Monumento ad Alessandro Magno, statua bronzea equestre, Thessaloniki, Grecia. |
Alessandro III
di Macedonia
(356-323 a.C.) conosciuto da tutti come Alessandro Magno,
figlio di Olimpiade principessa d’Epiro e Filippo II re di Macedonia,
o per alcune fonti antiche di Olimpiade e Nectanebo faraone
d’Egitto, fu per molti il più grande condottiero di tutti i tempi. La sua
vita viaggia su un sottilissimo filo che divide mito e realtà. Già la sua
nascita sembra essere una storia mitologica: Olimpiade concepì Alessandro in sogno con Zeus Ammone, il Dio dalle
corna di capra, durante una visione in cui la divinità disse alla regina
macedone che il figlio che nascerà tra il loro rapporto sarà il più grande uomo
di tutti i tempi, degno di essere considerato un semidio a tutti gli effetti.
Circa nove mesi dopo, durante una notte tempestosa tra il 20 e il 21 luglio del
356 a.C., Olimpiade fu colpita in grembo dalla folgore divina, da cui poi
nacque Alessandro.
Ovviamente
questa storia è derivata dall’esaltazione del mito di Alessandro, storia però
che fu raccontata da Olimpiade al figlio, già dai suoi primi anni di
vita. Per narrare della vita del Re macedone servirebbero trattati di centinaia
di pagine, ma è importante scrivere della sua infanzia per comprenderne, almeno
in parte, l’aspetto psicologico che lo ha portato a spingersi oltre i limiti
della concezione umana di quei tempi. La consorte di Filippo II raccontava al
figlio storie grandiose riguardo la sua nascita e il suo futuro, instaurando in
lui un’idea mitologica di sé stesso. Alessandro prese come modello il re dei Mirmidoni
e personaggio mitologico dell’Iliade di Omero: Achille. Si dice
addirittura che dormisse con una copia dell’Iliade sotto il cuscino, durante la
sua campagna in Asia. Alessandro, inoltre, fu educato dal famoso Aristotele,
filosofo che probabilmente con i suoi insegnamenti instaurò in Alessandro la
voglia di punire i “barbari” Persiani e vendicare le antiche gesta di Serse
nei confronti della Grecia. Altro fattore importante che plasmò l’aspetto
psicologico del Grande condottiero, fu il rapporto che aveva con il padre
Filippo II. Il re non vedeva di buon occhio il figlio, dato che riteneva
Alessandro essere nato dal seme di Zeus Ammone e non dal matrimonio tra lui e
Olimpiade ma, durante la crescita del principe macedone, Filippo dovette
ricredersi sempre di più. Famoso è il racconto in cui Alessandro riesce a
domare l’irruento cavallo Bucefalo, destinato al macello per il carattere
selvaggio e indomabile. Celebre anche la frase del re Filippo: “Sono felice di come cresce mio figlio,
prende molto da me, dal carattere fino al valore militare, eccetto però per la
somiglianza”. Il re, per mettere alla prova Alessandro, lo mandò a combattere
in guerra contro l’esercito sacro di Tebe, dove da comandante della
cavalleria portò l’esercito macedone alla vittoria.
