Benvenuti nel sito ufficiale dell'A.P.S. ArcheoTibur di Tivoli (RM).NUOVO ANNALES VOL. III ANNO IV DISPONIBILE

I lavori del traforo del Monte Catillo a Tivoli e le riforme amministrative dello Stato Pontificio di Pio VII

 a cura dell'arch. Francesco Pecchi.



Figura 1 - I Cunicoli Gregoriani in una dagherrotipia del 1841; in alto, sulla sinistra, il cosiddetto “Pincetto”, il perduto e piccolo museo comunale, distrutto per cause belliche.





Nel 1808 sotto l'impeto della corrente del rombante Fiume Aniene, crollava il ponte detto “della Cascata” il quale costituiva il collegamento, vitale ed esistenziale da sempre per la città di Tivoli, con la via Valeria. Si trattava non certa del primo e nemmeno dell'ultimo dei danni che da sempre il Fiume ove perì il sovrano etrusco Anio1 causava alla cittadina laziale. La Congregazione del Buon Governo2 ne approntò nei giorni a seguire uno provvisorio in legno, ma che sarebbe durato in realtà per molto tempo, sulla base dei piloni del ponte crollato3. Un nuovo progetto per il ponte fu elaborato dall'ingegnere Paccagnini e approvato da Pio VII4, ma fu invece bloccato dal governo francese insediatosi nel frattempo al posto del Papa Re. Il 19 novembre 1809 il livello delle acque innalzate in piena fu tale da distaccare tenere porzioni di Tartaro5 dalle rive, e questi tuonavano nell'essere scaricati con inaudita violenza nella Grotta di Nettuno6. Nel 1811 sono riportati allora i primi lavori di riparazione degni di nota dell'assetto idraulico del Fiume con la realizzazione di un muraglione di sostruzione progettato dall'ing. Vici atto a rinforzare quanto la sponda sinistra dell'Aniene quanto la fondazione della parte più antica delle Città7. Seguirono poi altri episodi di distaccamenti rocciosi, che andavano ad ingrottare l'Alveo del Fiume danneggiando al contempo, di volta in volta, le riparazioni approntate precedentemente. Il 16 novembre del 1826 l'Aniene, ormai in piena da molti giorni a causa delle continue piogge, ruppe gli argini strabordando dal suo percorso originario e provocando danni ingenti a quella parte della città a carattere industriale, con la presenza di molti opifici che si erano stabiliti lungo la riva sinistra del Fiume. Non furono risparmiate case e strade, e si abbasso il livello dell'Alveo cosicché non fu più più possibile prendere l'acqua dai cinque condotti sotterranei che alimentavano gli opifici stessi, come anche mulini, frantoi8, orti, lavatoi e fontane pubbliche. I provvedimenti governativi per far fronte alla situazione drammatica furono sollecitati da una deputazione guidata dal Vescovo di Tivoli, il quale ottenne l'invio quanto di materiale per iniziare le prime riparazioni ma anche delle scorte di generi alimentari (pane, farina). Nel contempo due ingegneri del Consiglio d'Arte9, i sig. ri Luigi Gozzi e Luigi Brandolini, si recavano nel luogo del disastro per valutare i lavori che si sarebbero eventualmente approntati. Al sopralluogo seguì una relazione indirizzata al Pontefice stesso in cui si riportava che a cedere era stato il muraglione laterale della chiusa e l'acqua del Fiume, nel pieno del suo impeto, si era infiltrata allargando la fessurazione. Il cav. Settimio Bischi nella sua memoria storica idraulica10 presentata proprio assieme a due progetti di definitiva deviazione e sistemazione dell'Aniene nel 1827, ci ricorda che la Chiusa era stata costruita nel 1489 dall'architetto Lorenzo Pietrasanta e più volte restaurata11, ma un'incuria che durava ormai da molto tempo la rese inefficiente e inadatta a reggere le difficili pressioni dello stato di piena. Altri lavori seguiranno fra il 1828 e il 1829, come vedremo, e sono d'altronde ben documentati e descritti nella relazione di mons. Massimo (voce Bibl.1) gli interventi finalizzati riparare i danni continui causati nell'Alveo inferiore della Chiusa e nella Grotta di Nettuno. Il Pontefice Leone XII, con in mano il rapporto Gozzi-Brandolini, nominò un commissario con pieni poteri amministrativi, civili e militari, ovvero mons. Nicola Maria Nicolai (1756-1833). Egli era figura di spicco nell'amministrazione pontificia in quanto Uditore di Camera12 dal 1824, Segretario della Congregazione Economica e di Vigilanza, con fama di illustre economista e sicuramente di esperto della situazione idrica e della sua gestione nel circondario romano13. Il Niccolai giunse a Tivoli il 1 dicembre 1826 per : “..apprestare un pronto ed efficace rimedio al disastro accaduto in Tivoli per l'abbassamento, e la divergenza delle acque dell'Aniene..14 insieme ai due autorevoli membri del Consiglio d'Arte ovvero il presidente Giuseppe Venturoli e l'ispettore Girolamo Scaccia, per gestire la prima fase delle riparazioni urgenti assieme agli ingegneri già presenti sul posto. Si insediò al contempo una commissione formata da autorità locali sia laiche che ecclesiastiche per sottoporre al Commissario le questioni per una sua approvazione e assicurarsi di far eseguire le sue direttive, e in sua assenza sostituirsi con le necessarie determinazioni. La Commissione era composta da Giuseppe Gualaccini Governatore di Tivoli, il già citato cav. Settimio Bischi, alcuni prelati e lo stesso segretario comunale Sante Viola con funzioni di segreteria. Dovendo andare via da Tivoli il Niccolai lasciò a mons. Cattani, già uditore del Truibunale della Segnatura, le funzioni di procommisario. La corrispondenza fra il Niccolai e Cattani avveniva secondo un servizio straordinario di posta che fu istituito con Carabinieri a cavallo.





