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L'Ordine Dorico di Villa Adriana, Variante dell'Imperatore

a cura di Christian Doddi.

Introduzione all'Ordine Dorico

E’ importante iniziare con un ripasso generale di Storia dell’Architettura per comprendere i lineamenti generali che caratterizzano l’ordine dorico. Bisogna innanzitutto distinguere gli ordini architettonici, ovvero l’insieme delle geometrie, dei rapporti e delle lavorazioni che compongono un’opera architettonica sotto un determinato stile riconoscibile. A scuola ci viene insegnato che gli ordini sono rispettivamente: DoricoIonicoCorinzioTuscanico e Composito. Considerando l’esistenza di varie correnti di pensiero, nessuna delle quali è formalmente errata, è opportuno sottolineare che la stesura del seguente articolo va in contrasto con la sopracitata distinzione degli ordini. Si considerino come ordini architettonici assoluti, il Dorico e lo Ionico, e i restanti tre come rielaborazioni o trasformazioni dei principali: il Tuscanico va visto come una mutazione del Dorico, il Corinzio e il Composito come rielaborazioni dello Ionico. E’ importante ribadire che tale distinzione non è considerabile né errata né giusta, dato che ogni corrente di pensiero sulla catalogazione degli ordini può essere ritenuta formalmente giusta. Ma come distinguere un ordine rispetto a un altro? La risposta più ovvia e istintiva è “tramite il capitello di una colonna”.

La risposta, assolutamente lecita e non errata, però non è esaustiva perché a volte ci si deve confrontare con circostanze particolari dove non è possibile avere “il capitello” a portata di mano. Un esempio tipico del nostro territorio è il Tempio del Santuario di Ercole Vincitore, di cui sopravvive parte del podio e qualche frammento architettonico. Ma quindi come poter catalogare un edificio in assenza del “capitello”? Ogni ordine è caratterizzato da macro e microelementi: con macroelementi si identificano i rapporti geometrici, la copertura, la trabeazione, l’alzato e il podio e/o il crepidoma; con microelementi invece si intende ogni parte di dettaglio che insieme compongono i macroelementi. Per comprendere meglio, un macroelemento è la Colonna, i microelementi che costituiscono la colonna sono il Capitello, le scanalature, l’eventuale base e l’eventuale plinto. Il capitello e la base, a loro volta possono essere composti da altri microelementi di dettaglio e/o decorazione. Compresa questa distinzione si può quindi rispondere alla domanda, ovvero per riuscire a catalogare un’architettura vanno analizzati i macro e i microelementi a disposizione. Isoliamo ora l’ordine Dorico e analizziamo, in via molto semplice e riassuntiva, ciò che lo caratterizza e che dà agli studiosi la possibilità di affermare l’appartenenza di una determinata opera o di un determinato frammento a tale ordine. Partendo dai rapporti geometrici, ci troviamo difronte a lineamenti massicci, pesanti e tozzi. Ciò che viene preso per il calcolo dei rapporti è il diametro di base della colonna, l’intero edificio risponde a tale parametro. Essendo il Dorico un ordine molto tozzo e pesante, viene da sé che i rapporti sono decisamente bassi, per esempio si parla di rapporto diametro di base / altezza su colonne arcaiche di circa 4 volte nel Tempio di Apollo a Siracusa del VI sec a.C. fino a un rapporto più snello su colonne classiche di circa 7 volte nel Tempio di Athena Polias a Pergamo del 250 a.C. Va notato subito che tale rapporto D/A si è snellito nel corso dei secoli.

Il rapporto si estende però anche su trabeazione, pianta e copertura. Sorvoliamo sulla caratterizzazione delle coperture doriche e dei vari podi e/o crepidomi, e focalizziamoci su trabeazione e colonna. La trabeazione dorica è generalmente composta da Metope e TriglifiMutuliGuttae e Architrave. La presenza dei Triglifi e dei Mutuli può essere paragonata all’importanza del capitello nella catalogazione di un edificio antico. E’ importantissimo ricordare la trabeazione dorica per poi comprendere il Dorico nella Villa Adriana. La colonna è composta da Capitello, formato a sua volta da AbacoEchinoAnuli e Collarino; fusto scanalato senza listelli e caratterizzato da una forte rastremazione ed entasis poggiante direttamente su stilobate. Anche in questo caso è importantissimo tenere conto del tipo di scalanature del fusto e l’assenza di base e plinto nella colonna dorica, sempre per poter capire a fondo l’architettura dorica nella Villa tiburtina. Per riassumere l’ordine Dorico e quindi comprenderlo al meglio, ci è d’aiuto l’Architetto-Archeologo Wilhelm Dörpfeld (1853-1940), famoso per i suoi lavori ad Olimpia, a Troia Tiro insieme al celebre Heinrich Schielmann (1822-1890), a Pergamo e ad Atene, che rivoluzionò nel 1892 la concezione di tale ordine con la sua magistrale pubblicazione dove descrisse il Tempio di Zeus a Olimpia (470-456 a.C.) come la canonizzazione dell’ordine Dorico. Difatti tale tempio racchiude al meglio gli aspetti formali dell’ordine e, dettato dai caratteri tipici dell’età (architettonica) classica, si presenta con un rapporto abbastanza elegante ma non troppo slanciato. Interessante è notare che all’interno del Tempio vi era custodita la colossale statua crisoelefantina di Zeus Olimpio, realizzata dal famoso scultore Fidia (480-430 a.C.), una delle sette meraviglie del mondo antico.



