Durante il complicatissimo e difficilissimo periodo delle sanguinarie guerre civili post-cesaree, emerge con forza la figura del grande generale tiburtino Lucio Munazio Planco, trionfatore, conquistatore e fondatore di città transalpine di marca romana/italica. Delle sue gloriose vicende si è trattato abbondantemente negli scorsi articoli, mentre in questo trattato ci soffermeremo sulla figura dei suoi fratelli, citati dalle fonti storiche antiche. Essi, con la loro opera, contribuirono al miglioramento della carriera del medesimo, arrivando a rinunciare anche alle proprie vite pur di glorificare quella del console (*1). I personaggi in questione, membri illustri della nobile e potente familia dei Munatii, sono Lucio (riportato anche come Gaio) Plozio Planco e Tito Munazio Planco Bursa. Le vicende che riguardano Plozio sono focalizzate essenzialmente durante il 43 a.C., anno i cui, a maggio, il grande oratore Marco Tulio Cicerone gli scrisse raccomandandogli di tornare a Roma poiché era stato eletto pretore e con ciò doveva assolvere la sua carica istituzionale nell'Urbe. Tuttavia Plozio con ogni probabilità, in quel frangente, si trovava in un accampamento militare, nella nuova provincia della Gallia Comata, dove governava, per volere del Senato, il fratello maggiore (*2).
Da alcune epistole scambiate tra l'arpinate (*3) e Lucio si denota che sia lui che l'altro fratello Bursa avevano il compito di inviare informazioni private e segrete, destinate esclusivamente a due grandi uomini della Tarda-Repubblica Romana (*4). In una lettera, datata 20 marzo del 43 a.C., Cicerone (*5) lodando il Generale a proposito di un dispaccio “pacifico”, afferma di essere stato recapitato “da quel galantuomo di Plozio” manifestando cosi palesemente una grande stima e ammirazione per il suddetto. La situazione peggiorò drammaticamente tra novembre e dicembre del 43, dove fu deciso a tavolino dai nuovi Triumviri (*6) la lista di proscrititti, sia ostili ai nuovi padroni di Roma che da sacrificare all'uno e l'altro triumviro, dove Antonio tra gli illustri iscrisse lo zio Lucio, Ottaviano, Cicerone, Lepido, il fratello Paolo mentre alcuni alti ufficiali come Planco fecero il nome di familiari più in vista, come il caso di Plozio. Quest'ultimo fu avvisato in tempo utile, o preannunciando una sua conadanna, si nascose in prossimità di Salerno, dove possedeva un podere: lì si rifugiò assieme ai suoi schiavi, vivendo una vita ben misera, o comunque non consona ad un uomo del suo rango. Tuttavia l'odore inebriante del contenuto di un unguentario lo fece uscire dal suo nascondiglio, che doveva salvarlo, facendo si che venne scoperto dai suoi aguzzini, chi quali torturanono a lungo i suoi servi fedelissimi, fermamente decisi a non rivelare la tana del padrone; Plozio non sopportò che dei servi cosi fedeli ed esemplari fossero martirizzati e, facendosi avanti, offrì la gola alla spada dei soldati.
Da alcune epistole scambiate tra l'arpinate (*3) e Lucio si denota che sia lui che l'altro fratello Bursa avevano il compito di inviare informazioni private e segrete, destinate esclusivamente a due grandi uomini della Tarda-Repubblica Romana (*4). In una lettera, datata 20 marzo del 43 a.C., Cicerone (*5) lodando il Generale a proposito di un dispaccio “pacifico”, afferma di essere stato recapitato “da quel galantuomo di Plozio” manifestando cosi palesemente una grande stima e ammirazione per il suddetto. La situazione peggiorò drammaticamente tra novembre e dicembre del 43, dove fu deciso a tavolino dai nuovi Triumviri (*6) la lista di proscrititti, sia ostili ai nuovi padroni di Roma che da sacrificare all'uno e l'altro triumviro, dove Antonio tra gli illustri iscrisse lo zio Lucio, Ottaviano, Cicerone, Lepido, il fratello Paolo mentre alcuni alti ufficiali come Planco fecero il nome di familiari più in vista, come il caso di Plozio. Quest'ultimo fu avvisato in tempo utile, o preannunciando una sua conadanna, si nascose in prossimità di Salerno, dove possedeva un podere: lì si rifugiò assieme ai suoi schiavi, vivendo una vita ben misera, o comunque non consona ad un uomo del suo rango. Tuttavia l'odore inebriante del contenuto di un unguentario lo fece uscire dal suo nascondiglio, che doveva salvarlo, facendo si che venne scoperto dai suoi aguzzini, chi quali torturanono a lungo i suoi servi fedelissimi, fermamente decisi a non rivelare la tana del padrone; Plozio non sopportò che dei servi cosi fedeli ed esemplari fossero martirizzati e, facendosi avanti, offrì la gola alla spada dei soldati.
