Benvenuti nel sito ufficiale dell'A.P.S. ArcheoTibur di Tivoli (RM).NUOVO ANNALES VOL. III ANNO IV DISPONIBILE

Adriano, Pompeo Falcone e la Britannia nel II secolo dell'Era Cristiana.


A cura del dott. Stefano Del Priore




Figura 1 -Situazione geopolitica della Britannia nel II secolo dell'Era Cristiana. Immagine tratta da Wikipedia.




La visita in Germania dell'imperatore Adriano nel 122 richiese una notevole pianificazione preliminare e sembrerebbe che la linea attuale del Muro sia stata progettata nell'anno precedente all'arrivo di Adriano alla frontiera settentrionale; il grande edificio imperiale dove risiedette è stato identificato a Chesterholm-Vindolanda (Figura 10) sullo Stanegate1: in quell'occasione, furono mosse anche sei legioni provenienti dalla Provincia della Germania Inferior tra cui la LEGIO VI VICTRIX. Il rilevamento iniziale del tracciato del Muro fu supervisionato, quindi, da Quinto Pompeo Falcone che era stato inviato a schiacciare la recente rivolta di Briganti e Selgovi nel 118, tra la Britannia settentrionale e la Caledonia meridionale; tornò poi a Roma a seguito dell'imperatore Adriano, nel 122, lasciando il suo successore Aulus Platorius Nepos a implementare e rafforzare la costruzione monumentale della frontiera, come riportato dal Diploma Militaris in cui si attesa che "L'Imperatore Cesare Adriano Augusto, Pontefice Massimo [.........] concede la dimissis honesta missione2 a Pompeo Falcone 16 giorni prima le Calende di Agosto, essendo consoli Tiberius Iulius Capito Capitone e Lucius Vitrasius Flaminius." Il governo di Falcone in Britannia (Figura 1) iniziò al principio del 118, scelto personalmente da Adriano per sedare i sempre più numerosi focolai di rivolta che turbavano la pace nella provincia britannica; era in quel momento quasi quarantenne e abbastanza anziano in termini di intervallo dal suo consolato. Non è stata rinvenuta alcuna testimonianza epigrafica relativa al suo governatorato in Britannia ma le probabilità che Adriano si riferisse a Falcone, durante il suo soggiorno nella provincia dell'estremo nord romano, sono decisamente più elevate se paragonate al periodo in cui ebbe il comando nella Moesia Inferior. E' stato proposto, prestando fede alle testimonianze archeologiche, che il principio della costruzione riferibile alla linea difensiva continua di fortificazione compresa tra il fiume Tyne e l'estuario del Solway Firth vide la luce nel 120, dunque proprio durante l'incarico di Pompeo Falcone. Nuove evidenze archeologiche provenienti dalla frontiera germanica mostrano che gli alberi utili alla costruzione delle palizzate difensive, conoscenza ottenuta grazie alle analisi dendrocronologie, furono abbattuti tra l'inverno del 119/120 e l'estate del 120. Falcone, prima di terminare il suo incarico in Britannia, deve aver approntato procedure similari, così come la logistica preliminare, accumulando vari materiali utili alla costruzione vera e propria del Vallo adrianeo. Più di quarant'anni dopo, Marcus Cornelius Fronto, precettore dell'Imperatore Marco Aurelio, scrisse nel suo De Bello Parthico3:




"In realtà, quando tuo nonno Adriano decise di impugnare il Potere Imperiale, quale gran numero di soldati romani furono uccisi dai Giudei, quanti caddero per mani dei Britanni?".


Dalle parole di M. C . Fronto, sembra che le perdite in Britannia siano state abbastanza ingenti, nonostante la scarsità delle testimonianze dell'epoca. Dev'essere stato attorno al 119, o poco dopo, che il Primipilaris4 Titus Pontius Sabinus recò circa 3000 legionari, 1000 ciascuno dalle legioni Hiberiche e dalla Germania Superior, definendo la causa con il termine "Expeditione Britannica" ("sulla spedizione Britannica", letteralmente), con molta probabilità per rimpiazzare numericamente i soldati caduti durante la ribellione di Briganti e Selgovi dell'anno precedente. Questo, a fronte della scarsità dei dati in nostro possesso, è un indicatore ben preciso che dovrebbe fornire la misura esatta delle perdite romane durante il conflitto poc'anzi menzionato. Un cippo funerario rinvenuto a Vindolanda, appartenuto a un Centurione della I Cohors Tungrorum riporta l'epitaffio "Ucciso in guerra" ed è probabilmente coevo del periodo preso in analisi. La ragione della rivolta, e non stiamo certamente parlando di un unicum nel mondo romano, sembrerebbe da contestualizzarsi nei diffusi maltrattamenti, di carattere vessatorio, messi in atto dalle milizie romane ai danni delle popolazioni occupanti la Caledonia Meridionale.



