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Gregorio XVI, il Papa che deviò l'Aniene

A cura del dott. Giovanni Di Braccio.
Papa Gregorio XVI, al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari - "Portrait du pape Grégoire XVI par Paul Delaroche" - Ritratto di Hyppolite Delaroche, 1844 - olio su tela, Palazzo di Versailles.

Papa Gregorio XVI, al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari, nacque il 18 settembre 1765 a Mussoi di Belluno in provincia di Belluno, dominio della “Serenissima” Repubblica Veneta, da una famiglia di storici notai. 

Nel 1783 entrò a far parte dell'ordine dei camaldolesi presso il monastero di San Michele in Isola, a Murano, dove divenne anche insegnante di filosofia e scienze.
Nella sua vita ecclesiastica condannò a più riprese le eresie che a suo parere minavano a scardinare le certezze, radicate nel corso dei secoli, della “Santa Romana Chiesa” e su tutte la più osteggiata fu il giansenismo, un movimento filosofico-religioso diffuso già nel XVII secolo ispirato dal vescovo Giansenio; egli affermava che: “l'uomo sin dalla nascita è corrotto, destinato a far del male, senza la Grazia di Dio l'uomo non può far altro che peccare.
Dopo la fase napoleonica avvennero le sue nomine papali; vicario generale dei camaldolesi, consigliere dell'inquisizione, nel 1825 fu consacrato Cardinale da Papa Leone XII che gli affidò la particolare missione di trovare un concordato pacifico tra Cattolici e Protestanti dei Paesi Bassi.
Infine, il 2 febbraio del 1831 divenne Vicario di Cristo in Terra; tuttavia il suo Magistero Pontificale fu scosso da motti indipendentisti, dall'Emilia alla stessa Roma, tanto che per sedare le rivolte il Santo Padre fu costretto a chiedere l'intervento armato dell'esercito asburgico.
La tradizione vuole che a lui fu attribuita la frase “Chemin de fer, chemin d'enfer”, significante “La ferrovia è la strada per l'Inferno”. La sua affermazione non fu una condanna alla ferrovia in quanto tale ma, piuttosto, un tentativo di frenare, almeno in parte, la sfrenata ricerca della modernità a ogni costo, riservando un occhio vigile sulle pessime condizioni finanziarie cui versava la Santa Sede all'epoca. Nel campo religioso, oltre a favorire i grandi ordini (su tutti i Gesuiti), impresse un grande impulso sull'azione missionaria nelle Americhe, in Asia, Africa e Oceania; affrontò con convinzione il tema della schiavitù, vista come un grave delitto dell'umanità e nel 1839, nell'Enciclica In Supremo Apostolatus, la condannò pubblicamente.
Stanco ed ammalato, il 1°di giugno del 1846 si spense a Roma alla veneranda età di 81 anni e fu sepolto in San Pietro; poco prima di ricongiungersi con l'Alto Padre affermò: “Voglio morire da frate, non da Sovrano”. Non fu granchè amato dal popolo a causa della sua chiusura verso le nuove idee innovatrici, che a quel tempo scuotevano l'Europa, e a causa delle repressioni armate contro i moti indipendentistici; non ebbe maggior fortuna anche con la nuova classe politico-borghese, aperta al liberismo, osteggiata con forza dall'allora politica Pontificia.

Busto e lapide commemorativa per il bicentario della nascita di Gregorio XVI,
 nei prezzi di Piazza Massimo in Tivoli.

Il Papa e Tivoli

Nell'Anno del Signore 1826, nella Superba Tibur, sotto il governo pontificio di Leone XII si assistette a un terrificante e tristemente storico straripamento delle acque dell'irrequieto fiume Aniene, che fece sprofondare varie zone della città, dopo aver abbattuto una diga realizzata alla fine del XVI secolo.
Lo storico Francesco Bulgarini descrisse il catastrofico alluvione nel suo “Notizie storiche antiquarie statistiche ed agronomiche intorno all'antichissima città di Tivoli e suo territorio”  affermando che:

Nel mezzodi del 16 novembre 1826 stante una straordinaria piena. In poche ore l'alveo del fiume si alzò 8  metri crollò la strada […...] Fortunatamente niuno morì; solo molte masserizie non poterono salvarsi ed un eccidio di centinaia di persone sarebbe accaduto se il disastro accadeva di notte”.