Illustrazione di una tortura. |
Plozio è ricordato anche in una coniazione monetale datata 47 a.C. (per ulteriori approfondimenti è possibile consultare l'articolo “La Zecca Tiburtina” al seguente link del nostro sito internet https://www.archeotibur.org/p/la-z.html), poiché ricoprì la carica giovanile di triumviro viri monetales aere argento auro flando feriundo (*7) I suddetti magistrati avevano il compito capitale nella gestione di emissioni monetarie all'interno del Tempio di Giunone Moneta, nel Foro Romano. La coniazione argentea, della zecca di Roma, ritrae al dritto una testa di gorgone, con folta chioma serpentiforme e iscrizione L PLAVTIVS, mentre nel retro vi è l'immagine della Dea Aurora in semi nudità eroica, con abito svolazzante, che cerca di aggiogare i 4 cavalli irrequieti del Sole e, in basso, la scritta L PLANCVS. Da un' attenta analisi dell'incisione sul dritto nella moneta si può affermare in via prettamente ipotetica e teorica, non suffragata attualmente da alcuna fonte, che Plozio fosse stato adottato, tramite la consuetudine romana dell'adoptatio, all'illustre Gens Plautia originaria di Trebula Sueffanas, nell'odierna Ciciliano, posta a vedetta del vasto territorio di Tibur. Di Tito Munazio Planco Bursa le notizie a suo riguardo sono ancor più scarse e frammentarie ma anche qui emerge il ritratto di un militare in carriera amico e frequentatore della casa romana di Cicerone, a suo tempo legatissimo da vincoli d'amicizia antica con la famiglia Planco. Nello specifico vi è un rapporto scritto tra l'oratore e il Generale tiburtino datato al 11 aprile del 43, in cui si afferma che Bursa, in quel frangente arrivato nella casa dell'arpinate come da sua abitudine giornaliera, ricette l'ottima notizia dell'elezione di suo fratello Lucio Munazio Planco a Imperator, per il suo valore e le sue abilità militari, direttamente dalla voce dell'illustrissimo Senatore. Inoltre Tito gli diede da leggere un'altra lettera che aveva mandato il fratello, di cui attualmente ignoriamo il suo contenuto: di lui sappiamo, tuttavia, che nel 52 a.C. fu nominato Tribuno della Plebe condividendo le scelte politiche plebee di Caio Clodio Pulcro. Dopo la morte di quest'ultimo egli, come molti del partito di Clodio, si scagliò contro gli Optimates (*8) generando tumulti, morte e terrore a Roma. A causa di ciò fu esiliato e richiamato in patria per volontà di Giulio Cesare solo nel 47 a.C., venendo nuovamente eletto come tribunus plebis l'anno seguente. Dopo la morte del Dictator Perpetuus (*9) seguì il fratello maggiore in gran parte dei fronti di guerra, stimato e lodato persino da Marco Antonio in persona. A proposito del suo quarto nome tramandatoci, Bursa, non sappiamo con certezza la sua origine ma si può avanzare un ipotesi molto ardita secondo cui fu coniatoper una sua valente battaglia presso la città greca di Prusia, nella Turchia, ribattezzata poi Brusa in età romana. Sappiamo che tra il 34 e 33 a.C. Munazio Planco, agli ordini di Marco Antonio, conquistò l'Armenia e prese il definitivo controllo della Bitinia nella zona dove insisteva la cittadina di Brusa e che, come già descritto, i suoi fratelli avevano l'abitudine di seguirlo in guerra, ricoprendo alti incarichi militari.
Teatro Romano di Brusa, Turchia. |
Approfondimenti:
(*1) Planco fu nominato console dal Senato nel 42 a.C. assieme a Marco Emilio Lepido.
(*2) Lucio Munazio Planco.
(*3) Marco Tullio Cicerone nato ad Arpino, in provincia di Frosinone, il 3 gennaio del 106 a.C.
(*4) Planco e Cicerone e viceversa.
(*5) Lo legava a Planco la stima e il valore di quest'ultimo ma sopratutto legami amicali antichi, tra le due famiglie.
(*6) Si tratta del II Triumvirato con Gaio Ottaviano, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido.
(*7) “Triumviri monetari per fondere e battere bronzo, argento ed oro.”
(*8) Gli Optimates o Ottimati erano la classe Patrizia della società, coloro che potevano vantare illustri antenati e componenti della frazione aristocratica conservatrice della Repubblica.
(*9) Giulio Cesare, che divenne Dittatore Perpetuo nel 45 a.C.
Bibliografia:
-Marco Tulio Cicerone, Ad Familia, libro X, 12, 2, X, 6, 1.
-Velleio Patercolo, Storia di Roma, libro II, 67, 3.
-Valerio Massimo, Factorum et Dictorum Memorabilium, libro VI, 8.
-Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, libro XIII, 3.
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