Nonostante la vittoria da
grande generale, Filippo non volle riconoscere ad Alessandro la gloria che
meritava. Questo rapporto altalenante col padre, rapporto peggiorato con il
matrimonio tra Filippo ed Euricide “per non aver avuto rispetto verso
la madre Olimpiade”, portò Alessandro a sviluppare un senso di correttezza
e grande carisma per non somigliare al padre che non ammirava sotto molti
aspetti. Dopo la morte di Filippo, per mano di Pausania, Alessandro
Magno venne incoronato Re di Macedonia. Da re ora poteva portare avanti quella
voglia di vendetta nei confronti di Persiani, e difatti preparò l’esercito e si
mosse verso la Persia: ci limiteremo ad elencare alcune delle sue gesta per non
rendere l’articolo esageratamente Partendo da Pella, la città reale della Macedonia, Alessandro marciò per la Grecia rispettando le città che si sottomettevano a lui senza combattere, e radendo al suolo (come nel caso di Tebe, nel 335) le città che si ribellavano all’esercito macedone. Partì poi per la Persia ed ebbe le tre battaglie fondamentali che portarono l’esercito macedone alla vittoria contro il re divinizzato Dario III: la battaglia sul Granico (334 a.C.), la battaglia di Isso (333 a.C.) e la battaglia di Gaugamela (1° ottobre del 331 a.C.) Giunto in Asia Minore mantenne la stessa politica, pio nei confronti delle città amiche e distruttore verso i nemici. Devastò Tiro, nel 332, città creduta imprendibile e rase al suolo Gaza con strategia militare sovrumana. Visitò l’Egitto che si sottomise a lui senza combattere, e visitò il santuario di Ammone a Siwa. La visita al santuario del Dio ritenuto da lui padre, resta un mistero tutt’oggi dato che Tolomeo, Aristobulo, Nearco e Cratero (fonti principali della sua biografia) non poterono entrare durante il rito dell’oracolo; successivamente fondò la città che tutt’ora porta il suo nome immortale: Alessandria d’Egitto. Da quest'ultima, divenuta leggendaria, il re Dario III uscì fortemente sconfitto nonostante la superiorità numerica che contava circa 50mila
soldati per l’esercito di Alessandro e 150mila per l’esercito persiano.
Seppur sbaragliato il re Dario riuscì a scappare ma non per molto, dato
che fu tradito e ucciso dal satrapo Besso, suo sottoposto.
Dopo questa
titanica impresa, Alessandro iniziò ad essere visto come un Dio sceso in terra
data la sua grande astuzia, la sua immensa abilità oratoria, la sua
imbattibilità e la grinta con cui scendeva in prima fila con la cavalleria
degli Eteri durante le battaglie, ignorando i rischi che poteva correre.
Conquistata la Persia riuscì ad entrare in India e scontrarsi con
l’esercito del re Poro, battaglia in cui perse la vita il suo più grande
amico: il cavallo Bucefalo. Sconfisse con astuzia l’esercito indiano
nonostante l’utilizzo di centinaia di elefanti da guerra che spaventavano i
soldati macedoni (e persiani dato che dopo la conquista dell’Impero di Dario
incluse nel suo esercito soldati iranici e persiani). Sul luogo di battaglia
fondò Alessandria Bucefala in ricordo del suo poderoso destriero.
Arrivato poi ad Aorno, che in greco significa “senza uccelli” (α privativo+ὄρνις, “uccelli”), città irraggiungibile che dovette il suo nome alle
sue mura poste su di un’altura imprendibile tale che neanche gli uccelli,
Eracle e Dioniso furono in grado di raggiungere, la assediò e riuscì
nell’impresa dove anche le due semidivinità fallirono. Raggiunto il Beas,
creduto dagli occidentali uno dei punti più estremi del mondo antico, venne a
sapere di un popolo maestoso e invincibile al di là del fiume. Questa notizia
suscitò in lui la voglia di sconfiggerli e divenire ancora più glorioso, ma il
suo esercito che lo aveva seguito ovunque, anche sulle alture dell’Hindu
Kush e nei deserti di Persia, riteneva che quell’ultima spedizione sarebbe
stata morte certa per tutti e quindi scelsero di porre il limite dell’Impero
sulle rive del Beas e tornare, lungo una via alternativa, verso la così
lontana Macedonia. Alessandro morì a Babilonia nel giugno del 323
a.C., senza mai rivedere la sua terra natale. Anche la sua dipartita è un
insieme di anomali accadimenti ritenuti, da molti, soltanto racconti
mitologici.