Rovine cagionate in Tivoli dall'escrescenza dell'Aniene- Pietro Barboni, 1826, stampa, Achenbach Foundation for Graphic Arts.


A cagione di ciò Leone XII, Pio VIII e soprattutto Gregorio XVI cercarono di risolvere in maniera concreta questo atavico problema legato allo straripamento del fiume affidando l'incarico dei lavori all'architetto Clemente Folchi, il quale progettò e mise in opera il grandioso traforo del Monte Catillo, con doppia galleria volta ad aumentare considerevolmente il bacino idrico.
Gregorio XVI diede inoltre mandato di completare e terminare i lavori, iniziati il 6 luglio del 1832 con l'inaugurazione svoltasi il 7 ottobre del 1835, e di costruzione dei cunicoli a lui dedicati, nominati appunto gregoriani, creando cosi il magnifico impianto paesaggistico, ingegneristico e naturalistico conosciuto come la Villa Gregoriana, composta di grotte artificiali e naturali, cascate e ruderi di epoca romana rinvenuti proprio al momento dell'escavazione, tra i quali spicca certamente parte della Villa attribuita a  Manlio Vopisco, che rendono l'atmosfera idilliaca, quasi un emblema del romanticismo ottocentesco: un autentico gioiello d'acqua e selve, un rombante polmone verde all'ingresso dell'antica acropoli tiburtina. I suddetti lavori deviarono il fiume dal suo naturale corso, anche se parzialmente, e ciò consentì di creare due nuove piazze, Rivarola e Massimo, legate assieme dal ponte che porta il nome del Pontefice di Belluno: parzialmente distrutto durante i bombardamenti del '44 nel II Conflitto Mondiale, venne poi ricostruito integralmente.
Nel testo “Cronaca della città di Tivoli del giugno del 1846, si pone l'accento sul dolore che provarono i tiburtini  alla notizia drammatica della dipartita del Vescovo di Roma:

La sera del primo giugno, il funesto annunzio della morte di Gregorio XVI accaduta nel mattino dello stesso giorno, turbò grandemente i Tiburtini e tanto più li turbò perché fra loro di veruna sua infermità non si era fatta parola. La gratitudine di tutti i cittadini, verso il defunto Pontefice per le cui beneficenze la Città non pure fu salva da danni dal fiume Aniene, ma poté coglierne lustro e prosperità, ispirò tosto in loro la pratica di quegli atti di religiosa espiazione, che temprano l'amarezza del cuore e fanno più venerabile e cara la memoria degli estinti”.


La cittadina tiburtina, nel 1967, volle edificare una lapide, ornata di busto, a imperitura memoria del Pontefice, con su inciso:

A sua Santità
 Gregorio XVI
Pontefice Romano
Perchè salvò Tivoli da future alluvioni  traforando il Catillo.
Nel bicentenario della sua nascita
 MDCCLXV  MDCCCCLXV  
i tiburtini riconoscenti eressero
10 settembre 1967”.

Curiosità
“Il Trono del Papa”

L'inaugurazione del complesso Gregoriano tiburtino avvenne ufficialmente il 7 ottobre del 1835.
Il Vescovo di Roma assistette in quel di Tivoli assieme alla sua corte, fra cui si annoverarono personalità illustri e di spicco della nobiltà europea quali Maria Antonietta Borbone, Regina del Regno delle due Sicilie, e la Regina del Portogallo Maria II.
Il punto prescelto fu di tipo panoramico, detto “Il Trono”, dove la corte ivi stante fu fatta regalmente accomodare con troni mobili per ammirare l'eccezionale salto della poderosa cascata artificiale; ad eterna memoria del suddetto evento fu affissa una lapide commemorativa.

La lapide commemorativa dell'inaugurazione dei cunicoli Gregoriani.

Fonti Bibliografiche:

-Giacomo Martina, Gregorio XVI papa, in Dizionario biografico degli italiani, vol.59, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002.

-Gaetano Moroni, Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica, vol. XCVII, p. 14, Venezia 1855.

-Carlo Fea, Considerazioni storiche, fisiche, geologiche, idrauliche, architettoniche, economiche, critiche ... sul disastro accaduto in Tivoli il dì 16 novembre 1826, Roma 1828.

-Gregorio XVI e la cascata dell'Aniene, "Atti e Memorie della Società Tiburtina, 1936; 

-Cairoli Fulvio Giuliani, La Villa Gregoriana a Tivoli, Tiburis Artistica edizioni, 2005.


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