Figura 2 – I Cunicoli Gregoriani in fase di costruzione, precedentemente al 1835.





Volle allora la suddetta Commissione considerare due aspetti ovvero sia la ricostruzione urgente e provvisoria delle sponde del Fiume Aniene, e sia una sistemazione che fosse definitiva. Per prima cosa furono demolite le case rimaste pericolanti sulle due rive, furono sistemate le scarpate e fu durante questi lavori che avvenne la scoperta di un antico canale15 per la fornitura di acqua agli opifici consentì a ripresa delle attività di quest'ultimi. Interessante notare il dibattito nelle scritture private e pubbliche in merito alla competenza di spesa delle riparazioni dell'Alveo. Leone XII diede ragione al Niccolai nel sostenere che le spese dovessero intendersi a gravare sul bilancio della Congregazione del Buon Governo. Quest'ultimo organo nella persona del Prefetto sosteneva16 invece che la struttura speciale emergenziale costituita dal Commissariamento del N. avrebbe avuto maggiori risorse e capacità di intervento anche in considerazione della disponibilità di materiale e manodopera (e di tempo) maggiore rispetto la C.B.G., fatta salva la disponibilità della Congregazione a rimborsare di ogni spesa la Commissione. La questione si risolse apparentemente con la disponibilità aperta del Niccolai a mettere a disposizione della Congregazione quanto chiedesse e quanto avesse di bisogno anche in termini di materiali. Un concorso pubblico per la sistemazione definitiva fu poi bandito dal Governo e portò alla presentazione di 23 progetti. Di questi almeno 17 trattavano la riparazione definitiva e 6 proponevano interventi parziali. Un ulteriore progetto fu comunque presentato dal Consiglio d'Arte stesso, e fu scelto proprio questo in quanto rispondeva maggiormente a requisiti richiesti di solidità, utilità, ed economia17. Il progetto prescelto manteneva l'Aniene nel suo corso originario, e riconduceva l'acqua :


..all'altezza delle bocche di derivazione tramite la costruzione di un nuovo muraglione di chiusa arretrato rispetto alla vecchia Chiusa di 20 m, dimezzando poi il vecchio muraglione e riempiendo lo spazio tra i due con pietre e breccia. Si sarebbe formato un corpo unico di chiusa doppia con la superficie lastricata a scivolone; ai lati del nuovo muro due grossi piloni ne avrebbero rinforzato al resistenza18.