LA LEGIO VIIII HISPANA E POMPEO FALCONE


È possibile che la Nona Legione Ispanica abbia subito una sconfitta terribile per mano della tribù dei Briganti stanziate nella Britannia settentrionale-Caledonia meridionale durante l'amministrazione di Pompeo Falcone, dato che l'ultima traccia della loro esistenza risale al 107-108 d.C., localizzata a Eboracum-York (5RIB 665), seppur sembra che successivamente venne mossa verso Noviomagus Batavorum, negli odierni Paesi Bassi, dove rimase almeno fino al 131 (Figura 2). Se così fu, è dunque altamente probabile che l'Imperatore Adriano portò con sé la LEGIO VI VICTRIX dal continente proprio per sopperire alla recente mobilitazione della LEGIO IX HISPANA in Britannia; potrebbe essere stata proprio a causa di questa perdita che Adriano, sia per visitare la provincia sconquassata da turbolenze belliche, sia per costruire la possente barriera oggi conosciuta come il Vallo di Adriano, mosse verso l'estrema frontiera settentrionale dell'Impero Romano.





Figura 2 - RIB 1051, Jarrow e Burlington House Fragment








CURRICULUM VITAE E CURSUS HONORUM DI POMPEO FALCONE

Pompeo Falcone nacque probabilmente in Sicilia, attorno al 70 d.C. Nome completo Quinto Roscius Coelius Murena Silius Decianus Vibullius Pius Iulius Eurycles Herculanus Pompeius Falco. Era figlio di Sextus Pompeius Collega, console nel 93. Durante il principato di Traiano venne adottato dal senatore siculo Marcus Roscius Coelius; in ogni caso il legame con la gens dei Roscii Coeli esistette, come appare evidente dal suo nome completo. Altri rapporti parentali attestati furono con i Cati Silii, discendenti del poeta Silius Italicus, imparentanti a loro volta con Silius Decianus. Era legato anche con la famiglia spartana degli Eurycles, durante il principato di Traiano appartenente all'alta aristocrazia imperiale, come dimostrabile dal suo soprannome Vibullius Pius Iulius Eurycles Herculanu. Sposò Sosia Polla, figlia del due volte (99 e 107 d.C.) console Sosio Senecione, stretto collaboratore di Traiano, e nipote di Sesto Giulio Frontino, Curator Aquarum, autore del De Aquaeductu Urbis Roma, console per tre volte e generale. Sua moglie, con la quale ebbe Quinto Pompeo Sosio Prisco, console nel 149, morì mentre Pompeo Falcone era Proconsole, in un periodo compreso tra il 123 - 124 e il 129. Iniziò la sua carriera militare come Tribuno della LEGIO X FRETENSIS (86-90 circa); il suo cursus honorum lo portò a ricoprire incarichi di Questore (96 / 98 circa), Tribunato della plebe (98/99), la Pretura (nel 99/100, come attestato dall'epigrafe [q]uaestori trib(uno) pleb(is) pr(aetori) inter civ[es] / [et] peregrinos), Legatus Legionis della LEGIO V MACEDONICA agli ordini di Manio Laberio Massimo (101 - 102) durante la prima campagna dacica dell'Imperatore Traiano, al cui termine ricevette ricompense per essersi distinto militarmente (leg(ato) leg(ionis) V Macedonic(ae) / [in bello Dacico donis militari]bus donato). Fu in questo periodo che contrasse matrimonio con Sosia Polla, figlia di Sosio Senecione, diventando suo genero ed entrando nella stretta cerchia dei collaboratori di Traiano. Divenne, quindi, Governatore della Licia e Panfilia (leg(ato) pr(o) pr(aetore) prov(inciae) Lyciae / [et Pamphyl]iae) nel 103-105 circa e poi della Giudea, che disponeva della LEGIO X FRETENSIS (leg(ato) Aug(usti) pr(o) pr(aetore) provinc(iae) / [Iudaeae e]t leg(ionis) X Fret(ensis) nel 105-107 circa, a cui successe Gaio Giulio Quadrato Basso. Ricopriva questa posizione quando fu decisa l'annessione dell'Arabia Nabatea, effettuata da Aulo Cornelio Palma Frontiano, governatore della Siria. Fu Console Suffetto nel 108 e ricoprì quindi la carica di quindecimviri sacris faciundis (XVvir(o) s(acris) f(aciundis; nel 109. Più tardi gli venne affidato il governo provinciale della Moesia Inferior (leg(ato) pr(o) pr(aetore) Imp(eratoris) Caes(aris) Nervae / Traiani Aug(usti) Germanici Dacici / [pr]ovinc(iae) Moesiae inferior(is) nel 116 - 117, provincia militare di fondamentale importanza poiché l'Imperatore si trovava impegnato nella guerra contro i Parti e le tribù sarmate di Iazigi e Roxolani, che gravitavano lungo questo tratto di limes danubiano, erano in costante fermento bellico ; contestualmente, a tal proposito, era stato inviato nella vicina provincia di Dacia proprio Gaio Giulio Quadrato Basso per contenere tali scorrerie. Alla morte di Traiano, e succedutogli Adriano, divenne governatore della provincia di Britannia (leg(ato) pr(o) pr(aetore) / Imp(eratoris) Caes(aris) Hadriani Aug(usti) provinc(iae) / Brit{t}anniae), nel 118-122. Questa sua elezione deve esser considerata come uno dei primi atti ufficiali nel neoImperatore Elio Adriano. Durante il suo ultimo anno di governatorato la provincia all'estremo confine settentrionale dell'Impero fu visitata da Adriano (Figura 9), il quale esigette, ordinando, molte riforme nell'isola e la costruzione del famigerato vallo a causa delle turbolenze socio-politiche che minavano la stabilità del dominio romano nell'isola di Albione. Nel 118 Pompeo aveva represso una rivolta in cui erano coinvolti i Briganti e i Selgovi, tribù britannoceltiche stanziate tra la Britannia settentrionale e la Caledonia meridionale. Il 16 luglio del 122 venne rimpiazzato nell'isola da Aulo Platorio Nepote, il quale ultimò le operazioni relative all'edificazione del Vallo Adrianeo. Nel 129 divenne infine Proconsole d'Asia, o comunque poco prima di tale anno. Sappiamo che era amico intimo di Plinio il Giovane e che si ritirò a vita privata in una villa in campagna, dove si dedicò a scrivere e, tra le altre cose, all'orticoltura. Nel 140 ricevette la visita del futuro Imperatore Marco Aurelio, il quale gli chiedette consigli sulla conquista definitiva della Britannia, compresa la problematica Caledonia, e si narra che quest'ultimo che fosse estremamente attratto dai sopraffini alberi da frutto di Pompeo Falcone. La data esatta della sua morte ci è sconosciuta, essendo sopraggiunta in un qualche momento imprecisato dopo l'anno 140.

