non ci sono note, ma si
possono formulare varie ipotesi come per esempio la riqualifica di una città
che fu, insieme a Tibur e Praeneste, uno dei centri di maggior
importanza della Lega Latina (Dionigi di Alicarnasso, Antichità
Romane); oppure la monumentalizzazione di un nuovo complesso per via della
fatiscenza del primo santuario e altro ancora di cui non siamo a conoscenza.
L’aspetto della maestosa opera appare similare al Santuario tiburtino,
ma questo perché il canone architettonico dell’epoca rispondeva a determinati
criteri di progettazione e costruzione; nel complesso vi è un grande porticato
a P, un tempio dedicato alla Dea Giunone e un teatro: conoscendo il
nome del console Cornelius Cethegus possiamo datare con certezza
l’edificazione tra il 160 e il 150 a.C. Il sito nacque su di una
grande pianura e si eleva su di un solo livello a differenza di quello di Ercole
Vincitore, dove l’orografia del terreno costrinse la realizzazione di
maestose sostruzioni e l’edificazione di più livelli per compensare il grande
salto di quota del clivus tiburtino. L’eleganza architettonica viene meno se si
mette in parallelo con il complesso di Tivoli dove, soprattutto per il teatro,
la ricercatezza del dettaglio e l’utilizzo di marmi pregiatissimi rendevano il Santuario
di Ercole di gran lunga più appariscente; ciò non significa che però il
santuario gabino non fosse all’altezza di una divinità. Il tempio dedicato a Giunone
si ergeva maestoso su alto podio e si presentava come un prostilo esastilo
sine postico e considerate le sue proporzioni slanciate verso l’alto,
l’impatto visivo portava il fedele a sentirsi decisamente piccolo dinanzi alla
casa della regina degli Dei. Il teatro era composto solo della classica
scalinata semicircolare e di un palco senza però le meravigliose strutture
architettoniche del frons scenae, classiche dei teatri romani.
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Pianta Santuario di Giunone a Gabii. |
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Restituzione 3D, Santuario Sannitico di Pietrabbondante. |
Nel
caso di Pietrabbondante, il complesso si compone di più parti di cui la
più importante è certamente quella del santuario. Difatti, oltre
all’impianto tempio-teatro, vi sono ubicati anche la c.d. domus
publica e il tempio ionico. L’edificazione dell’area è già attestata
intorno al V sec. a.C., ma è dal III sec. a.C. che si inizia a
monumentalizzare l’intero complesso con la costruzione del Tempio A,
distrutto nel 217 a.C. da Annibale e ricostruito in seguito. La
parte che riguarda il Santuario, inteso come quelli affrontati precedentemente,
è coeva con il complesso di Ercole Vincitore a Tivoli: lo schema
d’impianto è studiato sulla planimetria del Santuario Gabino, ovvero
composto da tempio, teatro e ali porticate. A differenza
del teatro di Gabii, a Pietrabbondante gli scavi hanno riportato
alla luce le antiche strutture del frons scenae, le cui ricostruzioni
virtuali ci mostrano uno splendido insieme architettonico compatto e meno vasto
dei Santuari Laziali, ma non per ciò non meno scenico. Il Tempio B
(ovvero quello del complesso tempio-teatro) si presentava anch’esso su alto
podio, ma con matrice architettonica del tipo etrusco-italico: prostilo
tetrastilo con cella tripartita. Nonostante questa tipologia nel II-I
sec. a.C. fosse ormai superata da tempo la scelta è stata sicuramente
influenzata dalla cultura del luogo poichè la zona di ubicazione sorge
nell’ampia regione del Sannio, abitata dall’omonimo popolo dei Sanniti,
non del tutto romanizzata fino all’età augustea. Come nel caso del più famoso Tempio
di Giove, Giunone e Minerva del Campidoglio (e
ancor prima Giove, Marte e Quirino), la tripartizione del naos
stava ad indicare una triplice valenza religiosa ma attualmente non si ha
la certezza dell’attribuzione, tranne la presenza di decorazioni di divinità
femminili e la scritta di L. Staatis Klar, ovvero il finanziatore che
patrocinò i lavori per l'edificazione del tempio. I resti archeologici di metope
e triglifi ci lasciano intendere che la struttura potesse essere di
matrice dorica ma, considerando le influenze aborigene della zona, non
si può escludere che l’edificio potesse apparire con rimandi all’architettura tuscanica.