Si trattava in sintesi, premettendo che l'Aniene si incanalava nella Grotta di Nettuno, di diminuire l'impatto dell'acqua sull'alveo sottostante il Fiume spezzandolo con due chiuse consecutive, con conseguente diminuzione dei danni che questo impeto causava e poteva causare. In questo progetto di ricostruzione ritornò inoltre in discussione la realizzazione di un nuovo ponte al posto di quello in legno, a collegamento con la via Valeria, ma l'effettiva costruzione differirà di molti anni ancora. I lavori del progetto iniziarono il 4 giugno 1827 sotto al direzione dell'Ispettore del Consiglio d'Arte Luigi Gozzi e si conclusero nel settembre 1828, ed al termine dei lavori il Niccolai cessò il suo commissariamento. Notevoli furono gli sforzi considerando anche il fatto che si lavorò anche di notte19 e furono eseguiti anche lavori aggiuntivi su esplicita richiesta del Papa; ovvero il rinforzo della riva sinistra del fiume in aggiunta al piano generale. La spesa sostenuta fu infine di 80.447, 06 scudi20. Esulando dalle normative allora in vigore, il Pontefice Leone XII stabilì che la spesa dovesse essere ripartita fra la Reverenda Camera Apostolica, ossia l'erario pubblico (3/10), per due decimi dalla Comunità di Tivoli (2/10) e lo Stato (5/10). I lavori d'acque, secondo l'apposito Regolamento21, essendo i lavori classificabili come provinciali, avrebbero dovuto prevedere il finanziamento da parte della provincia interessata grazie all'aumento della dativa reale. Tuttavia l'evento venne giudicato come straordinario e infatti lo stesso commissariamento dell'opera lo confermava, sulla scia di quelli che erano stati i precedenti di altri pontefici alle prese con situazioni di particolare emergenza e complessità22. I problemi non furono risolti, quantomeno alla radice, se nel 1829 crollava il ponte di legno della via Valeria e la volta della Grotta di Nettuno restava costantemente sotto minaccia, anche perché il pilastro costruito mostrava evidenti segni di corrosione dovuti anche al fatto che le acque aniensi di gettavano sempre con troppa foga, superato il nuovo più basso alveo, verso la Grotta. Si iniziò allora a prendere più seriamente in considerazione la questione della deviazione dell'Aniene23, sostenuta dal Prefetto della Congregazione del Buon Governo cardinal Dandini, il quale ipotizzò insieme al Segretario di Stato e al Tesoriere Generale di deviare l'acqua nel canale Bernini, lasciando all'asciutto il nuovo alveo da poco realizzato. Ma la stessa Comunità, secondo quanto riporta la memoria citata del cav. Bischi, desiderava la deviazione e pertanto l'ing. Maggi venne incaricato di una prima preventivazione di spesa. La memoria consegnata dal Maggi al papa Pio VIII dovette descrivere una situazione talmente grave che subito il Papa diede ordine di approntare le riparazioni più urgenti; rinforzando il pilastro della Grotta di Nettuno sotto al direzione di una commissione di tecnici formata in particolare dalle figure dell'ingegnere Clemente Folchi, del matematico Giuseppe Oddi e di Pietro Carpi, mineralogista. I lavori si conclusero il 25 ottobre del 1829 e riguardarono anche la sistemazione del ponte di legno. Questa nuova commissione considerava ora la soluzione della radicale deviazione esaminando in particolare due proposte. La prima avanzata da Settimio Bischi anni addietro e allora ritenuta irrealizzabile, con la deviazione del fiume incanalato nel canale Bernini24 o Stipa. Questo canale sarebbe stato ingrandito nella sua sezione e delle opere di rinforzo ovvero muraglioni e pilastri avrebbero garantito la tenuta al passaggio delle violenti acque. Ma un secondo progetto fu approntato e si presentava molto più audace del primo, incanalando l'Aniene in un traforo scavato nel monte Catillo sfruttando un muro d'argine e dei respingenti che avrebbero obbligato le acque a gettarsi in un doppio tunnel a curva gotica : “..per scemare il momento meccanico e suddividere l'apertura..25 e infine sfociare al di là della Grotta delle Sirene. Sottoposti al Pontefice i progetti si presentavano con un preventivo di spesa 49.314,81 il primo e 48.000,5 scudi il secondo. I primi giorni del Febbraio 1830 fecero comprendere la gravità e l'urgenza degli interventi poiché si constatò come le piene del Fiume avessero già danneggiato le ultime riparazioni approntate, e il Pontefice nominò una ulteriore commissione che esaminasse il progetto di deviazione, composta dal cardinal Agostino Rivarola26 (Prefetto della Congregazione delle Acque) Ercole Dandini (Prefetto della Congregazione del Buon Governo) e Giuseppe Albani (Segretario di Stato). Questi richiesero un ulteriore parere del Presidente del Consiglio d'Arte Giuseppe Venturoli, il quale pare addusse motivazioni non molto convincenti27 contro l'esecuzione del progetto, come la stessa Commissione reputò. Fra queste una osservazione del Venturoli era quella l'opera avrebbe richiesto l'esecuzione di numerosi pozzi e ruote di ventilazione per portare ossigeno agli operai28. Al voto contrario del Venturoli rispose una commissione di scienziati, ma il dibattito non manco di oltrepassare i confini italiani e a ragione se si pensa bene che poche erano state le imprese ingegneristiche tentate fino ad allora che fosse comparabili con un opera del genere. Tuttavia questi pochi lavori erano stati eseguiti e portati a termine e furono posti ad esempio i lavori del passaggio sotto il Tamigi (Francia) con scavi fino a 600 piedi di profondità, o l'emissario del