Q ROSCIO SEX F QVIR COELIO MVRENAE SILIO DECIANO VIBVLLO PIO IVLIO EVRYCLI HERCLANO POMPEIO FALCONI COS XVVIR S F PROCOS PROVINC ASIAE LEG PR PR IMP CAES TRAIANI HADRIANI AVG PROVINC BRITTANNIAE LEG PR PR IMP CAES NERVAE TRAIANI AVG GERMANICI DACICI PROVINC MOESIAE INFERIOR CVRATORI VIAE TRAIANAE ET LEG AVG PR PR PROVINC IVDAEAE ET LEG X FRET LEG PR PR PROV LYCIAE ET PAMPHYLIAE LEG LEG V MACEDONIC BELLO DACICO DONIS MILITARIBVS DONATO

"Per Quinto Roscius Coelius Murena Silius Decianus Vibullus Pius Iulius Eurycles Herculanus Pompeius Falco, figlio di Sesto il Quinqueviro, Console, Quindecemviro, Sacerdos Fetiales, Proconsole della provincia dell'Asia, Legatus Augusti Propraetore di Cesare Traiano Adriano Augusto nella provincia della Britannia, Legatus Augusti Propraetore dell'Imperatore Cesare Nerva Traiano Augusto Germanico Dacico nella provincia della Mesia Inferior, Curator Viarum di Traiano e Legatus Augusti Propraetore nella provincia della Giudea con la Legio X Fretensis, Legatus Augusti Propraetore nelle province di Licia e Panfilia, legatus della Legio V Macedonica nelle guerre di Dacia, dai proventi delle campagne [militari] presento [questo]. "


(Dessau, Inscriptiones Latinae Selectae - Titvli virorvm et mvliervm ordinis senatorii

ILS 1035; Tarracina [Latium]; Ten 6321)





PARENTELA DI POMPEO FALCONE CON SESTO GIULIO FRONTINO



"A Sosia Falconilla

figlia di Quinto Pompeo Sosio Prisco, Console,

nipote di Quinto Pompeo Falco, Console,

pronipote di Quinto Sosio Senecio, due volte Console,

pro-pro-pronipote di Sesto Giulio Frontino, tre volte console."





EPIGRAFE TOMBALE DI UN LIBERTO DI POMPEO FALCONE

"Agli spiriti dei defunti e a Quinto Pompeo Eutico, liberto di Quinto Pompeo Falco."

(CIL III 7433)




GLI INDOMABILI NEMICI DELL'IMPERO





Figura 3 - Suddivisione geopolitica delle tribù celtobritanniche alla metà del II secolo dell'Era Cristiana. Immagine tratta da Wikipedia.