Ordine Dorico del Tempio di Zeus
 a Olimpia (468-460 a.C.).


Il Dorico  Villa Adriana, Edifici&Aspetti


Studio dell'ordine dorico, riportante le varie tipologie di elementi architettonici e le differenti
 altezze di alcune colonne doriche appartenenti a celebri strutture elleniche e romane.


Il Dorico durante il periodo romano perde d’interesse architettonico e viene utilizzato poche volte e sporadicamente. Lo si riscontra spesso in ambito funerario e civile, e difficilmente (come nel caso del Tempio di Ercole Cori (89-80 a.C.) in ambito religioso. Tra le strade di Tivoli è possibile notare vari frammenti di fregi (metope, triglifi e guttae), alcuni capitelli e parti di fusti dorici. Eccezionalmente questi reperti non sono riconducibili al Dorico della Villa Adriana, che come il genere architettonico adrianeo ci insegna, è un ordine isolato e a sé stante. Ed è proprio con l’avvento del regno di Adriano (117 – 138 d.C.) che il Dorico ricompare con un certo interesse, e proprio all’interno della dimora dell’Imperatore ne troviamo vari esempi. Nonostante i diversi edifici, tre in particolare possono essere ben descritti, mentre altri hanno troppa poca documentazione (per esempio il c.d. Mausoleo) seppur presente. I tre edifici più iconici del Dorico Adrianeo sono: la Roccabruna, la Sala a Pilastri Dorici e il c.d. Tempio di Afrodite Cnidia. La Sala a Pilastri Dorici è uno spazio ben studiato per riproporre, forse, una zona basilicale ispirata ai peristili e ai triclini delle case pompeiane. La sala si presenta come una geometria quadrangolare bordata da portici voltati poggianti su pilastri “dorici”, che danno il nome a tale spazio.

E’ una struttura particolare che ripropone una corrente architettonica tipica del periodo ellenistico italico e che con Adriano si evolve in un ordine eclettico ed unico. Iniziando a descrivere la parte strutturale, quello che a prima vista sembra essere un modello statico trilitico (architrave poggiante su piedritti, che in questo caso sono i pilastri “dorici”), nasconde in realtà un sistema spingente. Al di sotto del rivestimento marmoreo del falso architrave, si trovano diverse piattabande che per mutuo contrasto di forze e spinte, mantengono in equilibrio la struttura. Dal punto di vista architettonico invece, la trabeazione ci mostra le sue unicità. Considerando, come suggerito dal Dörpfeld, il Tempio di Zeus a Olimpia presenta una trabeazione del seguente tipo: mutuli al di sotto del gocciolatoiotriglifi rettangolarimetope quadrateregulae con 6 guttae e architrave. Ovviamente ogni edificio Dorico aveva le sue eccezioni e le sue regole, (come per esempio nel Tempio di Aphaia ad Aegina datato al 570 a.C., dove vi erano cinque guttae) che però rispettavano comunque una certa canonizzazione dell’ordine. Nella Sala a Pilastri Dorici la trabeazione è così composta: assenza di mutulimetope rettangolari e triglifi quadrati a due glifi, assenza di regulae, cinque guttaearchitrave a tre fasce. Quest’ultima è tipica dell’architettura Ionico-Corinzia e assente negli edifici di ordine Dorico. L’influenza dell’ordine Ionico la ritroviamo nei c.d. Pilastri Dorici, che in realtà appaiono più come elementi ionici.

I pilastri sono costituiti dal tipo capitello dorico (che insieme alle metope e ai triglifi hanno condotto gli studiosi ad etichettare la struttura come dorica), fusti rastremati verso il basso, con scanalature separate da listelli, apofige superiore e inferiore e base a toro semplice poggiante su plinto. In assenza del capitello probabilmente tali pilastri sarebbero stati catalogati come ionici, considerando che nel Dorico non vi sono elementi come base e plintoapofige superiore e inferiore e scanalature separate da listelli. Tale rappresentazione dell’ordine che in Grecia non sarebbe mai stata accettata, nella Villa Adriana entra in totale armonia con il resto della dimora imperiale, che con l’effimero eclettismo adrianeo ci ha regalato un’interpretazione unica e soggettiva dell’architettura antica.


Ruderi della cosiddetta “Sala a Pilastri Dorici”, Villa Adriana, Tivoli.