lago Fucino scavato all'interno del monte Silvano. Sul voto del Venturoli vale la pena considerare più approfonditamente, osserva il Massimo : “..che a varii giusti riflessi, che per amor del bene pubblico nell'atto pratico vennero abbracciati (…) altri ne aggiunse di diversa natura29. Egli dunque negò senza appello la bontà e la necessità della nuova inalveazione con motivazioni non molto robuste, come quella che la sicurezza della città di Tivoli meglio non potesse essere garantita di quanto già non fosse al presente. Egli inoltre temeva che i due cunicoli risultassero troppo piccoli per il passaggio di grossi tronchi d'albero, che una eccessiva pendenza avrebbero l'acqua difficile da captare per gli opifici insistenti nei pressi del Fiume dato il probabile abbassamento del livello delle acque, e che anche decidendosi di fare un solo cunicolo la spesa sarebbe risultata eccessiva. A queste ed altre osservazioni l'ing. Folchi rispose ribattendo punto su punto, con una precisa memoria scritta. Il 15 settembre 1830 la Commissione cardinalizia approvò all'unanimità il progetto di Deviazione, ma la morte di Pio VIII avvenuta immediatamente dopo (il 30 settembre c.a.) fece ritardare di almeno due anni i lavori, che poterono partire grazie a Gregorio VIII il quale con chirografo del 9 giugno 1832 approvava il progetto anch'egli come capo del Governo. Per l'esecuzione pieni poteri furono conferiti al cardinale Rivarola, e questi di rimando ripose fiducia nell'ingegnere Clemente Folchi. Il Cardinale confermò poi sia la Commissione consultiva sia il ruoto dell'ing. Maggi come ingegnere esecutore, ed i lavori iniziarono il 6 luglio 1832. Dal punto di vista esecutivo i lavori furono eseguiti in economia e in appalto fra tre compagnie; la prima eseguiva il taglio della terra per il piazzale da crearsi nell'imbocco, la seconda si occupava dello scavo dei cunicoli e la terza lavorava allo sbocco finale, sotto quella che veniva chiamata Icona del Salvatore. Vi furono difficoltà inaspettate che portarono alcuni appaltatori a rescindere il contratto e richiesero modifiche al progetto; in particolare la durezza della roccia all'imbocco dei cunicoli ed il fatto che questa si intenerisse col procedere degli scavi fino a sfaldarsi in maniera eccessiva in prossimità dello sbocco. Il lento proseguire dei lavori dovute alle difficoltà delle imprese spinse il Rivarola a mandare in Tivoli il Segretario della Congregazione delle Acque mons. Francesco Massimo30 nel maggio del 1833. Si decise di suddividere l'opera in appalti più grandi affidando a due contraenti l'esecuzione dell'interno scavo del traforo ad un unica impresa. Due nuovi impresari31 ottennero la valutazione positiva delle loro offerte e l'estrazione a sorte su quale dei due trafori in particolare (come due erano gli archi gotici) dovessero eseguire. I lavori ripresero molto più rapidamente, come ebbe modo di osservare lo stesso Rivarola, e il 28 aprile 1834 lo stesso Gregorio VII onorò la città di una visita personale al cantiere. In quella occasione i tiburtini chiesero al Papa la costruzione di un nuovo e definitivo ponte al posto del famoso ponte ligneo della via Valeria, e con rescritto del 25 agosto egli ne ordinò la progettazione. Le prime arcate in pietra terminarono nel 183632. Non mancarono i ritrovamenti archeologici degni di nota, fra il marzo 1833 e l'aprile 1834 furono rinvenuti resti di un muro reticolato romano, e si riportò alla luce un sepolcreto di tarda epoca33, con lapidi e scheletri, un acquedotto e i resti di un antico ponte detto “dei Sepolcri34. Finalmente la notte del 4 novembre 1834 alle ore 3.30 le grida degli operai esultanti accolsero la demolizione del varco del cunicolo sinistro, il quale era anche il più breve, seguita dal cunicolo destro il 27 novembre alle ore 23. La bontà del progetto iniziale poté essere verificata anche in relazione alla lunghezza effettiva dei cunicoli rispetto a quella di progetto; se entrambi avrebbero dovuto misurare 294 metri lineari, il destro ne contava 278 e il sinistro 263. Successivamente furono costruite le barriere respingenti o pennelli per costringere il Fiume ad incanalarsi nei cunicoli, e fu costruito il muro d'argine sopra la chiusa che comprendeva un varco alto 2 m che poteva aprirsi in caso di necessità buttando altra acqua in altri canali. Il 7 ottobre 1835 il Pontefice corse a presenziare alla diversione del Fiume, insieme ad una nutrita folla fra cui autorità di stati esteri e gente del vicino Abruzzo e del Lazio. I lavori compresero, pertanto alla fine, un piazzale di ingresso al traforo, la sistemazione della strada che fiancheggiava il monte dall'ingresso all'uscita del traforo, due portoni di ferro scorrevoli all'ingresso di ogni cunicolo35. L'evento di inaugurazione fu grandioso e ben comprendiamo l'entusiasmo che poté generare in quelle operose genti e nelle autorità il primo sbocco ed il primo salto di quota della grande Cascata (circa 100 m), per cui furono anche coniate monete celebrative distribuite ai presenti coniate dalla Zecca di Bologna su disegno dello scultore Enrico Lorenz. Nel gennaio 1836 i lavori furono chiusi ufficialmente, con al liquidazione delle imprese. La spesa complessiva fu di scudi 185.003,29 ma il vero costo fu superiore dovendo considerare alcune spese aggiuntive fra cui alcuni crediti, alcune spese effettuate con introiti dell'amministrazione e le somministrazioni reali sul riparto della sovraimposta, per un totale di 176.018,74 scudi.