I BRIGANTI

I Briganti, tribù celtica stanziata tra la Britannia settentrionale e la Caledonia meridionale, abitava le lande comprese tra gli attuali fiumi Tyne e Humber, essendo però loro testimonianze anche nell'Hibernia, la moderna Irlanda, prestando fede alle parole del famoso geografo greco Claudio Tolomeo (Pelusio, 100 d.C. circa - Alessandria d'Egitto, 175 d.C. circa), nel suo "Geografia" (Figura 3). Le loro origini sono ignote ma potrebbero esser giunti nell'isola britannica a seguito dei turbolenti secoli della seconda età del Ferro (X-VII secolo antecedenti l'era cristiana), mostrando infatti nella paleoetnonimia una similarità spiccata con i gruppi etnici dei Briganti alpini stanziati in propinquità della catena montuosa delle Alpi, come i toponimi Bregenz e Brigantium dimostrerebbero. Il loro endoetnonimo (nome della tribù dato da loro stessi per se stessi) potrebbe derivare le sue origini dalla grande Dea Celtica Brigit/Brigida/Briganzia6, il cui nome significava "L'Altissima" e connesso con altri toponimi aventi la radice "Briga", significante "collina, altura", così come per molti altri popoli di origine celtica, ottenendo che "Briganti" starebbe a significare "Gli abitanti d'altura" oppure "Gli Elevati, I Supremi", con la seconda interpretazione che si lascia preferire per ragioni legate al ruolo di oppositori e ribelli che ebbero verso la dominazione romana. I Briganti risiedevano nelle terre racchiuse nella Britannia settentrionale e avevano i loro centri di potere nella città di Caractonium-Catterick, Iserur-Isurium Brigantium-Aldborough, Olicana-Ilkley e Eborakon-Eburacum-York ed erano la più vasta e settentrionale tra le tribù abitanti la Britannia romana: a questo proposito, considerate le ragguardevoli proporzioni che queste genti raggiunsero, soprattutto se rapporto alle condizioni sociali e all'epoca in cui vissero, è ragionevole ritenere che fossero originariamente una macrocoalizione di piccoli nuclei tribali comprendenti i Gabrovicii, i Lopocarii, i Carvetii e i Parisii. I Carvetii, in particolar modo, sembrano aver ricoperto un ruolo centrale e di estrema importanza nella confederazione tribale dei Briganti. Il loro etnonimo deriva la radice da "Kar/K(w)aer/Karwus", significante "cervo". Le loro roccaforti erano principalmente costituite da poderi fortificati in altura difficilmente accessibili, delle colline solide e ben strutturate a livello difensivo, sparse su tutto il territorio da loro abitato e in punti altamente strategici. Confinavano a est con i Parisii, a sud con i Corietalvi e i Cornovii, a nord con Novantii, Selgovi e Wotadini. Durante la prima fase della conquista romana dell'isola, per mano del Generale e in seguito primo Governatore Aulio Plautio nell'anno 43 dell'era cristiana, dopo il deludente tentativo di conquista a opera di Gaio Giulio Cesare novant'anni prima, i Briganti attuarono una strenua resistenza contro gli invasori, decidendo di scendere a più miti consigli solo in seguito. Poco dopo, nell'anno 47 dell'era cristiana, il Governatore della Britannia Publio Ostorio Scapula dovette desistere dalla conquista del Galles settentrionale, roccaforte della tribù dei Deceangi, a causa dello scatenarsi delle prime turbolenze di carattere rivoltoso messe in atto dai Briganti: durante questa prima ribellione, alcuni furono catturati e giustiziati, dove altri si arresero ottenendo il perdono romano. Come ci narra Publio Cornelio Tacito nei suoi "Annales" e "Historiae", solo quattro anni più tardi, nel 51, il ribelle sovrano dei Catuvellauni (il cui etnonimo sarebbe traducibile con "Divinità in Battaglia") Caratacus, massimo esponente e comandante della fazione ostile ai romani nell'isola britannica, venne sconfitto dagli eserciti imperiali e cercò alleanza con la regina dei Briganti, l'astuta e potente Cartimandua la quale, assieme a suo marito Venuzio dei Carvetii, si mostrò fedele a Roma ingannando e catturando Caractus, inviandolo prigioniero in catene nell'Urbe, quale simbolo di lealtà verso l'Imperatore Claudio. A seguito di quasi un ventennio caratterizzato da momenti di pace alternati a violenti scontri, Quinto Petillio Cerieale venne nominato Governatore della provincia britannica per volere dell'Imperatore Tito Flavio Vespasiano (69-79 d.C.), il quale gli affidò nel 71 il compito di reprimere e frantumare definitivamente i focolai di sommossa alimentanti dall'insofferenza dei Briganti alla dominazione romana, nonostante dieci anni prima, durante il Governatorato di Gaio Svetonio Paolino (58-62 d.C.), Ceriale venne ritenuto responsabile della disastrosa battaglia contro Boudicca, la rivoltosa regina degli Icenii , che causò perdite a 1/3 circa dei legionari della LEGIO VIIII HISPANA, nella quale ricopriva all'epoca il ruolo di Legatus. Tale compito affidatogli dall'Imperatore non dovette essere portato pienamente a compimento poiché Gneo Giulio Agricola, Governatore dal 78 all'84 e uno degli uomini chiave per la definitiva conquista della Britannia, appariva all'epoca ancora impegnato in cruente operazioni militari nel territorio dei fieri e indomabili Briganti. L'indole bellicosa e maldisposta al dominio romano di quest'ultimi, così come le innumerevoli ribellioni delle quali si resero protagonisti in poco meno di 80 anni, fu quasi certamente la ragione per la quale l'Imperatore Publio Elio Adriano, nel 122, ordinò l'edificazione del poderoso Vallo, il possente bastione difensivo costituita da possenti linee murarie contigue intervallate da 14 forti ausiliari, il quale serpeggiava attraverso tutto il limes settentrionale britannico, correndo da Wallsend, sul fiume Tyne, fino alla costa sull'estuario del Solway Firth, per un totale di 117 km pari a 80 miglia romane. Un'altra ragione plausibile è che il Vallo, oltre a difendere solidamente il confine e a fungere da presidio armato, avesse al contempo la funzione d'impedire contatti tra i Briganti e le tribù scozzesi quali i Pitti stanziate oltre la linea di confine, nella Caledonia settentrionale. L'Imperatore Antonino Pio (138–161 d.C.) si rese protagonista dell'erezione dell'omonimo Vallo (posto a 160 km, pari a 108 miglia romane, più a nord rispetto a quello adrianeo) che aveva spostato ulteriormente a settentrione il limes romano a seguito delle vittorie ottenute dal Governatore, di origine africana, Quinto Lollio Urbico (139-145), conquistatore delle Lowlands scozzesi, dopo che i Briganti avevano ingiustamente mosso guerra contro le confinanti popolazioni, fedeli alleate di Roma. I loro insediamenti principali, oltre le sopramenzionate Caturactonium-Catterick, Iserur-Isurium Brigantium-Aldborough, Olicana-Ilkley e Eborakon-Eburacum-York, furono Vinomium-Binchester, Rigodunum-Castelshaw, Cambodunum-Slack, Epiacum-Whitley Castle, Calatum-Burrow, Calcaria-Tadcaster e Bremetenacum-Ribchester. I loro villaggi, similarmente a quelli dei Selgovi e delle altre tribù, sorgevano spesso in propinquità di boschi, vallate e fiumi, costituiti da piccoli agglomerati di case dalla forma circolare o rettangolare, con tetto conico o spiovente, costruite con l'ottimo e abbondante legname proveniente dalle foreste limitrofe, da mattoni di fango e paglia, al cui interno ardeva un focolare dalla forma circolare. La sussistenza avveniva tramite la caccia, la pesca, l'allevamento, prodotti caseari ovini e i cereali ottenuti dall'agricoltura che si praticava con metodi assai moderni per l'epoca. I vestiti, colorati con tinte sgargianti e accese tramite l'utilizzo di pigmenti naturali, erano ottenuti dalla lana dei capi di bestiame s'indossavano pellicce ricavate dagli animali cacciati Le roccaforti di cui sopra, invece, erano asserragliate sulla sommità di colline rocciose o rilievi di moderata altitudine, protette da fossati e terrapieni fortificati, palizzate, portali e torrette di avvistamento in legno. Gli architravi dei portali, così come i pilastri laterali di scarico, erano soventi decorati con le teste mummificate dei nemici vinti in battaglia, alla scopo di atterrire eventuali assalitori. Le roccaforti erano utilizzate soprattutto in periodi di guerra e fungevano da ultimo baluardo difensivo per la popolazione e i suoi regnanti, potendo accogliere al proprio interno fino a 3000 o più persone, ed erano dotate di magazzini, rifornimento di acqua potabile, case, armerie e palazzi signorili per i nobili della tribù, nonché di efficienti sistemi difensivi.