Le possibili cause della sua morte sono principalmente tre:
avvelenamento da parte di Antipatro (il regnante macedone durante la
spedizione asiatica di Alessandro); l’abuso esagerato di vino che,
probabilmente, date le antiche usanze di conservazione, poteva contenere
metalli pesanti in grandi quantità, specialmente piombo; febbre gialla,
quest’ultima ipotesi è abbastanza recente e studiata dagli esperti epidemiologi
Charles Calisher della Colorado State University e John Marr
del Dipartimento della Salute di Richmond in Virginia. Quale sia
tra queste la causa della sua morte, di sicuro è stata meno gloriosa di quanto
meritasse il condottiero che, con la sua vita al limite della mitologia, fa
ancora appassionare milioni di persone in tutto il mondo.
Nell’antica Tibur
il culto del Macedone non era diffuso come lo era a Roma, ma di certo non
mancava. Fatta eccezione per il Santuario di Ercole Vincitore, però, i
rinvenimenti più diffusi di Alessandro vi furono in domus private, per
lo più nella maestosa Villa di Adriano. Partendo dal Santuario, unico
luogo pubblico che per ora ci ha regalato un’immagine del Re, si possono fare
alcune considerazioni. In primis va sottolineato che il Santuario tiburtino era
dedicato al culto di Ercole Vincitore: Filippo II e lo stesso Alessandro
vantavano di essere discendenti diretti di Eracle (nome greco del
semidio), quindi non è strano aver trovato un’immagine del condottiero
all’interno di un luogo sacro ad Ercole, capostipite (secondo la mitologia)
della stirpe dei Re Macedoni. Il busto, definito come “Alessandro Magno in
veste di Ercole” per la leontè posta sul capo del condottiero, è stato
rinvenuto nel primo ventennio del ‘900 presso le fondazioni della
Cartiere Tiburtine. La statua, in marmo pentelico, è ora custodita presso il
Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme.
cosiddetto
"Alessandro Magno in veste di Ercole", busto in marmo pentelico
Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme.
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Prima di parlare
della Villa Adriana, che può essere considerata a sé, va descritto uno
dei ritrovamenti più straordinari per quanto riguarda la ritrattistica di
Alessandro Magno. Lungo la nuova via Tiburtina, nel comune di Tivoli
in direzione Roma, poco al di sotto della c.d. Villa di Bruto, vi è il
complesso abitativo dei Pisoni, una grande villa forse appartenuta alla Gens
Calpurnia e al famoso Lucio Calpurnio Pisone. Durante degli scavi
nel 1779 fu portata alla luce la c.d. Hermes Azara, o Erma
d’Azara, un busto in marmo lunense raffigurante Alessandro. Il nome Erma di
Azara, deriva dal cavalier Azara, Ministro di Spagna (come attesta
un’incisione su uno dei lati dell’erma) che scavò il busto e lo portò al museo
del Louvre dove tutt’ora è custodito. Il ritrovamento, come è stato detto, è
uno tra più straordinari nel campo dei ritratti di Alessandro perché è
considerata la copia romana più conforme all’originale statua crisoelefantina
dell’unico scultore che avesse il permesso di scolpire il volto di Alessandro: Lisippo.
Frontalmente porta le incisioni greche “ALESSANDRO
FIGLIO DI FILIPPO IL MACEDONE”.
Va notata l’inclinazione del collo, tipica del condottiero.
La cosiddetta Herma d'Azara ritraente Alessandro Magno, marmo lunense Musée du Louvre, Parigi, Francia. |
Poco al di sotto
della Villa dei Pisoni, vi è la più grande e famosa Villa di Adriano. La dimora
dell’Imperatore non ci ha lasciato soltanto vari ritratti di Alessandro, ma
anche un monumento strettamente legato alla città che porta il nome eterno del
Re Macedone.
“Allora [Alessandro, Cleomene e Cratero] fissarono
l’estensione della città dal Drakon che si trova presso la striscia di Taphosiris
fino al canale Agathodaimon presso il Canopo, e dal Mendasios fino all’Eurylochos e al Melanthios
nel senso della larghezza.”