Figura 3 - I Cunicoli Gregoriani, Tivoli, 1870.





APPENDICE: IL MOTU PROPRIO DI PIO VII DEL 1816 E LA NUOVA “ORGANIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”.



Con il motu proprio (d’ora in poi il motu36) emesso il 6 luglio 1816 "Quando per ammirabile disposizione della divina Provvidenza. Sull'organizzazione dell'amministrazione pubblica”, il Pontefice Pio VII37 volle iniziare un’opera di modernizzazione della pubblica amministrazione ispirandosi probabilmente all’analoga amministrazione francese voluta da Napoleone I, condizionando in particolare i settori dell’amministrazione giudiziaria e fiscale del Regno in un periodo storico particolarmente importante e decisivo per le sorti degli stati europei e l’assetto politico del vecchio continente. La conclusione del Congresso di Vienna38 nel giugno del 1815 aveva ripristinato il potere delle consorterie nobiliari dopo gli sconvolgimenti delle guerre napoleoniche e delle rivoluzione francese e nelle Americhe, iniziando la cosiddetta età della Restaurazione in Europa la quale a sua volta si sarebbe conclusa coi i moti indipendentisti del 1848. La stesura del motu vide il sostegno del Pontefice dei Cardinali Segretario di Stato Ercole Consalvi e del Prosegretario di Stato Bartolomeo Pacca39, alti prelati nonché fidati consiglieri del Pontefice anche nel difficile periodo della sua detenzione francese, che al momento dell’emissione dell’atto si era appena conclusa da non più di due anni. Suddiviso in 6 titoli, riguardò in particolare la riforma della Pubblica Amministrazione dei territori dello Stato della Chiesa (Titolo I), l’amministrazione e l’organizzazione della Giustizia Penale e Civile le quali venivano legate alla rete delle Delegazioni (Titoli II e III). Su quest’ultime è bene ricordare che la riforma interveniva dopo il periodo conservatore del pontificato di Leone XIII, e che tuttavia queste riforme troveranno piena applicazione solo col pontificato di Gregorio XVI. Voleva essere in sostanza ripreso il paradigma napoleonico della forma-codice, che imputava al Papa l'esclusiva statuizione del Diritto Positivo sopprimendo il vigente sistema pluralistico delle fonti, prevedendo la pubblicazione di una serie di Codici fra cui il Codice di Procedura Civile40, che era emanato il 22 novembre 181741 e col Regolamento Provvisorio del Commercio del 1821, sostanzialmente in vigore anche nel periodo dell'amministrazione francese. Fra le altre riforme del motu del 1816 spiccava, oltre che le misure sull’amministrazione fiscale, anche l’introduzione di un Catasto particellare, ripreso anch’esso dalle esperienze napoleoniche, che era tuttavia applicato ed ultimato solo nel 1835 sotto il papa Gregorio e per questo era poi detto Catasto Gregoriano. Può dirsi che il Consalvi per il suo riformismo : “..mutuò dal modello francese-napoleonico i principi di Unità e Uniformità sul quale rifondò gli istituti del governo territoriale pontificio, tentando al contempo di conservare i cardini del modello di organizzazione giudiziaria sperimentato durante l'occupazione napoleonica.42. Dopo la completa riconsegna dei territori dello Stato Pontificio nel 1814, col rientro a Roma di Pio VII Chiaramonti il 24 maggio 1814 e la restituzione degli Stati romani (cioè i Dipartimenti di Roma e del Trasimeno) al Pontefice romano, la riforma suddivise lo Stato in 17 articolazioni con l’aggiunta della Comarca di Roma ovvero del territorio della futura Capitale unitaria e del suo circondario, abbandonando la precedente suddivisione in 11 Province. Furono quindi istituite 17 delegazioni di cui 4 assumevano la denominazione di Legazioni, differenziandosi dal fatto che vi fosse a capo un Prelato (definito Delegato) o un Cardinale (definito Legato) e che fossero solo loro classificabili come di classe primaria. In maniera similare alle attuali Regioni, le Delegazioni o Legazioni avevano un potere esecutivo, legislativo e giudiziario solo nell’ambito di alcune materie non concorrenti con quelle dello Stato e del Governo Pontificio, o come era specificato nell’art. 6 del motu, sulle materie non appartenenti alle potestà ecclesiastiche, e avevano Delegati e Prelati erano nominati dal Papa con provvedimento della Segreteria di Stato, ovvero il Dicastero della Curia Romana posto a supremo coordinamento dei vari uffici dello Stato. Le delegazioni erano classificate in 1°, 2°, e 3° classe, fra queste le Legazioni erano tutte classificate di classe primaria e tutte nell’area Emiliana o Romagnola (Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna, Urbino) mentre erano di 2° Classe la gran parte delle delegazioni del Marche, dell’Umbria e del Lazio meridionale e settentrionale (Macerata, Ancora, Fermo, Perugia, Spoleto, Viterbo, Frosinone), appartenenti alla restante 3° Classe erano quindi le Delegazioni della Campania, del Lazio e delle Marche (Civitavecchia, Benevento, Rieti, Ascoli, Camerino), mentre indipendente da questa classificazione era la già citata Comarca di Roma (Roma, Subiaco, Tivoli). Quest’ultima dipendeva direttamente nella sua amministrazione alla Segreteria di Stato e ai diversi Dicasteri, come prescritto nell’art. 22. Ad ogni Delegazione venne prevista affrancazione di due Assessori di nomina papale, che sarebbero stati strettamente legati al Delegato, e che dovevano non essere nativi del luogo e né ivi domiciliati da lungo tempo (art. 17) e avevano funzioni giudiziarie in materia Civile e Penale (una ciascuno). Presso ogni Delegato veniva poi istituita una Congregazione Governativa, rinnovabile ogni cinque anni, composta da n.4 individui con l'indicazione che fossero n.2 originari del luogo e n.2 di altrove almeno per le Delegazione di 1° Classe, un totale di individui di cui sono n.2 fossero originari del Capoluogo e solo uno fosse originario di altre zone per la 2° Classe, mentre per la 3° Classe erano previsti n.2 individui equamente ripartiti fra originari e forestieri43, il tutto ai sensi dell'art. 8 del Motu. La Congregazione aveva funzione consultiva da prendersi, con apposita Deliberazione, per vicende di qualche rilievo44. Il suo voto dipendeva quindi dal Delegato il quale doveva poi rendere conto della risoluzione alla Segreteria di Stato e ai rispettivi Dicasteri in Roma, trasmettendo