I SELGOVI

Dei Selgovi sappiamo davvero poco, soprattutto a causa degli scarsi contatti che ebbero con i romani e con le altre tribù celtiche a loro vicine. Le loro origini risalgono all'età del Ferro celtica in Britannia e occuparono, sostanzialmente, tutto il territorio compreso tra le Cheviot Hills e il Dumfries nell'attuale Scozia meridionale. Erano stanziati nella Caledonia meridionale, territorialmente confinanti con i Wotadini a est, a sud con la confederazione tribale dei Briganti, specialmente con i Carvetii, a ovest con i Novantii e a nord con i Damnonii. Potrebbero aver avuto legami di sangue con alcune delle tribù che formarono la confederazione dei Briganti, in special modo con i Carvetii nell'attuale regione di Carslile, e occuparono per lo più le moderne Upland meridionali della Scozia. L'origine del loro etnonimo deriva da Selg-ā-(je/o-), equivalente al verbo "cacciare", da cui si ottiene Selgo-wiro- che si tradurrebbe con "I Cacciatori", il che ci consente di intuire piuttosto facilmente quale fosse il loro stile di vita, le loro abitudini e la tipologia di territorio nel quale si mossero e vissero. La loro roccaforte principale dovrebbe esser sorta nel nord delle Heidon Hills (Figura 4), nei pressi dell'attuale paese di Melrose e potrebbe essere identificata con la Blatobulgium menzionata nell'Antonini Itinerarium (l'Itinerario di Antonino): era una collina fortificata, una roccaforte d'altura, della dimensione di 40 acri (pari a 16 ettari circa) popolata da circa 2500 persone. Sul medesimo sito i romani costruirono il loro Castrum denominato Trimontium nei pressi dell'attuale Newstead, al fine di controllare più agevolmente i nemici sfruttando l'ancestrale roccaforte dei nemici sconfitti. Il sito venne abbandonato nell'anno 79 dell'era cristiana, quando le truppe romane invadettero l'area sotto gli ordini del Governatore Giulio Agricola. Altre roccaforti d'altura dei Selgovi sono rintracciabili presso Caidemuir - Peebles, Abory Hill nei pressi di Abigton, Quothquan Law, Rubers Law e Dreva Craig. Molti forti romani costruiti al nord del Vallo di Adriano, furono innalzati in territorio selgovio.