Confrontando il Santuario Sannitico, quello di Giunone a Gabii
e quello di Ercole Vincitore dell’antica Tibur, si evince la
grande influenza che ebbe la canonizzazione di una tipologia architettonica
evoluta ed esplosa nel periodo repubblicano tra il II e il I sec.
a.C. la quale, seppur impiantata nella zona laziale, si è espansa anche in
altre regioni e come nel caso di Munigua (anche se in età
alto-imperiale) ha raggiunto le lontane terre iberiche. Si potrebbe scrivere
per pagine e pagine anche dei santuari di Palestrina, Terracina, Ariccia,
Fregellae e Lanuvio ma per tale approfondimento consiglio la
magnifica lettura, citata nella bibliografia, dell’opera del Coarelli
sui Santuari Laziali. In questo articolo si è preferito mettere in
parallelo tre splendide opere di urbanizzazione ed edificazione, che a volte
sconvolsero l’orografia naturale del terreno, dando alla natura un surplus decorativo
di grande impatto visivo e territoriale. Se si prendono a esempio i santuari di
Palestrina e Terracina, per quanto anch’essi facenti parte della
grande edificazione repubblicana di questa tipologia architettonica, lo schema
d’impianto si differenzia per varie concause di tipo naturale e/o economico.
Basti pensare al santuario della Fortuna Primigenia come una
monumentalizzazione della costa del monte su cui sorge l’attuale città di Palestrina,
con vari livelli e scalinate inesistenti nei complessi di Tivoli, Gabii
e Pietrabbondante; oppure allo strano orientamento del tempio di Giove
Anxur nell’omonimo Santuario di Terracina, orientamento dovuto alla
difficoltà realizzativa dovuta al poco spazio disponibile. Come studioso
dell’architettura greca e romana non mi sento di affermare la superiorità di
un'opera rispetto a un'altra, screditando un santuario piuttosto che un altro,
ma sicuramente posso affermare che ogni santuario aveva una sua particolarità
che lo distingueva dagli altri e lo rendeva unico nel suo genere seppur simile
nel complesso.
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Pianta del Santuario Sannitico di Pietrabbondante, da www.sanniti.info. |
Fonti Bibliografiche
- L’architettura del mondo antico, Bozzoni
Franchetti Pardo Ortolani Viscogliosi, ed. Laterza 2006
- Guida agli ordini architettonici antichi: Il
Dorico, Giorgio Rocco, Liguori 1994
- Guida agli ordini architettonici antichi: Lo Ionico, Giorgio Rocco, Liguori 2003
- L’architettura del mondo romano, Morachiello Fontana, Laterza 2009
- Tibur pars prima, Cairoli F. Giuliani, 1970
- Tibur pars Altera, Cairoli F. Giuliani, 1966
- Guida agli ordini architettonici antichi: Lo Ionico, Giorgio Rocco, Liguori 2003
- L’architettura del mondo romano, Morachiello Fontana, Laterza 2009
- Tibur pars prima, Cairoli F. Giuliani, 1970
- Tibur pars Altera, Cairoli F. Giuliani, 1966
- I santuari del Lazio in età repubblicana, Filippo Coarelli,
Edizione 1987
- Analisi storico-topografica-antiquaria della
carta de’dintorni di Roma, Antonio Nibby, 1849
- Il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli
Problemi ed Ipotesi, Cairoli F. Giuliani – Franco Sciarretta, Tiburis
Artistica 2010
- Tivoli Il Santuario di Ercole Vincitore, Cairoli
F. Giuliani, Tiburis Artistica 2009
- ArcheoTibur Annales vol. 0, QuickEbook,
2018-2019
- Le Vite dei Dodici Cesari,
Svetonio
- La città Romana, Paul Zanker, Editori
Laterza 2013
- La città Greca, Paolo Morachiello, Editori
Laterza 2003
- Etruscan and Early Roman Architecture, Axel
Boethius, The Publican History of Art 1978
- “Viaggio a Tivoli”, Franco
Sciarretta, Tiburis Artistica, 2001