copia della Discussione. Completava l'ufficio del Delegato la figura del Segretario Generale, di nomina anch'essa papale, il quale aveva il compito previsto di estendere gli atti della Congregazione partecipandovi ma senza avere diritto di voto (art. 14), e la cui rimozione dipendeva unicamente dalla Segreteria di Stato, Ogni Delegazione veniva suddivisa in Governi di 1° e 2° Ordine (art. 2) ovvero nel primo caso i Governi delle Città principali e nel secondo quelli delle città reputate inferiori alle prime. I Delegati e i Governatori delle città di primo Ordine venivano nominati dal Papa attraverso la Segreteria di Stato con spedita Breve di nomina, mentre per il secondo Ordine attraverso l'invio di Lettere patenti (art. 18). I governi di entrambi gli Ordini erano sottoposti alla potestà dei Delegati salvo che per situazioni di emergenza, e similmente agli Assessori questi non dovevano, per essere nominati, essere nati nel luogo e nemmeno risiedervi, potevano tuttavia essere laici a differenza dei Delegati e dei Legati e questo rimarrà possibile fino al successivo pontificato di Leone XII il quale, in un'ottica molto più restauratrice, di fatto escluse i laici dalle possibilità di carriera amministrativa. Ogni Delegezione conservava e riprendeva tuttavia anche molte Baronie, ovvero Centri amministrati da famiglie baronali le cui giurisdizioni non furono del tutto abolite. I Governatori Baronali erano sottoposti alle medesime obbligazioni degli altri fatta salva la rinuncia, che avrebbe conservato intatto il solo titolo onorifico svestendoli di fatto dei relativi diritti e doveri in capo al Governatore (artt. 19-20). Il Titolo V del Motu disciplinava l'organizzazione in Comunità dello Stato Ecclesiastico sotto il governo dei Governatori di 1° e 2° Ordine. In ogni Comunità viene previsto un Consiglio per deliberare sugli affari di interesse comune e una Magistratura con poteri esecutivi per l'andamento dell'amministrazione comunitativa (art. 150). Il Consiglio in ogni Comunità prevedeva all' art. 151 un numero di 48 Consiglieri nella città capoluogo di Delegazione, 36 nei Governi di 1° Ordine, 24 in quelli di 2° Ordine e infine 18 membri qualora la Comunità non avesse superato i 1800 abitanti. Interessante notare come, essendo di nuova istituzione, si rimandasse solo per questa prima volta la nomina dei Consiglieri ai Delegati con la prescrizione di scegliere fra le persone probe (art. 152), rimandando ad elezioni per quelle successive. Inoltre il Consiglio poteva prevedere la presenza sia di laici che di membri del Clero, quest'ultimi necessitavano di elezione per potere divenire alla carica di Consiglieri45 (art. 158). La Magistratura aveva durata biennale, senza possibilità di rielezione dei membri, secondo l'art. 161 e era composta di un capo col titolo di Gonfaloniere46 e di un numero di individui denominati Anziani della Comunità variabile in n. 6 nei Capoluoghi di Delegazione, di n. 4 in Governi di 1° Ordine e di n. 2 per quelli di 2° Ordine (art. 159). Per i luoghi appodiati vi era un Sindaco dipendente dal Gonfaloniere della Comunità principale, e vi era fra questi una corrispondenza atta a comunicare al secondo i bisogni che il primo aveva relativamente alla sua amministrazione. I Consigli sottoponevano al Delegato una terna di nomi per scegliere il Gonfaloniere47, il Delegato e i Sindaci, ma la scelta del Gonfaloniere apparteneva al Segretario di Stato (art. 160). In questo sistema il Governatore locale trasmette ordini al Gonfaloniere, ed il primo ne rendeva conto ai Governatori distrettuali, al Delegato e ai Dicasteri superiori in Roma. Il Consiglio della Comunità aveva il potere esclusivo di approvare qualunque spesa straordinaria ed imprevista rendendone intesa la Congregazione del Buon Governo48 (art. 167) per mezzo dei rispettivi Delegati. Restava salva la facoltà del Gonfaloniere di ordinare la spesa istantaneamente necessaria rendendone in seguito conto alla prossima convocazione del Consiglio. Prima del 15 agosto il Gonfaloniere compilava e presentava al Consiglio per la relativa approvazione la tabella detta di prevenzione per regolare le spese e l'introito per l'anno seguente, ai sensi dell'art. 168, sentito il parere ed il voto consultivo degli Anziani. A loro volta il Consiglio aveva l'onere di trasmetterla prima del 15 settembre al Delegato affinché potesse essere esaminata ed approvata dalla Congregazione Governativa (art. 169). Entro il mese di Febbraio il G. esibiva al Consiglio e successivamente al Delegato il rendiconto delle spese effettuate dall'Amministrazione nell'anno passato (art. 174). Tutte le tabelle dovevano essere inoltrate prima del 15 ottobre alla Congregazione del Buon Governo unitamente alle osservazione del Delegato e della Congregazione Governativa, per ottenerne l'approvazione o la riforma definitiva (art. 170). All'inizio dell'anno la Congregazione del Buon Governo doveva pubblicare la tabella di prevenzione in ciascuna comunità, a giustificazione delle spese dell'interno anno (art. 171). Particolarmente interessante risulta il disposto degli artt. 178 e 179 i quali ricordavano l'osservanza delle regole stabilite : “..in vigore dei Regolamenti adottati dalla Congregazione del Buon Governo (…) in tutti i contratti ed altri atti che dovranno farsi dalle Comunità..”. E con riferimento alla vendita dei beni comuni già disciplinata nel Motu Proprio del luglio 1803, si doveva procedere per ogni licitazione all'accensione della Candela trenta giorni dopo l'affissione delle pubblicazioni, non escludendo la possibilità di ricorrere alle preventive offerte chiuse e sigillate le quali dovranno aprirsi nel pubblico Consiglio per servire di base all'accensione della Candela. Successivamente alla Delibera di aggiudicazione si rispettava un termine di dieci giorni per permettere l'offerta della Vigesima e successivamente trascorreva un uguale periodo di dieci giorni per permettere la presentazione dell'offerta detta Sesta. Spirato questo ultimo termine si procedeva alla stipula dell'istromento col Maggiore e Migliore Oblatore, ed in seguito non era possibile dare luogo a nessuna altra offerta, e l'ultimo deliberatario rimaneva nel pacifico godimento della cosa dedotta in contratto.