AMBIENTE E CLIMA

La geografia dell'ambiente in cui vissero queste tribù, tra cui spicca il "Tyne Gap" (Figura 5), la Valle del fiume Tyne, fu caratterizzata da ampie pianure, piccoli altopiani rocciosi, morbide colline erbose, fiumi e torrenti, grandi foreste di conifere e valli boscose. Nella zona confinante con il mare del Nord, le lande si presentano piatte e basse, per crescere di altitudine via via che ci approssima al nord-ovest, con i monti del Cheviot Hills e di Whin Sill, sui quali fu edificato il Vallo di Adriano: il paesaggio è qui per lo più costituito di brulle brughiere. Il clima dell'area è molto freddo, con temperature medie inferiori ai 10°. Considerando quanto sopra, il tipo di tattica militare utilizzata dai Briganti e i Selgovi dev'essere stata quella prediletta dalle popolazioni celtiche, composta da rapide incursioni di fanteria, guerriglia su più fronti, veloci razzie e attacchi notturni, sfruttando abilmente la conformazione morfogeologica del terreno dove vivevano: trappole al riparo delle valli con contingenti di ben occultati arcieri (come abbiamo avuto modo di analizzare, "Selgovi" equivale a "I Cacciatori"), agguati nell'ombra delle foreste dove lo schieramento compatto della legione e il pesante equipaggiamento dei soldati imperiali rappresentavano un forte svantaggio, poiché era assai difficile attuari i coordinati movimenti tipici della legione e le panoplie, di peso e dimensioni considerevoli, impedivano spostamenti e reazioni veloci. I romani, da sempre, detestavano la guerriglia, ritenendola una forma di combattimento disdicevole e adatta a codardi e, ancor di più, temevano sin da tempi immemori le foreste, a loro dire popolate e abitate dagli spiriti del Mondo Antico e dimora ancestrale di Divinità barbare e terrificanti. Briganti e Selgovi, essendo le loro ribellioni caratterizzate da una spiccata attitudine alla rivolta, devono aver combattuto utilizzando le tattiche di cui sopra, provocando la reazione romana attraverso razzie e incursioni tanto rapide quando brutali, istigando le milizie romane a spingersi in territori a loro poco congeniali tali da poter sfruttare il terreno a proprio vantaggio.



Figura 4 - Le Eidon Hills, sede della roccaforte Selgovia, divenute poi sede del Castrum romano denominato Trimontium - PH Credit to Edinburgh Film Focus.



Figura 5 - Il Tyne Gap, la Valle del fiume Tyne, territorio dei Briganti.



EQUIPAGGIAMENTO MILITARE, USI E COSTUMI CIVILI

La maggior parte delle loro forze armate, così come per le altre tribù celtiche, dev'essere stata composta da fanteria armata con lancia (Figura 6), archi e frecce (Figura 7) spada lunga avente la guardia in forma di "semicerchio" e decorazioni "ad antenne" o spiraliformi, corti pugnali, scudo ligneo rivestito in cuoio a ogiva, o esagonale, con umbone metallico centrale a spina con lavorazione ad ascia decorato con motivi zoomorfi o arborei dallo stile astratto e riccamente colorato, cotte di maglia in ferro ad anelli (in alcuni casi, spesso combattevano a torso nudo esibendo tatuaggi dal significato mistico) ed elmi in ferro dalla forma lievemente conica decorati con piume, corna (Figura 8), ali, creste e motivi zoomorfi (rapaci, cinghiali); i nobili di rango più elevato, i Re e le Regine scendevano in battaglia utilizzando carri a due ruote, trainati da una coppia di cavalli, simbolo di prestigio e regalità, sullo stile dei guerrieri Achei dell'età del Bronzo mediterranea. Non disdegnavano combattere nudi, coperti di soli tatuaggi, poiché era segno di massimo coraggio e totale disprezzo per la morte, la quale se ottenuta valorosamente in battaglia era latrice di gloria eterna. Indossavano pantaloni di lana con motivo tartan dai colori variopinti, camicie, scarpe di cuoio con lacci incrociati e, in battaglia, erano soliti suonare le Carnyx, strumenti a fiato simili a trombe ricurve verso l'alto, terminanti con una testa zoomorfa solitamente di cavallo, cinghiale o drago. Adornavano il proprio corpo con monili in oro, bronzo, rame e più raramente in argento tra cui spiccava il Torquis, monile girocollo dalla lavorazione a tortile superbamente decorato con motivi zoomorfi, mistici e arborei: il Torquis non era un semplice gioiello ma rappresentava in sé il mondo divino, le Divinità delle quali era un simbolo per eccellenza e caratterizzava lo status di uomo libero e nobile guerriero. Esserne privati in battaglia era considerato il massimo disonore per un guerriero, il quale avrebbe preferito perdere la vita piuttosto che il suo gioiello, poiché esso racchiudeva in la protezione divina, l'augurio di una morte onorevole e di un felice viatico per l'oltretomba, catalizzando e avvicinando l'uomo agli Dei e trasmettendo tale energia soprannaturale sul corpo di chi lo indossava: era, in definitiva, il simbolo del patto stabilito tra le popolazioni celtiche e i loro Dei, il simbolo di un'identità culturale antichissima e misteriosa. Solevano portare i capelli lunghi, sia uomini che donne, essendo simbolo di fierezza, nobiltà e libertà, acconciandoli con trecce e monili; gli uomini radevano accuratamente i loro volti e l'incorniciavano con grandi e folti baffi spioventi. I corpi erano sovente decorati con tatuaggi, ottenute tramite lieve incisione dell'epidermide grazie a utensili (solitamente aghi) in osso; i motivi scelti erano il sacro Triskel, spirali, motivi zoomorfici, geometrici e arborei astratti. I pigmenti maggiormente usati erano il cinabro per il rosso, il cromossido per il verde e il cobalto per ottenere il blu.