Questo passo del
“Romanzo di Alessandro”, il famoso racconto di vari autori greci anonimi
che raccontano le gesta di Alessandro, spiega come vennero fissati i limiti
della città di Alessandria, ora conosciuta come Alessandria d’Egitto.
Canopo, antica città egizia sede di uno dei più importanti templi
dedicati al Dio Serapide (divinità che Alessandro venerava come “il Dio
che tutto generò”) venne collegato alla città di Alessandria tramite il canale Agathodaimon,
oggi prosciugato. A Villa Adriana, Pirro Ligorio identifica un complesso
architettonico proprio come “Canopo e Serapeo”. Il complesso,
famosissimo in tutto in mondo, è composto da una lunghissima vasca d’acqua, che
starebbe a rappresentare il canale navigabile che collegava Alessandria a
Canopo, e da un ninfeo finale identificato come Serapeo, plausibile se
si pensa, appunto, al tempio di Serapide che è stato citato poco prima. Se
l’identificazione può essere confermata, si può dire che Adriano volle rendere
omaggio al condottiero rielaborando architettonicamente uno dei luoghi più
spettacolari che vide nei suoi viaggi in Egitto. Come già detto, nella Villa
furono alcune statue raffiguranti Alessandro Magno. La prima presa in
considerazione è un volto detto “canonico di Alessandro”, un volto in
bronzo dorato, di un giovane con collo in torsione e lunghi capelli mossi. Questo
tipo di volto viene appunto denominato canonico perché, durante l’Impero
Romano, chi raffigurava il Macedone aveva degli standard di rappresentazione:
volto giovane, torsione del collo, lunghi capelli mossi, viso mitologico.
Questa sorta di moda nell'elaborazione nacque con le raffigurazioni del primo
Imperatore,Augusto: Ottaviano si fece raffigurare canonicamente
con dei tratti distintivi, lungo tutta la sua vita. Da qui nacque un nuovo
concetto di scultura, appunto la canonicità delle raffigurazioni. Il viso in
bronzo dorato è oggi custodito presso il Museo Nazionale Romano di Palazzo
Massimo alle Terme.
Canonico di Alessandro”, volto in bronzo dorato, Villa di Adriano Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme. |
Altro
ritrovamento è il famoso Antinoo Dioniso rinvenuto nella Villa nel 1769.
La scultura seppur ritraente Antinoo, il preferito di Adriano, nelle vesti del
semidio Dioniso, viene descritta come una raffigurazione ellenizzante
alessandrina. Difatti, se si osserva bene il busto in questione, si notano i
tratti distintivi del giovane di Bitinia ma anche quelli del generale
macedone. La scultura è concepita per la divinizzazione del preferito
dell’Imperatore tramite i gusti ellenistici fortemente pronunciati di Adriano
stesso, infatti l’Antinoo Dioniso incorpora insieme il semidio, Alessandro
e Antinoo stesso. L’amore per il mondo ellenistico è accentuato,
inoltre, dall’utilizzo del marmo greco. La statua è oggi custodita presso Cambridge
al Fitzwilliam Museum."
“Antinoo-Dioniso",
raffigurazione ellenizzante dai tratti alessandrini, busto in marmo greco
Villa di Adriano, Fitzwilliam Museum,
Cambridge.
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Fonti Bibliografiche:
-Romanzo di Alessandro, Anonimo
-Alessandro Magno, Robin Lane Fox, 1973 Londra
-Historiae Alexandri Magni Macedonis, Quinto Curzio Rufo
-Arte Greca, Giorgio Bejor Marina Castoldi Claudia Lamburgo, 2013 Milano
-Arte Romana, Massimiliano Papini, 2016 Milano
-Palazzo Massimo alle Terme. Le collezioni, Carlo Gasparri Rita Paris, 2013 Milano
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