Figura 4 - Tivoli, post 1886, panorama della città con la Grande Cascata dell’Aniene in primo piano.






FONTI BIBLIOGRAFICHE:


- “Relazione storica del traforo del Monte Catillo in Tivoli per l'inalveazione del Fiume Aniene compilata da Mons. Don Francesco Massimo/con n. 14 tavole incise in rame riguardante piante spaccati e profili”, di F. Massimo, Roma, Stamperia Camerale, 1838.

- “La grande deviazione dell'Aniene/Inventario dei fondi Commissione per i lavori dell'Aniene (1826-1829) e Amministrazione della Deviazione dell'Aniene”, di M. I. Venzo, all'interno di Rivista Storica del Lazio, anno IV, num. 4, Roma, Gangemi, 1996.

- “Cronaca delle diverse vicende del Fiume Aniene in Tivoli sino alla deviazione del medesimo nel traforo del Monte Catillo”, di S. Viola, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1836.

- “Motu proprio della santità di nostro Signore Papa Pio Settimo in data de' 6 luglio 1816 sulla organizzazione dell'amministrazione pubblica esibito negli atti del Nardi Segretario di Camera al di', anno, e mese suddetto/Aggiuntovi il Breve particolare sulle Rappresentanze della Città di Bologna”, Milano, Ferdinandi Baret stampatore, 1816.

- “Motu proprio della santità di nostro Signore Papa Pio Settimo in data de' 22 novembre 1817 sul nuovo Codice di Procedura Civile esibito negli atti del Nardi Segretario di Camera al di', anno, e mese suddetto”, Roma, Vincenzo Poggioli stampatore, 1817.












NOTE:


1Leggenda vuole che il sovrano, in cerca della sventurata figlia Salea, rapita da uno spasimante, annegasse nelle acque tumultuose dell'allora fiume Parenzio, cambiandone da allora la denominazione. Per approfondire si consiglia “Annales di ArcheoTibur, Volume 0 - Culti e Dei nell’Antica Tibur”, pgg. 5-12, di Stefano Del Priore; ArcheoTibur - QuickEbook Edizioni, Tivoli 2018-2019.

2Dicastero della Curia Romana destinato a sovrintendere la gestione fiscale ed economica delle amministrazioni comunali, abolito nel 1847.

3Tale ponte provvisorio ebbe stima iniziale 486 e 12 ½ scudi, su progetto dell'architetto Camporesi ed esecuzione del ing. Paccagnini. (Bibl. 1, pg. 70).

4(Bibl. 2, pg. 198).

5Un più tenero Travertino depositato e avente origine da dinamiche fluviali.

6Una delle tre grandi caverne comunicanti sotto l'antica Acropoli, oggi custodita dal FAI Parco di Villa Gregoriana.

7I lavori furono eseguiti da tale Giuseppe Petrucci per un totale di 2211,57 scudi. (Bibl. 1, pg. 71).

8Il tutto, occorre notare, capitava proprio a ridosso del periodo dell'anno in cui i frantoi si apprestavano alla macinatura del raccolto locale, con ingenti danni all'economia del posto.

9 Insieme al Consiglio Amministrativo formavano la Direzione centrale dei lavori delle strade nazionali.

10(Bibl. 2. pg. 195).

11Anche nel 1589 fu presentato un progetto da parte dell'architetto Giovanni Fontana per la costruzione di due muraglioni che sostenessero le rive fino alla Chiusa, ma non fu mai realizzato benché riesaminato dal Consiglio d'Arte nel 1827.

12Primo prelato della Curia Romana, la cui carica durò molti secoli.

13Con diversi scritti il Niccolai intervenne in merito all'agricoltura romana, fra cui Memorie, leggi ed osservazioni sulle campagne e sull'annona di Roma (1803) ma anche prima De' bonificamenti delle terre pontine Libri IV. Opera storica, critica, legale, economica, idrostatica. (1800).

14Così riportava il suo biglietto di nomina papale.

15Pare che questo canale stesse ad una quota più bassa degli altri prima menzionati rimasti a secco, e se ne conservava la memoria ma non la certezza della sua esistenza. (Bibl. 2, pg. 197).

16..con rispettosa ingegnuità (…) i lavori necessari al Ponte di Legno (…) sottoposte non scandagliabili (preventivabili) per ora costruzioni murarie (…) rendevano assai facile quest'impresa alla Commissione..”. (Bibl. 1, pg. 73).

17Va anche precisato che il Consiglio d'Arte stesso esprimeva, opportunamente, un parere sugli altri progetti presentati. Tuttavia si può leggere nella relazione indirizzata al Pontefice sul progetto che questo mostrasse parecchi punti di forza rispetto ai concorrenti, in prima istanza per una puntuale esposizione dei tempi e modi di esecuzione e il dettaglio della spesa. (Bibl. 2, pp. 198-199).

18Così la pregevole ricostruzione dell'opera della dott.ssa Venzo. (Bibl. 2).