Figura 6 - Punta di lancia celtica in ferro, risalente al II–III secolo a.C., da collezione privata tedesca.


Figura 7 - Archi e frecce ritrovati a Nydam Mose, presso Øster Sottrup, Sundeved, Danimarca.


Figura 8 - Elmo celtico in bronzo trovato nel Tamigi, il cosiddetto “Elmo di Waterloo”, munito di corna, risalente al 150-50 a.C. circa, attualmente custodito presso la sala 50 del British Museum di Londra, UK.




Figura 9 - Sesterzio di Adriano commemorante la visita dell'Imperatore in Britannia nel 122, con il saluto alle truppe elevanti i Signa Legionum.



LA BATTAGLIA

Non possediamo notizie precise su quella che fu la battaglia tra la confederazione tribale dei Briganti e i loro alleati Selgovi uniti contro le forze romane stanziate sull'isola, sappiamo che Quinto Pompeo Falcone frantumò con successo la ribellione delle forze nemiche in un momento imprecisato del 118 d.C., forse nei primi mesi dell'anno. Dobbiamo immaginare una serie di incursioni e saccheggi da parte dei Celti via via più frequenti e violenti, focolai di sommossa che si scatenarono su più fronti e su di una vasta porzione di territorio (rammentiamo che i Briganti erano una confederazione tribale e, pertanto, il territorio da loro occupato, in aggiunta a quello sotto il controllo dei Selgovi, era piuttosto ampio). E' altamente plausibile che Briganti e Selgovi, consci della loro netta inferiorità bellica in campo aperto rispetto alle legioni romane, abbiano ideato una serie di diversivi e depistaggi volti ad attirare le milizie imperiali in terreni congeniali al tipo di forze in loro possesso: fanteria leggera e arcieri, agili e rapidi, raggruppati in piccoli contingenti dispiegati su più fronti, altamente specializzati nella tattiche di guerriglia volte a indebolire il nemico con continue azioni di disturbo e fiaccarne il morale, con dispersione di risorse e uomini. Ipotizziamo dunque brevi scontri di blanda intensità, piccoli contingenti di esploratori, arcieri occultati tra boschi di conifere e valli ombrose, distaccamenti di guerrieri disposti su sentieri tortuosi fiancheggiati da alberi e arbusti, comunicazioni in codice utilizzando versi di animali quali uccelli e mammiferi boschivi, con le legioni romane impegnate a sedare e tenere sotto controllo quelli che, ai loro occhi, dovettero apparire come una moltitudine di insetti pronti a pungere e fuggir via diradandosi tra nebbie, terrificanti e impenetrabili selve e brulle valli ghiacciate. E' altresì probabile la presenza dei Druidi7, i capi religiosi della comunità, autentici sacerdoti che fungevano da rappresentanti degli Dei in terra. I romani, dunque, difficilmente poterono affrontare in campo aperto i propri nemici, essendo costretti a combattere in terreni e in condizioni a loro poco favorevoli, spingendosi in lande a loro ostili e sconosciute e dovendo affrontare un'estenuante e snervante guerriglia, la quale però vide il successo del Governatore Quinto Pompeo Falcone, il quale sconfisse con successo gli indomabili nemici dell'estremo nord dell'Impero, seppur pagando un prezzo abbastanza elevato in termini di soldati: le perdite, stando alle azioni del Primipilaris Titus Pontius Sabinus, ammontarono a circa 3000 unità o più, quasi equivalenti alla dimensione di un'intera legione (4000-6000 unità).




FONTI BIBLIOGRAFICHE:

- Peter Kessler, with additional information by Edward Dawson, from Atlas of British History, G S P Freeman - Grenville (Rex Collins, London, 1979), from The Oxford History of England: Roman Britain; Peter Salway, from The La Tene Celtic Belgae Tribes in England: Y - Chromosome Haplogroup R-U152-Hypothesis C, David K Faux, from Europe Before History, Kristian Kristiansen, from Castle Hill, Almondbury; A Brief Guide to the Excavations 1939-1972, William Jones Varley (Tolson Memorial Museum, 1973), from History of the Kings of Britain, Geoffrey of Monmouth, from Atlas of British History, G S P Freeman-Grenville (Rex Collins, London, 1979), from Roman and Anglian Settlement Patterns in Yorkshire, M L Faull (1974);

- Corpus Inscriptionum Latinarum, Vol III, 07000-07999;

- Plinio il Giovane, “Epistularum Libri Decem”;

- Anthony R. Birley, “The Origin and Career of Q. Pompeius Falco”, Arheoloski Vestnik, 28, 1977, pagg. 361-367;

- Anthony R. Birley, “The roman government in Britain”, Oxford University Press, 2005, pagg. 114-119;

- Roman Inscriptions of Britain, Traiano n°665 e Adriano n°1051;

- Gaio Giulio Cesare, De Bello Gallico; II-4, II-14, III-9, IV 20-35, V 1, 8-23;

- Cassio Dione, Storia Romana, XXXIX, 50-53;

- Claudio Tolomeo, Geographike Hyphegesis, II 1-2;

- Publio Cornelio Tacito:

"Annales”, XII 32 ,36-40;

"Historiae”, III-45;

"De vita e moribus Iuli Agricolae”, 17,20, 31;

- Elio Sparziano, “Historia Augusta”, X-XII

- Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, pag. 444;



NOTE:

1 Importante strada romana del nord, nella Caledonia meridionale, il cui tracciato si snodava dietro il Vallo di Adriano, la quale collegava i forti di Luguvallium a ovest e Corsopitum a est. Contrariamente alla quasi totalità delle strade romane, livellate e diritte, lo Stanegate aveva un percorso tortuoso e transitava per colline e valli, essendo il suo tracciato modulato per seguire quello dei fiumi Tyne e Irthing.