Altro edificio di particolare interesse e di splendida visione del Dorico Adrianeo è la Roccabruna. Si compone di un grande portico e di un grosso basamento a dado su cui sorgeva una psueudo-tholos dalla cella ottagonale non equilatera e da un giro di sedici colonne doriche.  L’ordine del portico e della tholos sono tra loro omogenei e presentano caratteristiche simili. Il tempietto tondo del secondo livello probabilmente non fu mai completato, come testimoniano le protomi leonine del gocciolatoio che non presentano il canaletto di scolo delle acque piovane. Studiando però l’architettura adrianea non è neanche da escludere, seppur poco convincente, che tali protomi potessero essere di sola decorazione. La trabeazione si presentava con assenza di mutuli, metope rettangolari, triglifi rettangolari fortemente prismatici, regulae con sei guttae e architrave liscio. L’elegante capitello composto da un echino alto una volta e mezzo il proprio abaco, da anuli e collarino, è al di sopra del fusto scanalato e poggiante direttamente su podio. Molto più regolare come tipologia di Dorico rispetto alla Sala a Pilastri Dorici, sono presenti comunque elementi unici di tale ordine. I triglifi, spiccatamente prismatici e composti da due glifi, sono fuori asse rispetto alla colonna e cercano di emulare in chiave più moderna l’antico. Questa interessante opera architettonica, era il luogo di maggior spunto panoramico e difatti diverse attribuzioni gli vennero date, come per esempio un osservatorio astronomico.

Pianta e prospetto della Tholos di Roccabruna, Villa Adriana, Tivoli.


Similare come tipologia il c.d. Tempio di Afrodite Cnidia è una splendida tholos dorica elegante e che più degli altri due edifici, rispettante la maggior parte dei canoni dell’ordine. Difatti se si escludono i plinti e i triglifi a due glifi, il tempio risponde a quasi tutte le regole del Dorico. La trabeazione presenta i mutuli, i triglifi rettangolari sono in asse con le colonne, vi sono regulae a sei guttae e le scanalature del fusto delle colonne, non sono divise da listelli. Come nel caso della tholos della Roccabruna, è composto da sedici colonne e ad emulare il più possibile il tempio greco, non poggia su alto podio (come nei Templi romani) ma su un crepidoma costituito da quattro gradoni.



Cosiddetto “Tempio di Aphrodite Cnidia”, Villa Adriana, Tivoli.

In conclusione, se si vuole vedere l’ordine architettonico come un insieme di regole e canoni da rispettare inderogabilmente, di sicuro il Dorico Adrianeo va oltre gli schemi e si ribella ai limiti dettati dall’architettura. Non esistendo effettivamente delle regole scritte, ma piuttosto intellettuali, non è strano che l’Imperatore abbia utilizzato la sua dimora come una sorta di luogo di sperimentazione architettonica. Inoltre va anche considerato che gli ordini architettonici, Dorico e Ionico, sono fortemente canonizzati nell’ambito greco e non in quello romano, dove tali regole vengono sì rispettate, ma senza troppe limitazioni e troppo rigore. Per esempio quello che è denominato come Corinzio, in Grecia è effettivamente l’evoluzione dello Ionico, a Roma invece può essere visto come un ordine vero e proprio che, nonostante presenti diversi caratteri ionici, si evolve e inizia a descrivere propri canoni e regole architettoniche. Quindi, se mettiamo insieme l’incredibile eclettismo e gusto fortemente ellenico dell’Imperatore Adriano e la grande libertà dai canoni degli ordini nell’architettura romana, possiamo comprendere facilmente come il Dorico nella villa tiburtina prenda tali aspetti particolari. Il gusto ribelle di Adriano si estremizza da un lato, dove compone la Sala a Pilastri Dorici come un insieme tra gli elementi Ionici e Dorici e da un altro lato, dove si ribella alla forte libertà architettonica romana ricreando un Tempio quasi del tutto grecizzante, come quello di Afrodite Cnidia. Tali aspetti sono quelli che rendono così immensa questa Villa e che continuano a stupire studiosi da ormai centinaia di anni.

Fonti bibliografiche:

- L’architettura del mondo antico, Bozzoni Franchetti Pardo Ortolani Viscogliosi, Laterza 2006
- Guida agli ordini architettonici antichi: Il Dorico, Giorgio Rocco, Liguori 1994

- Guida agli ordini architettonici antichi: Lo Ionico,
 Giorgio Rocco, Liguori 2003

- L’architettura del mondo romano, 
Morachiello Fontana, Laterza 2009

- Tibur pars prima, 
Cairoli F. Giuliani, 1970

- Tibur pars Altera, 
Cairoli F. Giuliani, 1966

- La città Romana, Paul Zanker, Editori Laterza 2013

- La città Greca, Paolo Morachiello, Editori Laterza 2003

- Etruscan and Early Roman Architecture, Axel Boethius, The Publican History of Art 1978

- “Viaggio a Tivoli”, Franco Sciarretta, Tiburis Artistica, 2001

- I Templi Greci, Helmut Berve Göttfried Gruben, Sansoni, 1962

Wilhelm Dörpfeld, 1892