19..si lavorava anche di notte alla luce delle torce.”. (Bibl. 2, pg. 199).

20Di questi scudi 61.332,40 riguardavano ripari radicativi e 19.114,66 i lavori cosiddetti provvisori eseguiti fra il novembre 1826 – aprile 1827. (Bibl. 2, pg. 199).

21Il Regolamento dei Lavori d'Acque e Strade del 1817.

22Si pensi a Sisto V per la costruzione del ponte Felice, o Pio VI per il terremoto di Città di Castello. (Bibl. 2, pg. 200).

23Val la pena di ricordare che già nel 1592 Giovanni Fontana proponeva la realizzazione di opere che sgravassero l'alveo dal Fiume dall'incombenza di passare attraverso le fitte ostruzioni calcaree.

24L'esistenza di questa canale è fatta risalire al sec. XVI.

25(Bibl. 1, pg. 248).

26(1758-1842) fu un Cardinale fra i più potenti e risoluti del suo tempo. Celebre per la sua aspra lotta contro la Carboneria. A lui è intitolata la piazza connessa dal ponte detto Gregoriano.

27Si fece notare come il Venturoli fosse d'altra parte fra gli autori del progetto della nuova chiusa, e quindi il progetto di deviazione non poteva non sconfessare la sua opera.

28Il problema in effetti si verificò come tale, e ne fu rilevata la criticità durante i lavori.

29(Bibl. 1, pg. 295).

30Proprio l'autore della voce Bibl. 1.

31Giacomo Tosi di Tivoli ottenere il cunicolo destro, Filippo Vanelli del regno Lombardo-Veneto ottenne il sinistro. (Bibl. 2, pg. 205).

32Secondo la relazione fatta da mons. Massimo, egli stesso avrebbe depositato sotto la prima pietra del Ponte monete coniate sotto papa Gregorio VII e memorie scritte dell'opera.

33Proprio in quell'area nel 1929 l'archeologo Mancini troverà la tomba della Vestale Cossinia, la prima ed unica tomba di una sacerdotessa di Vesta conosciuta.

34Il ponte serviva per l'accesso all'area sepolcrale divisa in due settori, fra Plebei e Patrizi.

35I quali potevano permettere di bloccare il flusso delle acque per future ispezioni all'interno dei cunicoli.

36 Vedi voce Bibl. 4.

37 Il Pontefice Pio VII, al secolo Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti (Cesena, 14 agosto 1742-Roma, 20 agosto 1823), è stato il 251º vescovo di Roma, di ordine benedettino. Il suo pontificato era segnato oltre che per le citate riforme, anche per il lungo periodo (1809-1814) in cui fu detenuto e prima arrestato per volontà dell’Imperatore Napoleone I Bonaparte, condizione che principiò a partire dalla celebre notte fra il 5 ed il 6 luglio 1809 quando lo stesso Pontefice così rispose al generale Miollis, che chiedeva a lui la consegna dei territori dello stato Pontificio all’Impero Francese : “non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo...”.

38 L’art. 103 del Trattato concluso al Congresso di 51 Vienna stabilì la ricostituzione del dominio temporale della Chiesa. Pio VII affidò quindi il programma di restaurazione a Ercole Consalvi e a Bartolomeo Pacca (così Brunelli, Bibl. 1, pg. 51).

39 Erano attive anche una Commissione di Stato, presieduta da mons. Agostino Rivarola (creato cardinale il I ott. 1817), che aveva il compito di annullare gli atti dell’amministrazione francese e di tornare all’antico regime. Furono abrogati i codici napoleonici, destituiti i funzionari in ufficio, restituiti i beni confiscati agli enti ecclesiastici. I principali organi della Curia ripresero a lavorare (Camera Apostolica, Tribunale del Governatore, Annona e Grascia, Buon Governo etc.). Fu promulgato a fine luglio 1814 un decreto di amnistia: comunque i casi più gravi di collaborazione furono puniti. Al Congresso di Vienna, il cardinal Consalvi riuscì a guadagnare ottimi risultati (ad esempio la restituzione di Marca e delle Legazioni allo Stato della Chiesa, al pari delle énclaves di Benevento e Pontecorvo). (da Bibl. 1, pg. 52).

40 Il Consalvi riprese certamente ispirazione dalla legislazione napoleonica anche in questo caso, in particolare dal Code de Procèdure Civile de 1806.

41 Entrerà in vigore il 1 gennaio 1818.

42 Così il Notari. (Bibl. 2, pg. 3).

43 Eccetto la Delegazione di Bologna (art. 8 del Motu).

44 (Bibl. 1, pg.12, art. 11).

45 All'art. 155 è specificato che fra i requisiti indispensabili per l'elezione a Consigliere necessitava l'avere un età maggiore di 24 anni ed avere il proprio domicilio per la maggior parte dell'anno nel territorio della Comunità.

46 Il Gonfaloniere aveva la piena rappresentanza della Comunità ai sensi dell'art. 172 del Motu.

47 Da scegliere ai sensi dell'art. 163 del Motu : “..fra le famiglie più rispettabili per antichità.. .

48La Congregazione del Buon Governo era quel Dicastero della Curia Romana deputato a sovrintendere alla gestione amministrativa ed economica delle amministrazioni comunali. Col tempo furono affidate ad essa amministrazione tecnica ed economica delle strade alla formazione dei catasti e operazioni finanziarie relative ai "monti" o prestiti pubblici.