2 L'Honesta Missio, ovverosia il congedo militare, era solitamente concesso dopo aver servito con onore l'esercito romano per circa 20-25 anni e/o attestava la concessione di cittadinanza romana da parte dell'Imperatore, nel caso il titolare fosse un Ausiliario; consisteva in un documento ufficiale scritto su di una tavoletta di bronzo, una copia dell'originale (constitutio) in possesso dell'Imperatore. La Constitutio era registrata su di una grande tavola bronzea affissa su di un muro, dietro il Tempio di Augusto, affacciantesi verso il tempio di Minerva, e depositata nell'archivio militare di Roma.

3 De Bello Parthico II, 220;

4 Il Primipilaris (Primus Pilus) indicava, nella Roma antica e Repubblicana, chi rivestiva o aveva rivestito la carica di Centurione Primipilo, ovverosia di primo Centurione della Legione dunque superiore a tutti gli altri. Secondo il significato moderno, era l'unico che poteva essere accostato al termine di "ufficiale", comandando la prima centuria della prima coorte e fungendo dunque da responsabile della "guardia speciale". Una volta in congedo per Honesta Missio, poteva aspirare alla Pretura. Nell'età Imperiale, invece, il termine andò a caratterizzare chi si occupava materialmente della sussistenza del corpo militare.

5 

 [I]mp(erator) Caesar
[divi N]ervae fil(ius) Ne[rva]
[Trai]anus Aug(ustus) Ger[m(anicus) Dac-
icus po]ntifex maximu[s tribun-
iciae po]testatisXIIimp(erator)V[Ico(n)s(ul)Vp(ater) p(atriae)]
[portam] per leg(ionem) VIIII Hi[sp(anam) fecit]

"L'Imperatore Nerva Traiano Augusto, figlio del Divino Nerva, Conquistatore della Germania, Conquistatore della Dacia, Pontefice Massimo, nel suo dodicesimo anno di potestà tribunizia, sei volte acclamato Imperatore, cinque volte Console, Padre della sua Patria, edificò questo portale avvalendosi dell'opera della LEGIO IX HISPANA."

6Per ulteriori approfondimenti, è possibile consultare "ORIGINES", pgg 3-40 ; ArcheoTibur-QuickEbook Edizioni, Tivoli 2020

7 I Druidi rappresentavano il Sacro, il Divino, l'Ultraterreno incarnato nella grande civiltà celtica. Il loro nome sembra derivare da Deru-Wid, equivalente a "Coloro che sanno per mezzo delle quercia", l'albero massimante sacro ne mondo celtico. Erano uno dei pochissimi punti di legame tra le innumerevoli tribù che popolarono il mondo celtico, le quali ignoravano il concetto di identità sociale e si percepivano come microgruppi completamente indipendenti gli uni dagli altri. Nonostante ciò la figura dei Druidi, i sacerdoti degli Dei, garantivano stabilità e rispetto delle leggi sociali e il loro potere era assoluto: i Re non potevano sedersi nelle assemblee se non dopo il Druido, avevano facoltà d'interrompere qualunque battaglia ponendosi nel mezzo degli schieramenti, detenevano il giudizio finale in ogni faccenda o materia, divina o terrena, e potevano interdire dai sacrifici, quindi dalla vita pubblica, coloro i quali gli avessero disubbidito, rendendo dunque la vittima della loro scomunica un vero e proprio reietto. Celebravano i matrimoni, i divorzi, i sacrifici, erano oracoli, guaritori, giudici civili e penali, astronomi, saggi e sapienti custodi delle memorie dei popoli, matematici, fisici e teologi, esperti e versati nelle arti naturali quali le virtù sanatorie di erbe e fiori. L'apprendistato al sacerdozio, una vera e propria confraternita caratterizzata da una rigida struttura gerarchica, iniziava da bambini e durava molti anni durante i quali si dovevano imparare a memoria quantitativi enormi di nozioni, poiché i Druidi non confidavano nella scrittura, ritenendola un danno per le capacità mnemoniche e intellettive. Tradizionalmente, si ritiene che indossassero candidi paramenti e recassero al fianco un falcetto dalla lama d'oro con il quale raccoglievano il sacro vischio che cresceva sulle divine querce; la lama, parimenti, era utilizzata anche nell'officiazione di riti e sacrifici. Anche le donne potevano accedere alla classe sacerdotale dei Druidi, non esistendo nessun tipo di discriminazione legata al sesso, così come accadeva nella scelta di un Re o una Regina: famose furono, tra i Celtobritanni, sovrane quali Cartimandua dei Briganti e Boudicca degli Iceni.